L’alternanza scuola lavoro? In Sardegna si fa dentro il poligono militare di Quirra
Gli studenti dovevano frequentare la base militare finita al centro delle polemiche e delle indagini per i possibili danni legati alle radiazioni sprigionate dalle munizione esplose. Ma dopo la bufera il preside ci ripensa. Almeno per il momento
Un gruppo di studenti dentro una base militare per un progetto di alternanza scuola-lavoro? «Perché no: potranno conoscere una realtà con centinaia di dipendenti dove si applicano tecnologie e modelli organizzativi avanzati».
Ne è convinto Massimo Siddi, dirigente dell’Istituto tecnico "Primo Levi" di Quartu Sant’Elena in provincia di Cagliari: 18 ragazzi della sua scuola erano in questi giorni pronti a partire per Perdasdefogu, nella Sardegna sud-orientale: destinazione, il Poligono sperimentale e di addestramento interforze di Salto di Quirra, disposto a ospitare i ragazzi per cinque giorni all’interno di un “percorso per le competenze trasversali e l’orientamento”.
Nulla di male nel progetto dentro una base militare, secondo il dirigente e i tutor. Se non fosse che la base in questione è uno dei più grandi poligoni europei per la sperimentazione di aerei, missili e armamenti bellici vari e i suoi vertici, otto comandanti che hanno lavorato qui tra il 2004 e il 2010, sono oggi a processo. L’accusa ha il forte sospetto che la cosiddetta ‘sindrome di Quirra’, un eccezionale aumento di malformazioni tra gli animali e di patologie tumorali per gli uomini che hanno frequentato la zona in quegli anni, sia direttamente correlata alle attività del poligono.
Nella struttura, attiva dal 1956, lavorano circa 400 dipendenti, soprattutto militari. Qui si testano armi, missili, aerei, bombe e proiettili e per diversi mesi all’anno molte zone limitrofe sono interdette ai civili ma gas, polveri e fumi delle esplosioni si diffondono nell’aria per chilometri. E le falde acquifere raccolgono, inevitabilmente, materiali pericolosi.
Tutto sotto il controllo del Ministero della Difesa italiano che mette a disposizione i poligoni a terra e a mare non solo per gli eserciti e gli armamenti dei paesi Nato ma anche per diverse aziende private.
L’attività militare non è stata indolore per il territorio: a parte le ricadute negative su turismo e sviluppo, nel 2011, dopo la pubblicazione di una relazione firmata dai veterinari Giorgio Mellis e Sandro Lorrai, il procuratore capo di Lanusei Domenico Fiordalisi ha avviato un’indagine per far luce sulla ‘sindrome di Quirra’, e dal 2014 al Tribunale di Lanusei è in corso il processo contro Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberti Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci, Gianfranco Fois e Francesco Fulvio Ragazzon, comandanti del poligono tra il 2004 e il 2010.
Cadute le accuse di disastro ambientale, omicidio plurimo e omissione di atti di ufficio è rimasto in piedi il reato di omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri. In questi mesi stanno testimoniando davanti alla giudice Nicole Serra pastori, lavoratori, ex militari, consulenti vari: hanno raccontato che dentro il poligono si scavavano buche per far esplodere munizioni difettose o obsolete, si lanciavano missili ‘Milan’ contenenti torio e missili ‘Nike’ con sostanze cancerogene e radioattive, negli allevamenti della zona sono nati animali con malformazioni gravi e si potevano osservare a mare e a terra discariche con rottami e pezzi di missili e armi. Tante, inoltre, le persone ammalate di leucemia e tumori.
E’ qui dunque, dove sarebbe nata la ‘sindrome di Quirra’, che lunedì 18 marzo erano attesi gli studenti del “Primo Levi”. “L’obiettivo del percorso, uno dei tanti avviati a scuola – ci ha spiegato il dirigente – era quello di studiare una realtà lavorativa complessa come quella del Poligono. I contatti con il Ministero della Difesa per il progetto sono stati avviati tre anni fa, e dopo aver firmato una convenzione quest’anno avremmo portato i ragazzi a conoscere la struttura”.
Siddi, a quattro giorni dalla partenza degli studenti, usa il condizionale: è di questa mattina la decisione di sospendere l’attività. “Siamo convinti che si tratti di un’idea valida per l’acquisizione di competenze professionali e trasversali e abbiamo voluto questo progetto pensando all’interesse formativo dei ragazzi, senza entrare in battaglie ideologiche. Viste le polemiche ci abbiamo ripensato. Per ora il percorso è sospeso, non escludiamo di rivederlo più avanti”.