L’illusione della rinascita è passata, insieme al dolore. Resta un territorio incolto, inquinato, mal ricostruito. Che invita alla fuga chi se lo può permettere. E al rimpianto chi è costretto a rimanere

Ogni tre lampioni uno è acceso. Lì per la strada che porta nella piazza vuota. La chiamano la “via nova”, fu la prima con l’asfalto. È l’album senza foto degli irpini di provincia; chi è emigrato lo sfoglia spesso. In cima alla salita più ripida c’era la scuola, adesso l’hanno rifatta. Era di amianto. Laggiù c’era un villaggio provvisorio di prefabbricati, è durato trent’anni. Era di amianto. Una volta c’era un centro per la musica con le assi di legno e il pavimento di plastica. L’hanno rimosso. Era di amianto. I bambini giocavano davanti alla chiesa col campanile crepato. Non ci sono più bambini. La zona Pip per gli “insediamenti produttivi” sta ancora là. Non si è mai prodotto niente. Il paese vecchio, non antico, ma vecchio, è defunto alle 19,34 di domenica 23 novembre 1980 e nessuno gli ha concesso una degna sepoltura. L’Irpinia l’hanno ricostruita altrove: case a più piani con posto auto, fabbriche in montagna, operai e non più contadini, settimana corta con tredicesima, terreni rigogliosi incolti, fiumi inquinati e squallidi.
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La provincia di Avellino ha 411mila abitanti, ne ha persi 18mila in nove anni, l’ultima media è di circa 300 al mese. I ragazzi studiano dove si può studiare e lavorano dove si può lavorare, e non tornano più. Gli anziani li aspettano nei rimpianti. Il tasso di mortalità annuo è di 112,4 su 10mila residenti: il più alto della Campania, più alto del dato nazionale. Il tasso di mortalità per tumori è di 26,93 su 10mila, in costante aumento. Il tasso di mortalità per disturbi psichici è di 2,3 su 10mila, è quadruplicato in 15 anni. Il tasso di mortalità per suicidi è di 0,50 su 10mila, il peggiore della Campania.

Anniversari
Irpinia: dopo quarant'anni il terremoto è ancora qui
20/11/2020
Il 23 novembre sulle macerie della gente viva si adagiano libri, studi e parole di conforto. Emana ottimismo chi scrive da lontano. Fra un po’ riabilitano le colate di cemento, il clientelismo selvaggio, le infiltrazioni della malavita. Anche il ricordo è diventato una professione. La provincia di Avellino era in Serie A negli anni Ottanta col pallone e la politica. Ha sofferto, lottato, sperato. La rinascita è passata. Oggi ha smesso di illudersi fra i comignoli che non sbuffano più e la posta ammassata sotto le porte. Col tempo se n’è andato anche il dolore. Stavolta l’Irpinia si deve ricostruire da sola. Finché non si spegne il terzo lampione.

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