Nei primi dieci mesi dell'anno che si è chiuso è cresciuto dell'80 per cento il numero di arresti per reati tributari. Parla il comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi. Che promuove le ultime iniziative del governo

L’Italia è un Paese con un enorme buco nero, prodotto dall’evasione fiscale. Quanto ci costa?
«Il “tax gap” - ovvero la differenza tra le imposte e i contributi teorici e quelli effettivamente versati - ammonta in media, tra il 2013 e il 2015, a 109 miliardi di euro, di cui 97,9 riferibili alle principali imposte erariali e locali (tra cui l’Iva per oltre 35 miliardi) e 11,1 relativi alle forme di contribuzione per lavoro dipendente. L’evasione fiscale “consapevole”, ossia da mancata o sotto dichiarazione dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, è pari a circa 74,6 miliardi di euro».

Un quadro drammatico, dunque.
«Nonostante questi numeri, restiamo ottimisti perché l’azione di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, svolta quotidianamente e con molti sacrifici dalle Fiamme Gialle, non conosce tregua».

Di che numeri parliamo?
«Nei primi dieci mesi del 2018 i soggetti arrestati per reati tributari dai nostri reparti sono quasi l’80 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2017. E sono aumentate anche le iniziative per l’individuazione dei patrimoni illeciti: più 32 per cento di valori sequestrati. La strategia operativa adottata negli ultimi anni è orientata ad aggredire sul piano patrimoniale i grandi evasori che si arricchiscono alle spalle della collettività e a danno delle imprese oneste».

Ritiene sufficienti gli strumenti normativi per aggredire i grandi evasori?
«Sì, soprattutto dopo le novità introdotte dal decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2019, attraverso le quali anche la Guardia di Finanza disporrà dei dati dello scambio automatico di informazioni relative ai conti correnti detenuti all’estero dai soggetti residenti in Italia, nonché di tutti i dati bancari e finanziari che gli intermediari trasmettono periodicamente all’Anagrafe Tributaria. In quest’ottica, consideriamo parimenti importante che sia stato rimosso il vincolo minimo di controlli annuali nei confronti dei contribuenti di medie dimensioni, ossia quelli con volume d’affari compreso tra 5,164 e 100 milioni di euro, così da poter concentrare le nostre risorse e gli sforzi operativi sui soggetti che presentano significativi alert di rischio fiscale».

Spesso i capitali sporchi vengono occultati in società offshore. Che tipo di difficoltà incontrate in questi casi?
Inchiesta
L'Italia è un paese fondato sulla mazzetta
11/1/2019
«Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli sforzi per isolare i paradisi fiscali sia attraverso l’adozione, a livello internazionale, di regole comuni sullo scambio di informazioni e sugli obblighi antiriciclaggio, sia attraverso la stipula, da parte dell’Italia, di accordi bilaterali con piazze finanziarie tradizionalmente considerate vere e proprie “roccaforti” del segreto bancario e fiduciario. Nel prossimo futuro i contribuenti recidivi che intendono restare nell’ombra saranno costretti ad una sorta di “nomadismo fiscale” che li porterà a stabilirsi in Paesi politicamente instabili nei quali la mancata trasparenza sul piano impositivo viene bilanciata da altri (e spesso ben più consistenti) rischi».

Nelle vostre indagini emergono storie di corruzione quotidiana. Favori, scambi, piccole dazioni che coinvolgono amministratori e politici locali. Quanto è diffuso il fenomeno?
«Dalle nostre indagini emergono sia grandi fenomeni corruttivi, talora legati, ad esempio, agli appalti delle “grandi opere”, sia episodi solo apparentemente marginali, che, tuttavia, per realtà amministrative meno complesse, rappresentano significativi segnali d’allarme e vanno decisamente contrastati per favorire una corretta gestione delle risorse pubbliche».

Si può fare una stima del costo della corruzione?
«La corruzione è per sua natura occulta. Tuttavia, nel tempo, sono stati affinati gli strumenti di rilevazione del fenomeno. È attualmente allo studio, sotto la regia dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, un’iniziativa progettuale che si propone di elaborare indicatori sintetici in grado di fornire una stima della corruzione, indagando sia le caratteristiche tipiche del fenomeno che la distribuzione territoriale. La Guardia di Finanza aderirà a questa progettualità, fornendo il proprio contributo, anche alla luce dei numerosi elementi informativi disponibili. Per dare un’idea dell’impatto delle iniziative operative della Guardia di finanza su questo versante, vorrei ricordare alcuni dati: nel 2017 e nei primi 10 mesi del 2018, sono stati svolti oltre 4500 interventi in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione e nel settore degli appalti pubblici, segnalando all’Autorità Giudiziaria più di 8100 soggetti, ?di cui 793 arrestati».

La nuova legge “Spazzacorrotti” ha introdotto la possibilità di utilizzare agenti undercover anche per i reati contro la pubblica amministrazione, la corruzione e il riciclaggio.
«La Guardia di Finanza ha avuto modo di esprimere le proprie valutazioni nel corso dell’iter parlamentare del disegno di legge. Pertanto, l’estensione di tale strumento ai reati contro la Pubblica Amministrazione la valutatiamo positivamente. ?La figura dell’operatore sotto copertura è sempre distinta ?da quella, non prevista dal nostro codice, dell’agente “provocatore”, la cui condotta è orientata a istigare ?o a suscitare la commissione di un reato altrimenti ?non realizzabile».

Per il riciclaggio vi avvalete delle segnalazioni di operazioni sospette. Ma perché i professionisti segnalano pochissime operazioni sospette?
«Nel 2018 sono pervenute ai Reparti del Corpo, per il tramite dell’Unità di Informazione Finanziaria, oltre 92.000 segnalazioni di operazioni sospette. La maggior parte proviene da banche e Poste. In misura contenuta dai professionisti».

Riciclaggio va a braccetto con il narcotraffico. Rende ancora molto il traffico di stupefacenti per i clan?
«Il traffico di sostanze stupefacenti è ancora oggi uno dei business più remunerativi per la criminalità organizzata, purtroppo anche a causa del diffuso consumo di droghe tra i giovani, alimentato da soggetti che agiscono senza scrupoli. Stiamo assistendo ad un cambiamento nelle tecniche di importazione delle sostanze stupefacenti mediante l’invio di quantitativi sempre crescenti ma parcellizzati in più carichi. In tal modo, le organizzazioni criminali sono in grado di attenuare i rischi di eventuali “perdite” derivanti dai sequestri delle forze di polizia».

La mafia è regina di questo traffico?
«La ‘ndrangheta, più delle altre organizzazioni, ha acquisito un ruolo egemone soprattutto nella commercializzazione a livello mondiale della cocaina proveniente dal Sud America, grazie alla capacità di sfruttare i canali relazionali ed economici con i grandi cartelli messicani e colombiani».

Quante tonnellate sequestrate?
«Nel periodo 2017-2018 (fino al mese di novembre), la Guardia di Finanza ha sequestrato quasi 160 tonnellate,in particolare 150 tra hashish e marijuana e 6,5 di cocaina. ?Un lavoro costante fatto di 30 mila interventi sull’intero territorio nazionale, che hanno preso di mira 40 mila ?soggetti coinvolti».

I flussi di denaro ottenuti dalla droga dove vengono investiti?
«I settori economici più permeabili agli investimenti di narco-proventi sono quelli della compravendita di immobili e dell’acquisizione nonché gestione di locali pubblici e di impianti turistico-alberghieri che garantiscono anche un riconoscimento sociale del potere criminale e di controllo ?del territorio. Tuttavia le organizzazioni criminali tendono a delocalizzare sempre più spesso all’estero gli investimenti, sia in ambito europeo sia in Paesi extra-europei, principalmente nel Nord e Sud America.Le indagini evidenziano il frequente ricorso ai servizi offerti da offshore profit center su internet, ?a libretti al portatore elettronici e carte di credito su conti anonimi disponibili prevalentemente nei Paesi dell’Est europeo e nel continente africano, nonché a corrieri telematici e al circuito di money transfer».