La malaria è una delle malattie infettive più antiche della storia umana. Presente almeno dal Neolitico è testimoniata nei testi cinesi di tremila anni fa, in quelli indiani di venticinque secoli fa e nell'Iliade di Omero. Colpiva in Egitto, come è stato possibile osservare dalle milze ingrossate di alcune mummie, inclusa quella del faraone Tutankhamon (1333-1323 a.C.), e in Mesopotamia dove gli astronomi la collegano all'apparizione in cielo di Sirio, la stella del Cane.
Nel V secolo a.C. se ne occupa il padre della medicina, il greco Ippocrate, e in seguito diventerà un'ossessione per i romani circondati dagli stagni malsani dell'agro pontino e romano tanto da essere considerata uno dei fattori della caduta dell'Impero.
È stata la malattia dei banditi e dei latitanti perché creava zone così infette da costituire la migliore difesa per chi sfuggiva la giustizia.
Chiamata febbre autunnale, perniciosa, romana o paludismo, è detta anche terzana – maligna o benigna - oppure quartana, secondo una supposta ricorrenza di attacchi febbrili molto violenti ogni tre oppure ogni quattro giorni. Nella Toscana medievale viene ribattezzata mal'aria o malaria in onore della teoria miasmatica che fino alle soglie dell'età contemporanea la associa alle esalazioni provenienti in particolare dagli stagni costieri.
In realtà, la malaria è una malattia zoonotica cioè si trasmette all'uomo da altre specie animali, come il Cov-Sars-2. All'origine non c'è però un virus Rna o un batterio ma una delle varietà del Plasmodium, un protozoo parassitario presente anche negli uccelli e nelle scimmie che viene diffuso dalle zanzare, in particolare dall'anofele.
Arrivata dal Nordafrica, l'anofele diffonde il plasmodium falciparum, quello della terzana maligna che è la forma più letale. Inizialmente epidemica, la malaria si insedia in modo endemico nei luoghi che garantiscano all'anofele un habitat confortevole, ricco di depositi di acqua stagnante dove le zanzare proliferano con milioni di larve.
La malaria ha infestato e infesta gran parte del mondo. Questa è una breve storia di come è stato debellato il morbo in Sardegna.
Antefatto
A partire dai secoli VII-VI avanti Cristo, Cartagine, una colonia fenicia nata sul territorio dell'odierna Tunisia, inizia a espandersi verso Nord nel bacino del Mediterraneo sulle rotte tracciate dai suoi fondatori, arrivati da Tiro (Libano).
I cartaginesi, che si espanderanno fino a essere la maggiore potenza marittima prima dei Romani, invadono la Sardegna.
È tutt'altro che una passeggiata perché le popolazioni sardo-nuragiche impegnano in due guerre la città-stato africana che deve limitarsi a un'influenza commerciale attraverso i suoi avamposti (Cagliari, Nora, Tharros).
Con gli eserciti invasori arriva anche l'anofele. La zanzara inizia una convivenza mortale con l'uomo destinata a durare fino al secolo scorso e a cambiare faccia alla seconda isola più grande del Mare nostrum.
Età moderna
La vocazione agricolo-pastorale della Sardegna coincide con un'opera di deforestazione e di abbandono della linea costiera che favorisce la diffusione dell'anofele.
Nei testamenti i figli minori sono quelli che ereditano le terre vicino al mare, le stesse che diventeranno una sorgente di ricchezza a partire dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Le spiagge fra le più belle del Mediterraneo e gli stagni naturali dove svernano i trampolieri sono luoghi di morte per chi osa avvicinarsi.
Il disboscamento continua a ritmo accelerato in età moderna quando l'Isola dei quattro mori diventa il principale fornitore di legno da traversine per le ferrovie che si sviluppano in continente e molto meno in Sardegna, proprio per la difficoltà di organizzare lavori nelle zone paludose.
Dopo l'Unità d'Italia il senatore e ministro dell'Agricoltura (1864-1865) Luigi Torelli, valtellinese ex combattente delle Cinque giornate di Milano, inizia a occuparsi della malaria e delle bonifiche nelle aree a maggior rischio. Sono anni in cui i morti causati dal Plasmodium falciparum in Sardegna sono duemila all'anno in media. Nell'isola, dove vive un italiano su quaranta, c'è un morto su cinque del totale nazionale.
Torelli prende a cuore l'endemia e nel 1882, a 72 anni, pubblica la Carta illustrata della malaria in Italia. Le zone rosse dell'isola occupano gran parte dei 1849 chilometri di costa ma anche aree interne. Il cagliaritano, l'alto Campidano, la bassa Gallura, la Nurra (Alghero-Sassari) sono le zone più infestate. Alla fine dell'Ottocento, la malaria è presente in 316 comuni della regione su 364 (87%).
L'intervento della scienza
Ma i tentativi di bonifica vanno a vuoto. Solo in quegli anni la biologia e la medicina iniziano a dare indicazioni più precise dopo migliaia di anni di strage.
Nel 1880 il medico francese Alphonse Laveran, Nobel nel 1907, scopre il parassita responsabile delle febbri. Nel 1885 il bresciano Camillo Golgi (Nobel 1906) inizia i suoi studi sul ciclo del plasmodium nel sangue. Nel 1897-1898 il britannico Ronald Ross e l'italiano Giovanni Grassi arrivano contemporaneamente a scoprire il parassita nell'anofele, che lo succhia dall'uomo e lo inietta ad altri uomini.
Grassi e Ross diventano rivali per il primato in un crescendo polemico che sfiora l'incidente internazionale e che si concluderà con il Nobel a Ross nel 1902.
Si muove anche lo Stato italiano che nel 1884 inizia la bonifica dell'Agro romano con la manodopera ravennate che riporterà alla luce Ostia antica. Nel 1895 è messo in vendita nelle tabaccherie a prezzo politico il chinino. L'estratto della corteccia di Cinchona, albero originario del Perù che dal Seicento è l'unico argine efficace a terzana e quartana, viene prodotto dai Monopoli a Torino. La sua diffusione dimezza in un decennio i 16 mila morti del 1895.
L'età delle bonifiche
Nel 1924 Benito Mussolini rilancia il tentativo di estirpare la malaria attraverso la bonifica idraulica, ottimamente raccontata da Canale Mussolini di Antonio Pennacchi. Le terre bonificate intorno a Littoria (Latina) vengono assegnate ai contadini veneti e romagnoli.
Anche in Sardegna c'è un tentativo di bonifica meno pubblicizzato perché meno efficace che lascia traccia con la fondazione di Mussolinia (oggi Arborea in provincia di Oristano) abitata dai coloni veneti e di Fertilia nel sassarese con i coloni ferraresi.
Arrivano novità importanti anche dagli studi chimici. Nel 1934 in Germania la Bayer sintetizza la clorochina, potente antimalarico applicato anche nella terapia contro il Covid-19.
Nel 1939 il chimico svizzero Paul Müller, in servizio ai laboratori Geigy, scopre i poteri insetticidi del diclorodifeniltricloroetano o Ddt.
L'invenzione di Müller (Nobel nel 1948) attraversa subito l'Atlantico e diventa lo strumento principale per il programma di lotta alla malaria in Brasile della Rockfeller foundation, creata dalla famiglia proprietaria della Standard Oil.
L'intervento nel paese sudamericano passa per l'uso combinato di insetticidi in due fasi. Nella prima vengono aggredite le zanzare con disinfestanti a base di piretro. Nella seconda fase il Ddt distrugge le larve.
Alla fine del biennio 1939-1940, quando gli Usa non sono ancora in guerra con l'Asse, la Fondazione Rockfeller annuncia lo sradicamento della malaria dal Brasile con grande gioia dell'industria statunitense che trova maggiori possibilità di sviluppo nel gigante sudamericano.
Sardinia Project
Dopo l'attacco giapponese del 7 dicembre 1941 a Pearl Harbor, gli Usa fanno conoscenza con avversari militari temibili sul fronte del Pacifico meridionale. Su quel fronte c'è un nemico in più. È la malaria che infetta centinaia di migliaia di soldati.
Per l'esercito di Washington il chinino diventa una dotazione essenziale quanto le munizioni finché nel 1942 i giapponesi strappano agli olandesi l'isola di Giava, maggiore produttore, e costringono le truppe di Roosevelt a servirsi di farmaci di sintesi: la clorochina e la quinacrina.
Alla fine della guerra, la Fondazione Rockfeller ha un nuovo obiettivo sanitario e geopolitico. In collaborazione con il governo dell'Italia repubblicana, con l'Eca, la finanziaria del piano Marshall, con l'Erlaas (l'ente sardo per la lotta all'anofele) e l'Unrra, l'agenzia Onu per la ricostruzione, viene lanciato il Sardinia Project con lo slogan “today Sardinia, tomorrow the world”.
Oltre all'obiettivo umanitario, gli Stati Uniti hanno inquadrato la Sardegna come punto d'appoggio strategico nel Mediterraneo anche se l'isola era rimasta ai margini nell'ultima fase della Seconda guerra mondiale e le forze tedesche della 90 Panzer Division avevano abbandonato l'area il 17 settembre 1943, nove giorni dopo l'armistizio.
A gennaio del 1944, con l'isola liberata dai nazifascisti, viene nominato commissario governativo il generale Pietro Pinna Parpaglia che rimarrà in carica anche dopo la fine della guerra.
Nello stesso anno l'esercito Usa fa i suoi primi test a base di Ddt nell'agro romano, alla foce del Tevere, e più a sud verso la zona pontina, a Castel Volturno. Sono esperimenti di breve durata perché la guerra contro la Wehrmacht infuria.
Il Sardinia Project è avviato nel 1946, l'anno dopo l'armistizio, con la doppia fase (zanzare prima, larve poi) già sperimentata in Brasile. I finanziamenti sono considerevoli, nell'ordine di qualche decina di miliardi di euro, attualizzati ai valori di oggi.
Il generale e commissario Pinna Parpaglia è affiancato dal malariologo Alberto Missiroli dell'Istituto superiore di sanità (Iss).
La campagna antimalarica, documentata dal fotografo Wolf Suschitzky, dura cinque anni contro i due impiegati in Brasile su un'area molto più ampia. Fra le difficoltà ci sono le prime avvisaglie degli effetti collaterali sull'ambiente e sugli esseri umani del Ddt, che negli anni del dopoguerra viene impiegato dovunque in Italia e quantità enormi.
A rallentare i lavori contribuiscono i banditi sardi che si vedono sottrarre terreni un tempo inaccessibili e che rapinano spesso i mezzi di carico e i portavalori dell'Erlaas.
Nel 1951 la Rockefeller Foundation dichiara estirpata la malaria dalla Sardegna.
Un anno dopo accade un fatto destinato a rimanere ignoto al pubblico fino alla metà degli anni Ottanta.
Nel 1952 il generale Ettore Musco viene nominato alla guida del Sifar, il servizio segreto unico della Repubblica. L'ufficiale è l'animatore dell'Armata italiana della libertà, nata pochi anni prima nel contesto della Guerra fredda e in funzione anticomunista.
Nel 1953 Musco e due soci iniziano a rallestrare i terreni nella zona di Torre Poglina a sud di Alghero, in una zona che nella mappa della malaria del senatore Torelli era segnata con un rosso acceso.
È un'operazione riservatissima condotta su disposizione della Cia che finanzia e realizza su quei terreni la base militare segreta di Capo Marrargiu. Se ne farà cenno a proposito dei 731 “enucleandi” del Piano Solo (1964), il golpe tentato dal generale Giovanni De Lorenzo, successore e rivale di Musco.
Nel 1985 si saprà che la base è il punto di riferimento operativo dell'organizzazione Stay behind meglio nota come Gladio.
Vittime illustri
La malaria vanta un elenco di vittime illustri che ha pochi rivali fra le malattie infettive. Il primo e forse il più famoso che soccombe alle febbri è Alessandro il Macedone (323 a.C), anche se esistono varie ipotesi sulla causa del suo decesso a soli 33 anni sulle rive dell'Eufrate.
La presenza dell'infezione nei dintorni di Roma, dove falcidia i pellegrini arrivati dalle consolari e dalla Francigena, ne fa una sterminatrice di papi, molti dei quali convinti dai medici che l'aglio e il vino siano rimedi efficace.
Muoiono Innocenzo III (1216), organizzatore della crociata contro catari e albigesi, Leone X de' Medici (1521), il papa delle indulgenze, di Martin Lutero e di Niccolò Machiavelli. Nel 1590 muoiono prima Sisto V, che aveva tentato una bonifica delle paludi pontine, e poi il suo successore Urbano VII, che conserva l'infelice record del pontificato più breve della storia (12 giorni).
Nel 1558 la terzana uccide Carlo V, monarca asburgico alla guida del Sacro Romano Impero.
Muore di malaria durante il suo esilio a Ravenna il più grande poeta italiano, Dante Alighieri (1321). Non lontano, a Mandriole, l'anofele che infesta il delta del Po e le valli di Comacchio uccide a 27 anni Anita Garibaldi (1849), la moglie brasiliana dell'Eroe dei due mondi che sta fuggendo dal disastro della Repubblica romana. È un dramma storico-sentimentale che segna l'epopea dell'unificazione d'Italia.
Sessant'anni fa, il 2 gennaio 1960, i giornali raccontano la tragedia di un altro eroe popolare. Si spegne in pochi giorni Fausto Coppi, il più grande ciclista italiano.
Il 13 dicembre 1959 il “campionissimo” è andato in Africa per correre il criterium dell'Alto Volta (oggi Burkina Faso). Coppi, che corre per una squadra diretta dall'amico-rivale Gino Bartali, ha 40 anni e ha già annunciato il ritiro a fine stagione.
Alla fine della gara, vinta da Jacques Anquetil, Coppi si ritira nella stanza d'albergo dove dorme con il compagno Raphäel Géminiani. Anche l'italofrancese contrae la malaria quella notte ma a Parigi se ne accorgono e lo ricoverano immediatamente. Coppi non accusa grandi sintomi fino a dopo Natale, quando è costretto a letto dalla febbre altissima.
Quando Géminiani si sveglia, dopo otto giorni di coma il 5 gennaio, il suo capitano è già morto.
La lotta continua
Cinque anni prima, nel 1955, mentre Coppi dà scandalo ai bigotti per la sua relazione adulterina con la “Dama Bianca”, l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms-Who) lancia la campagna mondiale definitiva contro la malaria. Nel 1969 deve annunciare la rinuncia alla vittoria su scala globale ma nel 1970 dichiara la Sardegna libera dalla febbre delle paludi.
Oggi la battaglia contro la malaria è tutt'altro che finita. Il morbo si è concentrato nelle zone più povere dell'Africa, con effetti disastrosi.
I dati più aggiornati dell'Oms risalgono al 2018. I casi di malaria nel mondo sono stati 228 milioni contro 3,3 milioni di casi di Covid-19 a oggi. I morti causati dal Plasmodium sono 405 mila e il 2018 è andato quasi bene rispetto a punte di 600 mila morti annuali.
Il 93% dei casi e il 94% dei decessi sono avvenuti in Africa. Al contrario di quanto accade con il Corona virus, il 67% dei morti (272 mila) sono bambini al di sotto di cinque anni.
Dopo essersi immunizzata al Ddt, l'anofele ha mostrato capacità straordinarie di immunizzarsi ai farmaci. Il resto lo fa povertà.
Lavoro27.08.2010
La lunga protesta dell'Asinara