I prezzi dei biglietti dei grandi concerti vengono rivenduti su piattaforme digitali raggiungendo cifre mostruose e alimentando un mercato nero che danneggia i musicisti. Ma dopo le polemiche, come sta cambiando la situazione?
Prima lo scandalo, poi il silenzio. Il
secondary ticketing, o bagarinaggio online, ha attirato l’attenzione per i prezzi folli raggiunti dai biglietti di alcuni grandi eventi musicali. Ma poi, dopo il clamore iniziale, su questo fenomeno è tornato il silenzio.
«Il bagarinaggio online non è certo una novità recentissima, come forse molti credono - spiega Claudio Trotta, promoter di celebri musicisti (Bruce Springsteen, Chemical Brothers, Queen, ecc…) che si è speso molto per combatterlo - Io ne parlo già da tempo e nell’industria dei live fa parte di una speculazione che sta velocemente uccidendo la musica».
Una tecnica ormai consolidata, un meccanismo perfettamente lubrificato adatto a f
abbricare soldi sfruttando la legge della domanda e dell’offerta. È risaputo, infatti, come negli ultimi tempi gli spettacoli di artisti famosi registrino il sold out nel giro di pochi minuti e si trasformino in chimere da rincorrere affannosamente. Un miraggio che diventa reale solo grazie ad alcuni siti provvisti di un numero imprecisato di biglietti e che li rivendono per la gioia di chi lo desidera ad ogni costo.
Un’espressione azzeccata, poiché
i prezzi maggiorati dei canali non ufficiali sono spesso da capogiro. «Nell’ultimo lustro, il secondary ticketing ha assunto una notevole rilevanza istituzionale e mediatica - spiega Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato(Agcm) - tanto è vero che sin dal 2013, nel Regno Unito, Usa e Belgio vi sono stati interventi legislativi per cercare di arginarlo».
I provvedimenti adottati all’estero mirano a
colpire i software utilizzati per acquisti seriali e che non lasciano alcuna speranza al grande pubblico. «Io i biglietti riesco a comprarli solo grazie ai Bot» racconta Antonio (nome di fantasia), un ragazzo che acquista tagliandi per rivenderli a prezzi maggiorati tramite i social network e che nel suo ultimo affare ha guadagnato qualche centinaio di euro grazie ad appena due biglietti. «Si tratta di software che si possono trovare in vendita, anche se il mio è uno di quelli pirata». Sono proprio i Bot ad aver cambiato (almeno in parte) un business sviluppatosi in rete e che nel nostro Paese non è nemmeno un crimine.
«Ad oggi, in Italia,
il bagarinaggio non costituisce di per sé reato, ma un comportamento rilevante sotto un profilo amministrativo - assicurano il tenente colonnello Leonardo Brandano e il tenente colonnello Luca Meoli della Guardia di Finanza - Il bagarinaggio viene sanzionato e vietato dal legislatore solo in occasione delle manifestazioni sportive. Per tutti gli altri eventi, l’unico strumento giuridico di contrasto è rappresentato dalle Ordinanze che vietano la rivendita dei biglietti per i soggetti non autorizzati. Per completezza occorre aggiungere che recentemente il legislatore ha inteso introdurre un’ulteriore sanzione amministrativa, non ancora in vigore, nell’ipotesi di vendita di titoli di accesso a tutte le attività di spettacolo (non solo dunque quelle in ambito sportivo) effettuate da soggetto diverso dai titolari in modo non occasionale e comunque senza finalità commerciali».
Insomma, un quadro non ancora ben definito e che causa
diversi danni. «I principali sono due - chiosano Brandano e Meoli - La non corresponsione delle maggiori imposte spettanti sul ricarico effettuato dal bagarino per la rivendita dei biglietti, e la mancata corresponsione dei diritti d’autore non versati ai danni dell’ente SIAE e dei medesimi artisti».
I motivi per agire quindi, non mancano, anche se è necessario identificare i livelli su cui farlo. «So di speculare sulle passioni di chi vuole partecipare ai concerti - racconta il bagarino Antonio - Non obbligo nessuno, però, a comprare i biglietti. Inoltre, ho un mio lavoro e questa del bagarinaggio è un’attività nata per permettermi una vacanza e qualche sfizio che diversamente non potrei concedermi. Sono solo un pesce piccolo. Il vero business è delle piattaforme di secondary ticketing, capaci di guadagni inimmaginabili».
Difficile quantificare quanto denaro circoli dietro i siti su cui è possibile acquistare i tagliandi introvabili nei canali ufficiali, ma sono proprio i loro affari al centro dell’attenzione. «Alcune imprese hanno creato un business di portata immensa con la vendita di biglietti - spiega Trotta - Addirittura le più grandi multinazionali organizzatrici di concerti in tutto il mondo hanno acquisito, in maniera legittima, aziende che fanno parte della filiera musicale e, allo stesso tempo, sono colossi che vendono e distribuiscono tagliandi, ufficialmente proprietari di vari siti di secondary ticketing. Anche per questo motivo esiste il dubbio che una parte dei biglietti disponibili finisca direttamente nel mercato della rivendita parallela senza mai passare per i canali ufficiali».
Nel frattempo qualcosa si è mosso e
sono iniziati dei controlli per comprendere meglio come affrontare un fenomeno ormai dilagante. «Nella primavera del 2017, l’Autorità ha chiuso cinque procedimenti istruttori per pratiche commerciali scorrette riguardanti la vendita online di biglietti per eventi, sanzionando Ticketone e quattro operatori attivi nel mercato secondario per circa 1.7 milioni di euro - dichiara Pitruzzella - In particolare, sono risultati non conformi al canone di diligenza professionale le condotte di TicketOne, consistenti nell’omessa predisposizione di misure atte a garantire che la fornitura di biglietti sul mercato primario tramite i propri canali avvenisse in modo corretto, così da limitare forme speculative di acquisto finalizzate alla rivendita sul mercato secondario; infatti, non sono state previste soluzioni informatiche dirette a ostacolare l’azione di ticketbots».
Sanzioni e controlli a cui si sono aggiunte anche le
verifiche relative al mercato secondario. «In quest’ambito l’intervento dell’Autorità - continua Pitruzzella - ha riguardato la scarsa trasparenza delle informazioni fornite ai consumatori dalle società che gestiscono i principali siti internet attivi in Italia (Seatwave, Viagogo, Ticketbis, Mywayticket), in relazione ai quali è stata accertata, sia pure in misura diversa per ogni piattaforma esaminata, la diffusione di informazioni carenti e intempestive in ordine a elementi del contratto ritenuti essenziali».
In effetti, le segnalazioni dei consumatori relative ai siti di secondary ticketing raccontano di
persone truffate a causa di costi aggiuntivi (quali salate spese di commissione) inserite al momento dell’acquisto e non previste, o di occasioni in cui si cerca di accedere al sito ufficiale di vendita, ma si finisce con l’essere reindirizzati a piattaforme di secondary ticketing. Tutte testimonianze che ribadiscono frustrazione e che provano come sul web sia un’attività ormai quotidiana e manchi di trasparenza.
Proprio in questi giorni gli eccessi del bagarinaggio online si stanno rivedendo per lo spettacolo di Eminem, con biglietti che ormai costano migliaia di euro. Sembra, insomma, che niente sia cambiato da quando il fenomeno è balzato agli onori della cronaca. Intanto le piattaforme chiamate in causa rigettano qualunque tipo di accusa, ricordando come la loro funzione sia quella di mettere in contatto persone che desiderano vendere con altre che vogliono acquistare. In altre parole, sono degli intermediari.
Le dinamiche lasciano facilmente intendere che non è più così da tempo e talvolta su questi siti vengono offerti i tagliandi ancor prima che siano disponibili sui canali ufficiali. «Nel 2016 ho deciso di presentare un esposto penale per denunciare il secondary ticketing, da cui poi è partita un’indagine che si è evoluta anche grazie agli esposti avanzati dalla SIAE e dal Codacons - ricorda Trotta - A convincermi ad intraprendere azioni legali sono stati proprio alcuni siti specializzati nella rivendita che offrivano biglietti per un concerto di Bruce Springsteen da me organizzato e che io ancora non avevo messo in vendita». Circostanze che alimentano più di un sospetto su un sistema poco chiaro, che danneggia anche artisti e promoter.
Eppure, a volte, si intuisce una certa tolleranza da parte degli organizzatori, legata alle conseguenze del secondary ticketing: un fenomeno che consente di raggiungere velocemente e facilmente un sold out capace di aumentare l’interesse intorno all’evento e fornire pubblicità gratuita. «In alcuni casi si può parlare di un interesse indotto verso determinati concerti, ma quando si affronta il tema della rivendita parallela è giusto valutare anche il ruolo diretto o indiretto degli artisti - chiarisce Trotta - Per esempio, alcuni musicisti potrebbero essere considerati complici, più o meno involontari, del sistema. Basti pensare alla quantità di denaro che spesso viene promessa loro per i tour. È talmente elevata che non basta la vendita di tutti i biglietti per rientrare nei costi e non si può fare a meno di usare altri stratagemmi. Come appunto il secondary ticketing. Un artista deve rendersi conto di questo meccanismo e, se non lo fa, il sospetto è che sia connivente. Inoltre, sono molti i musicisti che si dichiarano contrari al bagarinaggio online, ma poi, nel concreto, accettano la situazione e continuano a lavorare sempre con le società sotto accusa».
Le vie per arrivare ad una soluzione sono diverse. Per esempio, tra le varie proposte che la SIAE ha presentato negli ultimi tempi rientrano anche la smaterializzazione del biglietto, la vendita di tagliandi a prezzo dinamico calmierato, il divieto di uso dei Bot e altro ancora. E poi rimane la possibilità di adottare il biglietto nominativo, eventualità secondo alcuni poco efficace e macchinosa, ma che altri considerano risolutiva. «Io ho già adoperato con successo questo sistema - spiega Trotta - A novembre del 2017 ho organizzato un concerto dei Queen a Bologna vendendo 14.000 biglietti nominativi. Sui siti di secondary ticketing sono circolati appena 30/40 tagliandi dell’evento, che probabilmente erano pure falsi».
Per quanto riguarda il fronte delle azioni legali, la battaglia è lunga e i procedimenti in corso richiedono tempo. A dicembre del 2017 nove persone (tra cui Charles Stephen Roest, amministratore del sito Viagogo, Roberto De Luca e Antonella Lodi di Live Nation Italia e Live Nation 2, Corrado Rizzato, ex amministratore di Vivo, Domenico d’Alessandro di DiGi) sono state rinviate a giudizio proprio nell’inchiesta nata dall’esposto di Trotta. Gli inquirenti ipotizzano ricavi che superano il milione di euro (nel periodo tra il 2011 e il 2016), poiché i promoter avrebbero spinto a considerare in via di esaurimento i tagliandi “divulgando false informazioni”. In questo modo avrebbero anche stimolato il pubblico ad acquistare “ad un prezzo estremamente più elevato rispetto al valore facciale”.
Eppure, nonostante tutto, proprio ai consumatori rimane il potere di abbattere un sistema malato. «Negli ultimi tempi noto una maggiore coscienza del problema - conclude Trotta - È anche vero, però, che c’è sempre più gente affetta da “presenzialismo”, disposta a fare follie per assistere agli eventi, come se parteciparvi possa rendere importanti. Sarebbe necessaria, forse, maggiore consapevolezza e concretezza da parte del pubblico. Magari anche un po' di autoregolamentazione».