A sette anni dai 300 arresti sull'asse Calabria-Lombardia, una nuova indagine con più di cento fermi documenta lo strapotere dei clan della zona jonica della provincia di Reggio Calabria. Ventitrè famiglie criminali da cui dipendono le cosche stanziate al Nord e quelle all'estero. E un controllo capillare del territorio, dell’economia e della politica

Voti, appalti, frodi comunitarie, riciclaggio, affiliazioni, cocaina, estorsioni e controllo degli operai forestali. Centosedici arresti, 23 cosche in 90 chilometri di costa, che in passato ha avuto decine di comuni sciolti per mafia contemporaneamente. E una certezza, la 'ndrangheta si rigenera alla velocità della luce. Manette, carcere duro e confische hanno solo parzialmente neutralizzato alcune grandi famiglie, ma non l'organizzazione che continua a dettare legge in Calabria e fuori regione.

Lo dimostrano i risultati dell'operazione in corso dalle prime luci dell'alba, nome in codice “Mandamento Jonico”, coordinata dalla procura antimafia di Reggio Calabria guidata da Federico Cafiero De Raho e condotta dal Ros dei carabinieri diretto da Giuseppe Governale.
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A sette anni esatti dalla storica operazione Crimine, quella dei 300 tra capi bastone, colletti bianchi e imprenditori finiti in manette sull'asse Calabria-Lombardia, le cosche della provincia di Reggio Calabria subiscono un altro duro colpo. Sono i clan del mandamento Jonico, appunto, localizzati tra il Reggino e la Locride, inclusa l'area dell'Aspromonte e Platì, dove gli investigatori hanno riscontrato peraltro gravi anomalie negli appalti di un importante opera pubblica. Non è l'unico appalto finito nel mirino degli inquirenti. Numerosi lavori, grandi e piccoli, sono stati condizionati dalle imprese mafiose. A farne le spese pure noti committenti pubblici. In alcuni casi è emersa una pressione estorsiva pari al 10 per cento del totale dell'opera o di imposizione di forniture.

Una tassa fissa da mettere in conto, ancora oggi. Le indagini hanno permesso di ricostruire l'attività di di 23 Locali (cosche ndr) di ‘ndrangheta, operanti nei tre Mandamenti in cui è criminalmente suddivisa la Provincia di Reggio Calabria che sono quelle di Reggio Calabria, Sinopoli, Roghudi, Condofuri, S. Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, Spropoli, S.Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Natile di Careri, Cirella di Platì, Locri, Portigliola, Saline, Montebello Jonico e S.Ilario. Famiglie che hanno un coordinamento nelle strutture di vertice dell’organizzazione.

Gli investigatori hanno scoperto, per esempio, l’esistenza di veri e propri "tribunali" competenti a giudicare gli affiliati accusati di aver violato le regole o di non aver rispettato le procedure da applicare per sanare faide all’interno delle cosche. Luoghi che a molti non dicono nulla, paesi sconosciuti, esotici e distanti. Eppure da qui provengono le famiglie che con il narcotraffico hanno conquistato l'Europa e l'America. Da qui si decidono quante le tonnellate di cocaina dovranno invadere le piazze italiane. Feudi in cui ancora oggi riti arcaici di affiliazione e tradizioni criminali si intrecciano a modernissimi sistemi di riciclaggio.

Non è un caso che gli inquirenti e gli investigatori puntualizzano ancora una volta che le “Locali” radicate in Piemonte e Lombardia dipendono saldamente da quelle calabresi ed in particolare da quelle del Mandamento Jonico. Lo stesso vale per per le ‘ndrine del Canada, dell’Australia, della Germania e del resto del mondo. Oggi come un tempo ciò che non sembra immutato è l'atteggiamento prono di certi sindaci e imprenditori. I primi in ginocchio per ottenere il sostengo del clan, i secondi sempre disponibili a pagare o diventare faccia pulita dei padrini.

Le indagini hanno permesso di ricostruire alcuni di questi rapporti e documentare il sostegno elettorale di alcune 'ndrine in diverse competizioni elettorali. Relazioni istituzionali spesso nate in circoli riservati, all'ombra della massoneria. Logge e fratelli massonici con un piede nella 'ndrangheta è un altro dato acquisito dagli inquirenti. I detective del Ros dei carabinieri, poi, sono riusciti a indivuduare una trentina di persone sospettate di essersi arricchiti distraendo ingenti risorse comunitarie, tra il 2009 e il 2013.

Sempre nello stesso periodo è stato documentato come falsi assunti presso un consorsio pubblico locale percepivano indennità di disoccupazione erogate dall’Inps provocando un danno erariale. In questo contesto è emersa la figura di un mammasantissima del comune di Platì che avrebbe avuto il controllo totale di fatto degli operai forestali della zona. Alcuni di loro avrebbero svolto persino lavori in casa del boss durante l'orario di lavoro. Padrini che possono tutto, segno evidente del potere di cui godono nelle loro roccaforti.