Come stare a casa ha cambiato le nostre vite. I cittadini sognano il vaccino, sono preoccupati per il lavoro e non si sentono al sicuro. I risutati della rilevazione realizzata da Nomisma al tempo della pandemia

Come sarà la vita dopo la quarantena? È la domanda che più assilla gli italiani rinchiusi a casa. Tra divieti, mascherine, autocertificazioni, i cittadini sognano il vaccino contro il Covid-19 e il ritorno al "prima". È quanto emerge dalla terza uscita dell'Osservatorio “Lockdown. Come e perché sta cambiando le nostre vite”, realizzato da Nomisma in collaborazione con CRIF, che ha misurato la temperatura alle speranze e alle preoccupazioni degli italiani (1000 interviste) al tempo della pandemia.

Nella speranza di avere presto il vaccino, perché questo rappresenta lo snodo essenziale per tornare a una graduale normalità, gli intervistati rivelano il 21% non è uscito mai di casa nelle ultime due settimane, vivendo in un isolamento completo, mentre chi, ha lasciato la propria abitazione almeno 1 volta negli ultimi 15 giorni lo ha fatto per svolgere attività “quotidiane o di necessità”, come fare la spesa (75%), buttare la spazzatura (62%) o per andare a lavoro (30%).

Ma uscire, non è sempre una gioia perché gli italiani non si sentono al sicuro e la preoccupazione di contrarre il virus (25%) è viva, alcuni, forse perché asfissiati dalle mascherine, provano addirittura ansia.

Insomma sembra che la fine del lockdown prevista per il 4 maggio non sia per tutti una buona notizia.

Per il 52% degli intervistati non sono rassicurati dalla possibilità di uscire per svolgere attività non essenziali. A preoccupare di più è l’eventualità di frequentare luoghi chiusi in cui possono crearsi assembramenti e l’idea di prendere i mezzi pubblici spaventa il 41% della popolazione, mentre il 39% ha paura di avere contatti ravvicinati (a meno di un metro) con altre persone. Solo l’8% è totalmente privo di timori riguardo le prime uscite post quarantena.

Secondo lo studio, gli italiani se potessero inviare una lista dei desideri al governo chiederebbero senz'altro la garanzia di una ripartenza sicura e senza ricadute; la distribuzione di mascherine e guanti a tutta la popolazione (86%) e c'è un 81% che è favorevole al tampone “a tappeto” con conseguente “patente di immunità” che permetta la libera circolazione dei soggetti immuni. Il 52% chiede che in tutti i luoghi pubblici siano installati dispenser di gel igienizzante, e il 48 % che comunque vorrebbe mantenere le distanze finché non sarà messo a punto il vaccino. Sono un po' di meno, pari al 38%, quelli che al ristorante vorrebbero trovare i tavoli distanziati da una barriera di plexiglas.

Ma c'è anche chi guarda al presente e chiede all'esecutivo di adottare una comunicazione più efficace (4%) e che sappia spiegare con chiarezza le strategie di uscita che verranno adottate per tornare gradualmente alla normalità.

Intanto, gli italiani costretti all'attesa e incollati alla tv, sono concordi nel riconoscere che in questa guerra al virus il plauso va a medici, infermieri e operatori socio-sanitari che da settimane sono impegnati in prima linea, ma non dimenticano neppure chi lavora nella grande distribuzione (63%) e che ha impedito il blocco totale e poi ci sono farmacisti, rider, corrieri, bancari e tutti gli addetti alle attività essenziali.

Quando il governo saprà rispondere a quel 19 per cento di intervistati che chiede di conoscere il giorno finale della quarantena, sarà il momento di affacciarsi alla finestra e tornare ad applaudire chi non si è risparmiato nella lotta, nonostante l'ansia e la paura, contro un nemico tanto feroce.
 

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