Quattro ingegneri condannati per il crollo della Casa dello Studente, il vicecapo della Protezione civile per le sue frasi rassicuranti pochi giorni prima del disatro. E il rischio prescrizione sui balconi delle case prefabbricate. Ecco le decisioni della giustizia

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Accanto alla Casa dello Studente in via XX Settembre, luogo della strage simbolo del terremoto a L’Aquila, in cui la notte del 6 aprile 2009 morirono il custode e sette ragazzi, hanno demolito e ricostruito un palazzo di cinque piani. Al piano terra, i cartelli sulle vetrine spente indicano ora il cellulare da chiamare per affittare negozi e uffici.

Il processo per il crollo si è concluso nel 2016 in Cassazione con le condanne a quattro anni degli ingegneri Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rosicone e a due anni e sei mesi per il presidente della commissione collaudo dell’Azienda per il diritto agli studi universitari, Pietro Sebastiani. Secondo i giudici il palazzo «era destinato a crollare in quanto ancora prima dei lavori di ristrutturazione eseguiti nel 2000, era stato totalmente e pericolosamente modificato rispetto al progetto originario e alla iniziale destinazione d’uso». E i tecnici condannati «avrebbero dovuto controllare i nuovi carichi di peso che gravavano sull’edificio e la tenuta statica, prima di eseguire gli interventi che avevano progettato». Una sentenza “moderna”: perché stabilisce che un terremoto di magnitudo 6.3, con le conoscenze scientifiche e tecniche di oggi, non può più essere giustificato come evento eccezionale.

La stessa notte del sisma in via XX Settembre 79, proprio davanti alla Casa dello studente, morirono nove persone nel crollo di un altro condominio. La Procura di L’Aquila mandò a processo due costruttori e tre progettisti, oggi molto impegnati nella ricostruzione. Ma alla fine ne chiese l’assoluzione perché i periti dimostrarono che il caseggiato non crollò per gli interventi edilizi eseguiti nella proprietà accanto dagli imputati poi assolti, ma per gravi errori nella costruzione avvenuta cinquant’anni prima da parte di progettisti ed esecutori nel frattempo deceduti.

È molto lunga la coda giudiziaria lasciata dal terremoto di dieci anni fa: si va dalla corruzione di funzionari pubblici all’infiltrazione di ’ndrangheta e camorra nei cantieri. Rischia invece di finire in prescrizione il procedimento per il crollo di un balcone di legno e il necessario sequestro di altri ottocento balconi nelle palazzine prefabbricate del progetto Case (Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili) che ancora ospitano parte degli sfollati aquilani a Cese di Preturo: il giudice per le indagini preliminari ha trasferito l’inchiesta per competenza territoriale a Piacenza, dove ha sede la ditta accusata della truffa e dove però la locale Procura non ritiene di doversene occupare. Deciderà la Cassazione sulla sorte dei 29 indagati.

L’altro condannato in via definitiva nei processi legati al terremoto di dieci anni fa è l’ex vicecapo della Protezione civile ai tempi di Guido Bertolaso, Bernardo De Bernardinis. La Cassazione aveva confermato nel 2015 la pena a due anni di reclusione per lesioni e omicidio colposo.

Secondo i giudici le dichiarazioni tranquillizzanti di De Bernardinis in tv pochi giorni prima del disastro hanno convinto almeno tredici persone a rimanere nelle loro case: persone poi morte la notte del 6 aprile. Durante un’intervista diventata famosa, l’allora vice di Bertolaso aveva invitato gli abruzzesi a non preoccuparsi. «Intanto ci facciamo un buon bicchiere di vino di Ofena?», gli viene chiesto. «Assolutamente, un Montepulciano di quelli Doc», fu la sua risposta che la sentenza valuta così: «Senza la percezione sensoriale e intellettiva delle parole del De Bernardinis, la decisione delle vittime di rimanere nelle case non sarebbe stata assunta».

Precisazione
Nell'edizione cartacea di questo articolo, corretta in questa versione online, abbiamo scritto che il palazzo di cinque piani appena costruito in via XX settembre si trova dove c'era la Casa dello Studente, mentre è posizionato accanto. Ci scusiamo per l'errore.