Palazzo Pinnarò è stato il cuore pulsante della battaglia per il recupero del borgo. Adesso però il Comune ha dato mandato ai legali per tentare di acquisire l'immobile, facendo causa non solo agli attuali proprietari - l'associazione "Città futura" - ma anche all'Unicef che ne aveva ereditato una porzione

L’ultimo attacco al modello Riace di Mimmo Lucano arriva con un atto di citazione civile. Obiettivo, l’associazione “Città Futura”, cuore di quel sistema di accoglienza e integrazione nato nella Locride e divenuto modello nel mondo, che l’amministrazione a trazione leghista del sindaco Antonio Trifoli spera di lasciare senza casa. Per il Comune, Palazzo Pinnarò, l’edificio del borgo antico in cui l’associazione fin dalla nascita ha messo radici, deve tornare in mani pubbliche.

Per questo, il Comune ha citato in giudizio Città Futura che nel 2019 lì ha acquistato un appartamento, Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia che glielo ha venduto, la Soprintendenza dei Beni storici e Artistici, a “colpevole” di non aver vigilato sulla procedura e per non sbagliare anche il ministero. A detta della Giunta Trifoli, hanno sbagliato tutti la procedura. Anche l’amministrazione – sostiene – avrebbe dovuto essere interpellata e messa in condizioni “di esercitare il proprio diritto di prelazione” sull’acquisto dell’immobile di interesse storico- artistico, dunque sottoposto a vincolo.

Peccato che il Comune non avesse neanche i fondi necessari, perché da tempo in dissesto. “E poi la norma non prevede che venga consultato, a meno che il ministero non decida altrimenti - dice l’avvocato Andrea D’Aqua, che assiste Città Futura - e all’amministrazione lo abbiamo anche spiegato”. È successo a dicembre, quando è arrivata una prima diffida all’associazione e all’Unicef, che da poco avevano avviato le pratiche per la compravendita del primo piano di Palazzo Pinnarò. Prezzo stabilito, 40mila euro. Una cifra irrisoria anche per il mercato immobiliare di Riace, dove i prezzi delle case non sono certo da capogiro, ma necessaria perché statuto, l’agenzia delle Nazioni Unite non può né affittare né donare gli spazi immobiliari. E un sospiro di sollievo per Città futura che solo qualche mese prima aveva ricevuto lo sfratto dall’appartamento al piano superiore dello stesso immobile, per morosità e attriti arretrati con il proprietario.
Il caso
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A restituire un tetto nel medesimo palazzo all’associazione, una raccolta fondi coordinata da Recol, la Rete dei Comuni solidali e Banca Etica, e l’Unicef, che ha ricevuto in donazione dall’antico proprietario il primo piano del palazzo e ha deciso di cederlo a Città Futura, anche per gli anni di impegno a tutela dei minori migranti arrivati al borgo. “Come da procedura, prima di perfezionare la vendita, il notaio ha trasmesso gli atti al ministero che avrebbe dovuto esprimersi entro 60 giorni, ma non l’ha mai fatto. In questo caso, vale il silenzio assenso”. E neanche dopo sono arrivate rimostranze al riguardo.

Una spiegazione che al Comune non è bastata, se è vero che qualche giorno dopo, nel corso della riunione di Giunta, si decide di passare alle azioni legali sostenendo che “l’atto di compravendita è nullo” perché il Comune, che fino ad allora mai si era interessato alle sorti dello storico palazzotto di Riace “non ha ricevuto alcuna comunicazione dell’avvenuto trasferimento”.

Il sindaco e il suo assessore Teresa Gervasi non aspettano neanche che anche il vicesindaco sia presente alla riunione di Giunta. Deliberano subito non solo di andare in giudizio, ma anche di affidare l’incarico di rappresentare il Comune all’avvocato Andrea Lollo, lo stesso professionista scelto dal sindaco come legale di fiducia nella causa civile per ineleggibilità.

Per il Tribunale di Locri, Trifoli non avrebbe neanche potuto essere eletto perché da dipendente a tempo determinato del Comune di Riace non aveva possibilità di chiedere l’aspettativa per motivi elettorali. Risultato, nel novembre scorso è stato dichiarato decaduto, salvo poi tornare in carica quando ha presentato appello contro quella sentenza. Un procedimento che grava sulle casse dell’amministrazione, in giudizio schierata a difesa del suo sindaco. Cause su cause, spese su spese, a cui adesso se ne aggiunge una ulteriore per Palazzo Pinnarò.  
“Abbiamo scoperto questa delibera di recente – dice Maria Spanò, ex assessore di Mimmo Lucano, oggi all’opposizione – Non è mai stata portata in Consiglio comunale per la discussione, non è mai stata neanche menzionata. E non possiamo che leggerla come strumentale. Cosa se ne fa un’amministrazione in dissesto di un appartamento all’interno di un palazzo storico, per metà ancora in mano ad un privato? Per altro, il Comune è già proprietario di un altro edificio di pregio a pochi passi da Palazzo Pinnarò, ma la Giunta Trifoli non ha mai fatto nulla per ristrutturarlo e metterlo a disposizione della comunità. Perché acquisirne un altro? E con quali fondi se è in dissesto?». Domande a cui la Giunta potrebbe trovarsi a rispondere in Consiglio comunale, a meno che non sia il tribunale a determinarsi prima ancora che venga convocata la prossima seduta.

“Ormai l’amministrazione Trifoli è al potere da un anno – commenta Mimmo Lucano – Forse sono rimasti spiazzati dal calo della Lega, magari speravano di ottenere finanziamenti grazie ad una linea diretta con Roma, non so. Di certo, dalla rimozione dei cartelli “Riace paese dell’accoglienza” alla minaccia di cancellare i murales, sembra esserci più un intento a distruggere quello che è stato piuttosto che a costruire qualcosa”.