Il paradosso di un gruppo di connazionali bloccati in Oman non dal Covid ma dalla burocrazia. Essendo iscritti al registro Aire non possono rientrare. Chi invece è nelle loro stesse condizioni ma ha mantenuto la residenza in Italia può viaggiare senza problemi
In questi mesi ci siamo abituati a considerare il Covid il nemico numero uno. Ma, quando a questo si aggiunge la burocrazia, la situazione non può che peggiorare. È quello che ha scoperto un gruppo di almeno quindici connazionali attualmente bloccato in Oman, non dal Covid ma da un problema burocratico. Tra loro c'è anche la bresciana Mara Galeazzi, prima ballerina del Royal Ballet di Londra. Sono tutti residenti in Oman e hanno visto sfumare da un giorno all'altro la possibilità di tornare in Italia. La vicenda è paradossale e riguarda persone che, a fronte di una stessa cittadinanza stanno ricevendo un diverso trattamento. Il discrimine:
l'iscrizione o meno a un registro.
Il 9 luglio il ministro della Salute Roberto Speranza ha emanato un'ordinanza che vieta l'ingresso in Italia fino al 31 luglio a chi, nei 14 giorni antecedenti, abbia soggiornato o transitato per alcuni Paesi ritenuti a rischio. A oggi nella lista nera ci sono sedici Stati, tra cui anche l'Oman. Il decreto prevede l'eccezione per i cittadini italiani fuori confine, ma solo "a condizione che siano residenti anagraficamente in Italia da data anteriore al 9 luglio 2020".
Dunque sì al rientro per gli italiani che si trovavano temporaneamente nel Sultanato o che pur residenti lì non erano iscritti all'anagrafe consolare, stop per chi risulta residente in Oman perché regolarmente iscritto all'Aire, il registro degli italiani residenti all'estero.
Tra questi c'è una coppia veneta, Maria Ianesi e Herbert Steele, che vive nella capitale Muscat da sei anni. Entrambi lavorano alla Royal Opera House di Muscat, in un team internazionale di cui fanno parte altri colleghi italiani. Dal 2015 sono iscritti all'Aire ma ora, proprio per questo, non possono rientrare in Italia nonostante la difficile congiuntura sanitaria ed economica dovuta al Covid, che non ha risparmiato neppure la ricca monarchia del Golfo.
Sono quasi 400 gli italiani iscritti all'Aire e residenti in Oman, molti hanno perso il lavoro a causa del Covid ma sono rimasti bloccati nel Paese dove sono tuttora in vigore le disposizioni sulla chiusura delle scuole, il divieto di incontri sociali ed eventi compresi funerali e matrimoni. Solo dal 24 giugno 2020 le autorità omanite hanno autorizzato la parziale apertura di alcune attività commerciali.
La situazione, con il crollo del prezzo del petrolio e la chiusura delle attività a seguito del lockdown, ha portato anche la ROHM a mettere molti dipendenti, compresi Maria e Herbert, in cassa integrazione a partire da luglio. Lo stesso ente concertistico aveva prenotato con largo anticipo e messo a disposizione della coppia due biglietti aerei con scalo a Francoforte, datati 12 luglio, per consentire il loro rientro in Italia.
Il 9 luglio però arriva il decreto Speranza e, a tre giorni dalla partenza, i due si ritrovano sospesi nell'incertezza. Alla ricerca di una soluzione
il giorno successivo si recano in ambasciata senza però ricevere informazioni certe fino a sera, quando l'ufficio conferma il blocco dei voli. La stessa ambasciata l'11 richiede alla Farnesina un permesso speciale per lasciarli partire, che però alla fine verrà negato.
Stesso amaro epilogo per Mara Galeazzi, residente in Oman dal 2013 con il marito, pure lui dipendente del ROHM e la figlia di otto anni. Anche lei non ha potuto prendere il volo del 12 luglio, prenotato non appena riaperto l'aeroporto di Muscat per poter tornare il prima possibile a casa. Infatti a Brescia la sua famiglia ancora la aspetta per poter celebrare i funerali del padre, morto per Covid a metà marzo. Ora la danzatrice si chiede quando tornerà a casa e spera in un aiuto dalle istituzioni: «Sono una cittadina italiana e sono sempre stata orgogliosa del mio Paese. Chiedo al governo di darci una mano, dovrei aver il diritto di tornare dai miei familiari, soprattutto in questo momento».
La frustrazione del gruppo di connazionali deriva dal non riuscire a capire il motivo per cui un cittadino italiano Aire, pur seguendo le stesse procedure e regole di altri cittadini italiani (non Aire) non possa tornare nel proprio Paese.
«Il mio viaggio era preparato nei minimi dettagli, per seguire le regole, quarantena inclusa, per non essere causa di rischio per gli altri» spiega all'Espresso Ianesi, «da come il governo italiano mi ha trattata in questo frangente mi sento una cittadina di serie C». Lei e il compagno si sentono abbandonati in un limbo, anche perché agli iscritti Aire non è consentito tornare in Italia, ma solo dall'Italia è possibile cancellarsi dalla lista dei residenti all'estero.
«A partire dal 29 aprile, l'Ambasciata ha organizzato in coordinamento con le rappresentanze europee 11 voli speciali, con cui sono rientrati in Italia 106 connazionali» chiariscono fonti della Farnesina.
Chi però, tra gli italiani registrati all'Aire, non era ancora rientrato nei mesi precedenti, ormai non potrà lasciare la penisola arabica almeno fino a fine mese, salvo ulteriori proroghe.
Intanto la situazione sanitaria nel sultanato peggiora di giorno in giorno. Dalla Farnesina assicurano che l'ufficio consolare ha continuato a mandare «regolari aggiornamenti a tutti i connazionali sull'evoluzione della crisi in Oman, indicato un medico italofono disponibile ad aiutare nel reperimento di medicinali e ad indirizzare su specialisti». Nonostante le rassicurazioni resta il fatto che i numeri dei contagi sono in crescita, attualmente oltre più di 22 mila con in media 1.500 contagi in più al giorno e che i posti liberi nelle terapie intensive diminuiscono costantemente.