Dal mare alla terra. Dall’Africa al Nord Italia. Dalle epidemie di Ebola e colera a una nuova malattia, sconosciuta per tutti.
Gennaro Giudetti non ci ha pensato due volte a partire. O meglio, questa volta, a restare. A febbraio si trovava sulla nave dell’ong Sea Watch: un salvataggio di migranti in mare, lo sbarco a Messina, una quarantena di 14 giorni al porto, un passaggio a casa, a Taranto. E poi via, ma questa volta, qui. In Italia, al Nord. «Non avrei mai pensato che per una volta sarei andato ad aiutare al Nord anziché al Sud. Ho lavorato in Congo per l’epidemia Ebola. Il nostro Sistema Sanitario è uno dei più avanzati al mondo, eppure c’era bisogno di un supporto: lo stiamo dando». Gennaro lavora con Medici Senza Frontiere (MSF) ed è il tecnico per prevenzione e controllo dell'infezione. Il loro ruolo è di creare zone di filtro e di decontaminazione per tutto il personale che passa dai reparti contaminati.
Ci prendiamo cura dei curanti e, per una volta, non direttamente dei pazienti, come facciamo in tutto il mondo» racconta Chiara Lepora, medico e coordinatrice del progetto MSF tra Lodi, Codogno e Sant’Angelo, le zone più colpite fin dall’esordio dell’emergenza Covid-19 in Italia.
«Il lavoro di prevenzione e controllo sull’infezione serve a far sì che medici, operatori sanitari, chi lavora in ospedale e nelle case di riposo possano tornare a casa sereni, senza aver paura di contaminare familiari a causa del lavoro che svolgono. Insomma, possano stare bene e continuare a dare il loro contributo».
Msf inoltre lavora a fianco dell’Azienda Sanitaria locale per supportare telefonicamente i pazienti positivi a casa che necessitano di essere seguiti, un servizio chiamato Telecovid; porta avanti inoltre campagne di sensibilizzazione per centri Caritas e centri di accoglienza per migranti per provare in tutti i modi a limitare il contagio. «Non ci sono differenze né frontiere tra qui e il resto del mondo: lavoriamo sempre dove c’è più bisogno» conclude Gennaro, orgoglioso di poter dare una mano.
Anche Mediterranea era pronta a partire: l’ong nata per soccorrere i migranti in mare preparava il team per la missione di marzo. Ma a fronte della nuova emergenza i suoi volontari sono rimasti a terra. «Mare o terra non cambia nulla. I nostri medici e infermieri stanno lavorando tutti nell’emergenza Covid», afferma Stefano Caselli, anche lui infermiere, che insieme ai suoi compagni di equipaggio si è subito interrogato sul da farsi. «Abbiamo creato un servizio per il supporto psicologico telefonico per chi trova i numeri nazionali sempre occupati». E così, sono partiti: Mediterranea questa volta è salpata al telefono.
«In quattro settimane si è evoluto il tipo di richieste: i primi dieci giorni le persone chiedevano consigli di carattere medico per proteggersi. Troppe informazioni ansiogene hanno creato bisogno di chiarezza», spiega Francesco Caputo, psicologo di Mediterranea che coopera con i volontari del Laboratorio di Salute Popolare a Bologna.
«In seguito, molte persone private dell’accompagnamento dei centri di salute mentale a causa dell’emergenza, hanno chiesto aiuto. Infine, nell’ultima settimana, chiamano solo persone che hanno vissuto lutti. Coniugi che hanno perso la compagna dopo cinquant’anni di vita insieme. Figli che chiedono come supportare i genitori. Dolore che ha bisogno di un cuore che li ascolti». I loro numeri sono stati diffusi in tutti i canali: anche la rapper Myss Keta li ha condivisi su Instagram. Il servizio è attivo anche per il personale sanitario che ha bisogno di raccontare, condividere, essere ascoltato.
Intanto Emergency ha trasformato la sua sede a Milano in una piccola unità di crisi. «Abbiamo fatto tesoro delle nostre esperienze precedenti nel mondo, mai ci saremmo aspettati di intervenire in Italia per un’epidemia» afferma Rossella Miccio, presidentessa dell’ong fondata da Gino Strada.
A Bergamo, la città più colpita, hanno da poco inaugurato un ospedale da campo interamente dedicato a pazienti Covid, dove il team di Emergency si occuperà di terapia intensiva.
L’altra parte dello staff invece in collaborazione con il Comune di Milano supporta anziani soli, senzatetto, minori stranieri non accompagnati, richiedenti asilo, con progetti sociali e di monitoraggio. «Il nostro messaggio è che siamo tutti uguali nei diritti e quindi per superare insieme questa crisi dobbiamo prenderci cura dei più vulnerabili».
E come nei contesti emergenziali nel mondo, anche in Italia non mancano i momenti di sollievo e speranza. Lo racconta Chiara di MSF: «Un medico di Lodi, tra i primi a essere contagiato, è tornato al lavoro dopo un mese. Non era abituato alla nuova paura: quella di toccarsi. Allora, approfittando della sua temporanea immunità, ha cominciato ad abbracciare colleghi. Una pacca sulla spalla a cui nessuno era più abituato». Insomma, per una volta, il contagio è stato solo di gioia.
Attualità
7 aprile, 2020Sono passate dal mare alla terra. In aiuto di medici, infermieri, senzatetto, malati psichiatrici, persone spaventate o che hanno già vissuto lutti. Sempre senza chiedere passaporti
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