Nonostante tutto le iniziative di solidarietà non si fermano. ?I gruppi, i siti e i mille modi in cui ciascuno può fare la sua parte

Istruzioni per resistere alla deriva disumana

Il Comune di Napoli ha pubblicato sul suo sito istituzionale un modulo per raccogliere proposte e adesioni per aiutare i migranti salvati dalle navi di SeaWatch: in pochi giorni sono arrivate oltre 5.600 candidature. Ci sono 911 persone, fra medici e infermieri, che si offrono per dare una mano nell’assistenza sanitaria; ci sono 1.780 traduttori o educatori disponibili a condividere competenze; 3.298 cittadini che vogliono contribuire con raccolte alimentari; 331 residenti che si dicono pronti a garantire un tetto. Sono alcuni dei tantissimi italiani che non cedono alla paura e all’odio. E che in queste settimane si stanno chiedendo come contribuire, come raddrizzare la questione d’accoglienza del paese.

L’iniziativa di Napoli è una delle molte occasioni che si incrociano in tutta Italia. C’è chi decide di diventare tutore volontario, ad esempio: persone disponibili a dare un supporto pratico ai minori stranieri non accompagnati che si trovano in Italia. Si tratta di aiutarli fra impegni scolastici, burocrazie e possibilità di un futuro, offrendo tempo, ascolto, supporto per l’integrazione. Basta andare sul sito del Garante per l’infanzia della propria regione, avere più di 25 anni, essere residenti e pronti a offrire un altro volto del Paese.
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In molte città sono poi attivi percorsi di accoglienza in famiglia. Sopratutto grazie al circuito Sprar, la rete di accoglienza diffusa gestita dai comuni. I mesi trascorsi in famiglia sono un acceleratore, come dimostrano migliaia di esperienze, delle possibilità di integrazione. A Bologna singoli, coppie e famiglie possono inviare la propria disponibilità al progetto Vesta, della cooperativa Camelot. Gli “ospitali” possono contare sul supporto continuo degli operatori durante il progetto. Strade simili vengono messe a disposizione anche dalla Caritas o dai gruppi locali di “Refugees Welcome”, che in tre anni hanno raccolto centinaia di adesioni, fra chi accoglie in famiglia e chi si rende semplicemente disponibile a facilitare le convivenze sul territorio. Sul sito web dell’organizzazione si trovano i dettagli.

Ci sono poi ovviamente le raccolte fondi. Attraverso donazioni, offerte, regali, perfino bitcoin: supporti fondamentali per le organizzazioni in prima fila che salvano vite in mare o aiutano i profughi sul territorio. Basta informarsi, scegliere, e donare. Il gruppo di Mediterranea chiede aiuto concreto, anche via Paypal, sul sito Mediterranearescue.org. I ragazzi di In Migrazione hanno lanciato la raccolta fondi “UMANItalia”, per sostenere tutti i progetti virtuosi che, in diverse parti d’Italia, offrono alloggio e assistenza ai migranti a cui il Decreto Sicurezza vorrebbe negare futuro e diritti. Sul sito web di Baobab, il gruppo di volontari che a Roma si occupa di chi una volta sbarcato si trova abbandonato nella capitale, c’è una lista di beni necessari per l’inverno (tende, sacchi a pelo, indumenti termici) che si possono donare attraverso le piattaforme Decathlon o Amazon (Baobabexperience.org).

Poi, senza dover spendere, ci sono appelli, petizioni, e soprattutto la pressioni da portare a amministratori locali e non. Perché si ricordino di restare umani.

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