Intervista

«Anche la P2 voleva controllare le procure. La magistratura sa fare pulizia al proprio interno»

di Paolo Biondani   11 giugno 2019

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Gherardo Colombo

Lo scandalo delle nomine inquinate ha travolto il Csm. Ma alcune delle soluzioi proposte sembrano solo metodi per minare l'indipendenza delle toghe. Parla Gherardo Colombo, ex magistrato di Milano che ha scoperto la loggia massonica

Gherardo Colombo
In un Csm traumatizzato dallo scandalo delle nomine inquinate, il magistrato romano Giuseppe Cascini è arrivato a parlare di «poteri occulti all’attacco della giustizia come negli anni della P2».

Gherardo Colombo, l’ex magistrato di Milano che quella super-loggia massonica segreta l’ha scoperta, nel 1981, mentre con il giudice Giuliano Turone indagava sul finto sequestro del banchiere piduista Michele Sindona (organizzato da Cosa Nostra), riconosce che «entro certi limiti, per alcuni aspetti» il paragone è centrato.

«Certo, oggi non c’è più tutto il marciume della P2, la bancarotta miliardaria dell’Ambrosiano, il conto Protezione, i ricatti di Gelli... Ma c’è un problema che è sempre lo stesso: le manovre esterne per controllare i vertici degli uffici giudiziari e tentare di orientare la giustizia. La Costituzione riconosce l’indipendenza del potere giudiziario per difendere i cittadini, proprio attraverso magistrati liberi da condizionamenti».

Detto questo, Colombo si ferma, recupera un suo libro del 1996, “Il vizio della memoria”, e legge l’inizio del capitolo sulle prime reazioni alla scoperta della P2: «Sembra che i politici stiano letteralmente impazzendo perché non sono in grado di attribuirci un’appartenenza. Non si capacitano: ritengono che in Italia, come succede a loro, non esista nessuno che non abbia un’appartenenza. Che possano esistere magistrati indipendenti, neanche a pensarci! Ma, allora, non riescono proprio ad affibbiarci ad alcuno, e questo li disorienta. Non avendo individuato un’appartenenza, non capiscono “per conto di chi abbiamo operato”, e non riescono pertanto a capire a chi devono rivolgersi per lamentarsi del nostro lavoro, ovvero per “trattare”.

Inchiesta
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All’epoca, infatti, era convinzione diffusa che in certi campi, ad esempio l’alta finanza e l’economia, i magistrati agissero in qualche misura a comando, o perlomeno inconsapevolmente strumentalizzati da questa o quella fetta del potere, per condizionare e ricattare altre fette. Sapevano dell’esistenza di scavezzacolli che non rispondevano a nessuno, ma questi per norma, secondo la loro concezione, dovevano essere controllati dai capi e non essere incaricati di indagini che li avrebbero potuti portare a infilare il naso nel potere. La nostra indipendenza li disorienta e in qualche modo li blocca. Noi continuiamo a lavorare».

L’ex magistrato sorride: «Sono parole di 23 anni fa, però mi sembrano ancora attuali, no?». Colombo ha lavorato nel mitico pool Mani Pulite con un altro noto “scavezzacollo” come il pm Paolo Ielo, oggi procuratore aggiunto della capitale e primo bersaglio delle trame per chiudere l’era di Giuseppe Pignatone, il grande capo ora in pensione che ha fatto dimenticare la nomea di Roma come “porto delle nebbie”: il palazzaccio di giustizia che scippava a Milano le indagini sui potenti, dalla maxi-inchiesta P2 a tanti rami di Tangentopoli, per insabbiarle.

«Già, sembra di essere tornati ai tempi in cui si diceva che la procura di Roma vale più di un ministero», osserva Gherardo Colombo, scorrendo desolato le notizie sul capo-corrente della magistratura perquisito per corruzione, sul consigliere del Csm che svela indagini segrete proprio alla toga sotto inchiesta, sul pm romano che denuncia i colleghi d’accordo con l’inquisito, su giudici di rango che trattano nomine di procuratori con politici indagati o avvocati corruttori. Di fronte a tanti scandali veri o presunti, a reati o illeciti disciplinari per ora solo ipotizzati, l’ex giudice istruttore dei poteri occulti invita però alla prudenza: «Alcuni fatti mi sembrano già abbastanza chiari, ma conviene aspettare a dare giudizi: prima bisogna capire, conoscere bene tutti gli atti, sapere esattamente chi ha fatto cosa... Non vorrei che queste indagini venissero liquidate come una battaglia tra correnti o addirittura strumentalizzate per attaccare l’indipendenza della magistratura».

Il problema dello strapotere delle correnti «esiste e va risolto, ma una soluzione sensata deve rispettare l’equilibrio di poteri sancito dalla Costituzione a tutela dei cittadini», avverte Colombo. Che bolla come «un controsenso» l’ideona di inserire più politici nel Csm, che renderebbe «ancora più grave il peso delle appartenenze, le interferenze dei partiti sulla giustizia, i rischi di spartizione delle nomine giudiziarie».

L’ex magistrato concorda che l’ipotesi di sorteggiare i togati del Csm per ammazzare le correnti è come buttare via il bambino con l’acqua sporca, sostituendo con una lotteria cieca i voti consapevoli dei magistrati. E invita invece a studiare con attenzione «la proposta, che non so di chi sia, di fare come per la Corte costituzionale: eleggere un consigliere del Csm alla volta, per ridurre l’influenza delle correnti favorendo le candidature più autorevoli».

Mentre la separazione delle carriere tra giudici e pm, vecchio sogno della P2, «non si capisce proprio cosa c’entri con i fatti emersi con le indagini di Perugia». A proposito, i giudici piduisti sono stati graziati dal vituperato Csm? «Sono stati tutti sanzionati e nei casi più gravi radiati».

Il libro di Colombo ricostruisce l'intera vicenda  dei magistrati che invece di restare indipendenti e «soggetti soltanto alla legge», come impone la Costituzione, giurarono segretamente fedeltà alla loggia di Gelli, il potere occulto che manovrava gli apparati dello Stato. E i tanti scandali giudiziari di questi anni, i giudici che vendevano le sentenze, i pm con i conti all’estero, i magistrati al servizio della mafia, chi li ha scoperti? I big politici che rivendicano più potere nel Csm? Le agenzie investigative dei grandi imprenditori? Colombo ride: «Li ha scoperti la magistratura. Con tutti i suoi difetti, è l’unico potere che sa fare pulizia anche al proprio interno». Grazie ai soliti “scavezzacolli”: i magistrati indipendenti.