Le Iene, trasmissione Mediaset, ha annunciato uno scoop che rischia di mettere nei guai Claudio Lotito. Il presidente della Ss Lazio, società quotata in borsa, avrebbe sovraffatturato l'acquisto del calciatore argentino Mauro Zarate con il versamento di un commissione abnorme (15 milioni di euro) alla società londinese Pluriel ltd dell'agente italiano Riccardo Petrucchi.
Lotito, impegnato in prima fila sul fronte della ripresa di un campionato che ha visto i suoi biancocelesti protagonisti, ha chiesto tempo per replicare ai cronisti.
Eppure di tempo non gliene è mancato. A luglio del 2013, quasi sette anni fa, l'Espresso pubblicava un articolo dove si leggeva: "Al momento di acquistare il brasiliano Felipe Anderson fifty-fifty dal Santos e dal fondo inglese Doyen Sport, Lotito ha duramente criticato la nuova pestilenza con una verve moralistica che tende a rimuovere le sue due condanne non definitive per Calciopoli e aggiotaggio, oltre ai processi per mobbing avviati da tesserati della Lazio e alla supercommissione (15 milioni di euro) pagata per Mauro Zarate alla società di diritto britannico Pluriel Limited dell'agente italiano Riccardo Petrucchi”.
Questa precisazione non punta a ristabilire quel diritto di precedenza nello scoop che è un gioco autoreferenziale tanto diffuso fra i giornalisti quanto poco interessante per i lettori.
Si tratta piuttosto di capire come mai per sette anni, un tempo sufficiente a prescrivere eventuali reati, nessuno abbia mosso un dito per capire come mai un calciatore con uno stipendio di 7 milioni di euro in cinque anni e una valutazione di acquisto nel 2008 di 2 milioni di euro abbia richiesto una commissione superiore di quasi il doppio.
Proviamo ad approfondire. La notizia della Pluriel era stata data all'Espresso da una fonte molto qualificata dell'Agenzia delle entrate in una fase in cui i cacciatori di evasori avevano messo nel mirino le cosiddette star company, società estere create da agenti e sportivi per ottenere esentasse parte dell'ingaggio sotto forma di contratti di sponsorizzazione e diritti di immagine, come fanno appunto le star dello spettacolo.
Il caso Zarate era laterale rispetto a questa inchiesta che ha portato risultati rilevanti, dalla tennista Flavia Pennetta all'ex attaccante juventino David Trézeguet, da Diego Armando Maradona a mister Fabio Capello, spesso chiusi con accordi transattivi poco o per nulla pubblicizzati.
Ma il caso Zarate era, per certi aspetti, anche più grave rispetto a quelli delle star company perché, data l'enormità della somma in nero rispetto a quella ufficiale, poteva dare adito a sospetti di retrocessione di parte della cifra a chi l'aveva pagata.
La fonte dell'Espresso, più volte sollecitata su eventuali approfondimenti, si era decisa a confessare che l'argomento Lotito era tabù nelle alte gerarchie di via Cristoforo Colombo e che era meglio non insistere se non si aspirava alla rimozione verso la periferia dell'impero.
Naturalmente la fonte dell'Espresso poteva esprimere una semplice impressione personale. Nessuno può sostenere che Lotito fosse intoccabile solo perché era un visitatore abituale della sede centrale dell'Agenzia delle Entrate o perché era molto amico dell'allora direttore Attilio Befera, tifoso sfegatato del club laziale e oggi alla guida dell'organismo di vigilanza (odv) di Atlantia. Bisogna ricordare che le vicende calcistiche di Lotito iniziano proprio dal maxiaccordo del 2005 sul debito Irpef della Lazio di Sergio Cragnotti: 143 milioni di euro diluiti in 23 anni di rate.
Eppure quel versamento da 15 milioni di euro alla Pluriel ltd, reso noto su un giornale ad ampia diffusione nazionale e mai smentito, avrebbe potuto suscitare qualche interesse.
Nulla da fare invece fino alle dichiarazioni alle Iene dell'agente di Zarate, che è stato protagonista di un lungo contenzioso legale con Lotito dopo un inizio molto promettente nella squadra biancoceleste.
E solo adesso, sette anni dopo, il procuratore delle Federazione gioco calcio (Figc) Giuseppe Chinè ha aperto un'inchiesta sul proprietario delle Aquile romane.