Editoriale

Risvegli: da Riace a Lodi nasce una nuova opposizione

Dalle piazze alle associazioni, arriva una rivolta spontanea. Idealista e pragmatica. Che i partiti non sanno interpretare

di Marco Damilano   19 ottobre 2018

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Aspettavamo da mesi che la catena umana cominciasse a prendere forma, abbiamo intuito che stava già avvenendo qualcosa nelle città, nei comuni, nelle associazioni, tra gli intellettuali che lavorano con le parole e con le immagini. È sempre stato così, nei momenti decisivi della storia italiana. Nel 1960, nell’estate che rovesciò il governo Tambroni e chiuse per qualche decennio con la tentazione della svolta autoritaria, e tra il 2001 e il 2003, quando i movimenti sulla legalità costituzionale (i girotondi), sulla pace (il popolo dell’arcobaleno), sul lavoro (la manifestazione della Cgil di Sergio Cofferati) furono la premessa per un risveglio del centrosinistra dopo il trionfo elettorale berlusconiano. Sempre, in questi momenti, è arrivata una risposta repressiva, oscura, rabbiosa. Alla fine degli anni Sessanta, la strategia della tensione e delle stragi.

Nel 2001, il movimento dei giovani ribattezzati no global, ferito a morte dagli orrori della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto a Genova, vittima di apparati con le loro complicità politicamente trasversali e una scala di omertà nella Polizia di Stato che saliva fino ai massimi vertici dell’epoca, simile a quella che viene svelata oggi nell’arma dei Carabinieri a proposito del pestaggio di Stefano Cucchi. Una intera generazione politica a Genova è stata spenta, con una brutalità inaudita. Oggi il potere di repressione e la leadership politica sono nelle stesse mani, quelle di Matteo Salvini, ministro dell’Interno e capo del partito virtualmente più votato d’Italia. Non è mai successo nella storia repubblicana, è una condizione che dovrebbe consigliare equilibrio e moderazione. Invece è diventata una posizione di dominio, da cui puntare sugli avversari politici con i mezzi del ministero, a partire dai social, si chiamino Roberto Saviano, i giornali indipendenti o il sindaco di Riace Mimmo Lucano, il cui modello di accoglienza - al di là dell’indagine giudiziaria che è ovviamente autonoma dal Viminale - è stato spazzato via, in pochi giorni, a colpi di circolari ministeriali.

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Il governo gialloverde è alla prova della sua prima legge di Bilancio, ancora una volta è la fazione leghista a farla da padrone, sul condono per gli evasori truccato da pace fiscale e sulla riforma della legge Fornero che nei piani dovrebbe consegnare al partito di Salvini il consenso della generazione quota 100 aiutata dalla modifica dei requisiti per accedere alla pensione. Per il Movimento 5 Stelle c’è il reddito di cittadinanza ma più modesto rispetto alle attese scatenate, il taglio delle pensioni d’oro è rinviato. Luigi Di Maio segue, da comprimario, anche se il raduno del Circo Massimo di questi giorni è la fotografia dell’orgoglio pentastellato.

È una legge di bilancio elettoralistica, si dà tutto a tutti e si cerca un consenso da riscuotere in modo rapido. Una manovra, è bene saperlo, destinata ad avere successo, salvo catastrofici giudizi delle agenzie di rating, perché il gradimento dei due partiti di governo è destinato a restare immutato o a salire, almeno fino alle elezioni europee del 2019. Dopo quel voto, le forze che oggi governano l’Italia potrebbero ritrovarsi a spartirsi le cariche in Europa, qualcosa di più serio dell’abbuffata delle nomine nei tg e nelle reti Rai. Almeno fino a quel momento, il patto di governo reggerà.

I cittadini, associazioni, sindaci e piccoli comuni che si stanno mobilitando in queste settimane, le tante Riace presenti sul territorio, l’operazione Mediterranea con la nave Mare Jonio che unisce movimenti, centri sociali, scrittori e intellettuali, le famiglie che a Lodi si rivoltano contro la discriminazione dei bambini stranieri, sono il reticolo di un possibile risveglio della società, gli anelli della Catena. Qualcosa di molto italiano, un Paese dove troppe volte le persone comuni sono state costrette a scendere in piazza per far valere i loro diritti più elementari. C’è un momento in cui in Italia tocca a loro assumersi responsabilità impensabili, nel vuoto della politica e delle istituzioni. Penso alle associazioni dei parenti delle vittime delle stragi, di piazza della Loggia a Brescia o della stazione di Bologna. Era una persona normale Ilaria Cucchi, prima che la tragedia del fratello Stefano le cambiasse la vita e la costringesse a battersi nelle aule di giustizia e nelle piazze per avere verità e giustizia. Sono persone normali i cittadini di Genova sfollati dalla loro casa dopo il crollo del ponte Morandi, come dopo una guerra, e che dopo due mesi di promesse e di confusione si improvvisano attivisti politici, con i comitati in corteo, per rivendicare la loro esistenza, così come fecero i cittadini dell’Aquila dopo il terremoto del 2009. Sono famiglie normali quelle che a Lodi hanno raccolto i fondi contro il razzismo e la discriminazione, tra loro ci saranno anche molti elettori della Lega o di M5S.
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Una catena umana di donne e di studenti si muove dal Nord al Sud del Paese, chiama in causa la politica, immobile e paralizzata, in Parlamento e fuori. In quel che resta del principale partito del centrosinistra avanza la candidatura di Nicola Zingaretti, con il profilo di un Pd che va oltre il Pd, aperto ai movimenti e alla sinistra, come racconta il direttore del Mulino Mario Ricciardi a pag. 46, secondo la lezione dei Verdi tedeschi o dei Democratici americani attesi alla sfida del voto midterm contro Donald Trump. Il presidente del Lazio ha scelto per la sua prima uscita da candidato alla segreteria l’immagine della Piazza Grande, ma la piazza elettorale del Pd e degli altri partiti del centrosinistra si è ristretta e in questo momento l’opposizione politica appare assente ovunque, sia nelle piazze sia in Parlamento, dove non riesce a inserirsi nel gioco. Silvio Berlusconi prova a staccare la Lega dai 5 Stelle, il Pd si è precluso l’operazione inversa. Da Matteo Renzi e dai suoi amici arriva la voglia della revanche o la tentazione di azzerare tutto per ripartire da capo, magari da tutt’altra parte, sotto un altro segno, tra le macerie del berlusconismo e dell’antico centro-destra: nel campo moderato infuria la lotta per l’egemonia o per la resistenza al salvinismo imperante, e sarà tutto ancora più evidente nei prossimi mesi, quando la campagna per le elezioni europee spaccherà il corpaccione del Partito popolare, il Ppe, gli antichi democristiani.

Fuori di qui, dalle Leopolde e dalle beghe di Leu, Potere al Popolo e degli altri partitini di sinistra, c’è un’Italia che si muove, che non costruisce piattaforme di programma o candidature alle elezioni, eppure oggi rappresenta quanto di più idealistico e al tempo stesso di più pragmatico ci sia. In una parola, quanto di più politico.
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