Stiegler: «Studiosi di tutto il mondo uniamoci per Greta, in nome della terra»
Per Trump sono profeti di sventura. Ma filosofi, critici d’arte, intellettuali si sono raccolti nell’associazione Amici della Generazione Thunberg. Nata per siglare un patto oltre le età
C’è chi li chiama “profeti di sventura”. E che risponda al nome di Donald Trump rende più difficile trasformare le lotte, le is tanze, di milioni di giovani in tutto il mondo in azioni politiche per combattere gli effetti potenzialmente disastrosi del global warming .
Bernard Stiegler, uno dei più originali e ascoltati filosofi francesi degli ultimi decenni, pensa al contrario che quei ragazzi, quell’intera generazione che reclama semplicemente un futuro, vadano non solo ascoltati, ma supportati in ogni modo. Ed è questa la ragione che lo ha spinto - insieme allo storico (e critico) dell’arte, Hans Ulrich Obrist - a fondare il collettivo Internation e poi l’Associazione degli amici della Generazione Thunberg, mettendo insieme una sessantina di intellettuali di primo piano in tutto il mondo.
«Pensiamo che sia fondamentale ascoltare ciò che Greta Thunberg sta dicendo e ciò che questa generazione sta chiedendo», spiega Stiegler, «ovvero “ascoltare gli scienziati!”. E diciamo loro che gli scienziati devono essere davvero ascoltati. Ma ciò che caratterizza gli scienziati è che non sono d’accordo tra loro: questa è la scienza, non si basa sul consenso ma sulla controversia. E così abbiamo proposto di creare una sorta di nuova scuola itinerante, articolata su una moltitudine di esperienze territoriali che lottano contro l’aumento dell’entropia».
Ecco le nuove parole chiave - “entropia” e “territorio” - attorno alle quali si sviluppa un lungo documento che Internation ha elaborato come “risposta” al segretario generale dell’Onu António Guterres e a Greta Thunberg.
L’obiettivo è di sviluppare nuove idee in stretto dialogo con la generazione Thunberg, «invitando gli stessi scienziati a lavorare su questi concetti e facendo in modo che matematici, fisici, biologi, avvocati, economisti, filosofi, epistemologi, artisti, ingegneri, imprenditori - ovviamente – possano lavorare a nuovi modelli che consentano di trovare una via d’uscita all’era Entropocene, diminuendo l’ antropia - ovvero l’aumento dell’entropia causato dagli esseri umani».
Il concetto di “entropocene” come sostituto di “antropocene”, diventa così la cornice teorica per comprendere più a fondo e affrontare le sfide dell’era che viene; ed è stata esattamente l’assenza di una cornice teorica - secondo il collettivo Internation - che ha frenato le azioni di contrasto all’annunciata catastrofe ambientale.
Ragazzi, dovete studiare l’entropia, in tutte le sue declinazioni, sembrano dire gli “Amici” alla generazione Thunberg: l’entropia fisica, biologica e informazionale. E dovete farlo partendo da sperimentazioni territoriali che rendano possibili, “sul campo”, economie sostenibili e nuovi modelli sociali. Per poi condividerle via network in quello che viene chiamato “approccio di ricerca contributiva”. Ma evitando l’entropia informazionale che minaccia il campo psico-sociologico oggi completamente strutturato dalle tecnologie. «I social network e le tecnologie digitali, si legge nel documento che accompagna la lettera al segretario dell’Onu e a Greta Thunberg, «possono causare la disintegrazione delle motivazioni individuali e delle relazioni sociali...».
«Le tecnologie digitali stanno aumentando l’entropia dell’informazione, e questo perché sottopongono tutto al calcolo», argomenta Stiegler: «Come è stato dimostrato da Ludwig von Bertalanffy - biologo tedesco, ma anche uno dei teorici della teoria dei sistemi generali - gli esseri viventi sono dei sistemi aperti, ovvero che la loro evoluzione non può essere “calcolata” né da loro stessi, né da nessun altro: la loro evoluzione è quindi incalcolabile. Ora, la sottomissione degli scambi tra gli esseri umani - di tutte le forme di scambio - al calcolo, li porta verso dei sistemi chiusi. Ciò che Bertalanffy chiama sistemi chiusi sono dei sistemi autodistruttivi».
Lo stretto collegamento istituito tra la questione ambientale e quella dell’informazione digitale costituisce forse uno degli aspetti più pregnanti della proposta teorica formulata da Internation, soprattutto in considerazione dell’habitat in cui è cresciuta la generazione Thunberg, potenzialmente più esposta alla terza forma di entropia. Quella dell’informazione appunto, che secondo Bernard Stiegler è «causata dalla sottomissione di qualsiasi scambio simbolico (conversazioni e rapporti umani in generale) al calcolo e ai modelli di calcolabilità che tendono a standardizzarli tutti, cioè a farli convergere verso medie statistiche che cancellano la singolarità, che cancellano ciò che chiamiamo “noodiversità” (diversità dei saperi) e che producono quindi la stupidità».
Stiegler e gli Amici della generazione Thunberg citano un articolo, pubblicato nel lontano 1945, dal matematico, fisico e statistico statunitense Alfred J. Lotka come una delle sorgenti del loro approccio all’antropocene. Lotka descrive gli oggetti tecnici/tecnologici come degli organi artificiali. Questi organi artificiali caratterizzano l’uomo dagli altri animali e ci permettono - al contempo, e in base all’uso che ne si fa - di poter distruggere o di poter prendere cura dell’ambiente in cui viviamo. In continuazione del pensiero di Lotka, Stiegler parla di aumento o diminuzione dei livelli di entropia in tutte le sue forme.
«Lotka mostra che ogni essere umano è caratterizzato dalla capacità di differire l’entropia localmente e temporaneamente», precisa il filosofo: «Cosa significa esattamente? Significa combattere contro il disordine e la degradazione - o in altre parole, mantenere la sua struttura di essere vivente, la sua organizzazione, il suo organismo - fino a quando non fallisce, ed è allora che muore. Questo è il caso di tutti gli esseri viventi. Ciò che mostra Lotka è che gli esseri umani gestiscono questo processo di differimento dell’entropia attraverso degli organi artificiali, ad esempio un computer o un’automobile, o anche una città: tutti questi sono organi artificiali, e che Lotka chiama organi esosomatici. Ebbene, questi organi esosomatici possono creare anche un aumento dell’entropia. Questi, a differenza degli organi endosomatici (vale a dire gli organi di tutti gli esseri viventi, animali o piante) non sono spontaneamente produttori di negentropia: non diminuiscono, non ritardano spontaneamente l’aumento dell’entropia: al contrario, essi possono accelerarla - e questo è ciò che scopriamo nell’era Antropocene. Per questo noi lo chiamiamo anche Entropocene».
La vocazione transdisciplinare di “Internation collective” - e della sua costola Amici della Generazione Thunberg - è una sorta di marchio d’origine. Oggi ne fanno parte 60 membri di tutto il mondo. A coordinare il lavoro del collettivo è un ricercatore italiano in filosofia politica ed etica della Sorbona, Giacomo Gilmozzi, che lavora anche con Stiegler all’Institut de Recherche et d’Innovation (Iri) di Parigi.
Il Collettivo ha incontrato per la prima volta alcuni esponenti dei gruppi ecologisti Youth for climate ed Extinction rebellion nel luglio 2019. In seguito hanno organizzato degli incontri informali con cadenza bimestrale per preparare il lancio dell’Associazione degli Amici della Generazione Thunberg. Nata per «promuovere il dialogo intergenerazionale», l’associazione è stata battezzata al Centro Pompidou lo scorso dicembre.
Il 10 gennaio, nel corso di un incontro a Ginevra tra il collettivo Internation e una decina di giovani di Youth for climate e Extinction rebellion, sono state definite le linee teoriche e le pratiche comuni «per rispondere in maniera efficace ai problemi posti dall’Antropocene», spiega Gilmozzi, «promuovendo il dialogo intergenerazionale e in vista di proporre ai territori-laboratorio (vi sono già cinque territori candidati) dei metodi di ricerca e di sperimentazione già in atto a Plaine Commune, nel nord di Parigi». Tra i fondatori dell’associazione si trovano grandi nomi della cultura internazionale: dallo scrittore Jean-Marie Le Clézio a Richard Sennet e Saskia Sassen, al matematico italiano Giuseppe Longo, solo per citarne alcuni. Oltre, naturalmente, a Stiegler e Obrist.
Gli incontri con gli attivisti di Fridays for future (Youth for climate, in alcuni Paesi) o i più radicali di Extinction rebellion sono regolari. Senza interferenze rispetto alle strategie ma con qualche “raccomandazione”, come spiega Stiegler. «Discutiamo molto con i giovani per il clima», racconta, «e non ci intromettiamo sul loro modo di agire riguardo alla contestazione e alle forme di protesta. Sono affari loro, anche i nostri. Ma raccomando che facciano dimostrazioni per insegnare l’entropia a scuola, all’università e al liceo. Pensiamo che dobbiamo creare scuole e vorremmo che questo potesse svilupparsi in tutto il mondo. Ci sarà anche un progetto nella regione di Roma per lavorare su modelli come quello che stiamo allestendo nel nord di Parigi. Perché non farne una scuola in associazione con la generazione italiana Thunberg e magari in collaborazione con Alberto Magnaghi?» (L’architetto e urbanista torinese fondatore della scuola territorialista, ndr). [[ge:espresso:attualita:1.332558:image:https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.332558.1552476696!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/articolo_480/image.jpg]] Uno degli snodi più interessanti del lavoro degli Amici della Generazione Thunberg è quello di “località”. In che modo questo concetto di località (“aperta”) si differenzia dalla semplice “località” proposta da politiche reazionarie? Nell’Antropocene, o Entropocene, siamo ancora in tempo di affrontare le emergenze globali con risposte locali? Se sì, perché e come pensa il collettivo Internation di modulare una risposta a una scala più alta di quella del “territorio”? «Un punto molto importante di questa prospettiva che stiamo sviluppando», spiega Bernard Stiegler, «è che l’economia contributiva si basa sull’aumento della conoscenza e dei saperi degli individui, perché ogni sapere è un “saper lottare contro l’entropia”. E quando parlo di saperi, parlo di saperi quotidiani: domestici, accademici, sportivi, saperi tecnologici - come quelli degli ingegneri per esempio - o saperi artistici. Una comunità di conoscenza e saperi “contributiva” lotta sempre contro l’entropia a livello locale, e questa località costituisce una coerenza economica territoriale “aperta”».
«Perché diciamo che è locale?», prosegue il fondatore degli “Amici”, «Perché, come afferma Schroedinger, solo gli organismi possono combattere l’entropia, e questo può avvenire solo localmente e temporalmente. Ovviamente sorge un problema, ovvero il risveglio del localismo, che è una regressione politica portata dall’estrema destra: noi pensiamo - un po’ come i territorialisti italiani - che è necessario rivalorizzare la località, a patto di costituire delle località “aperte” e collegate tra loro, all’interno di una nuova macroeconomia basata su una reticolazione che non si fonda sugli algoritmi che cortocircuitano gli individui, ma al contrario su dei modelli che intensificano le relazioni tra questi».
È sulla base di queste prospettive che il collettivo Internation ha proposto agli attivisti per il clima la creazione di territori laboratorio con il sostegno delle Nazioni Unite. Ci sono già dei territori candidati in Italia, Germania, Croazia, Francia, Inghilterra, Irlanda, Barcellona e molti altri fuori dall’Europa. «Noi riteniamo», conclude Stiegler, «che territori-laboratorio debbano essere delle “dimensioni di ricerca” di ciò che vogliamo creare con gli Amici della Generazione Thunberg, dove vorremmo avviare una scuola itinerante. Ciò consentirebbe a questi giovani attivisti di lavorare assieme a scienziati di tutto il mondo, riaprendo il dialogo intergenerazionale».