Diplomazia
La spia russa torna a casa: Alfonso Bonafede si schiera con Vladimir Putin
Il governo italiano decide di restituire al Cremlino il magnate accusato dall’Fbi di spionaggio. Salvandolo per sempre dall'essere consegnato nelle mani degli Usa
Nella spy story tra affari milionari e interessi strategici raccontata da l'Espresso e che ha portato Washington e Mosca ai ferri corti, il ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha scelto di schierarsi con Vladimir Putin. Alexander Yuryevich Korshunov, il magnate accusato dall’Fbi di spionaggio, torna a casa. Imbarcato nel bel mezzo delle vacanze estive all'aeroporto di Fiumicino, restituito al Cremlino e salvato per sempre dall'essere consegnato nelle mani del nemico, ossia gli Usa.
Per gli americani Korshunov, direttore dello sviluppo aziendale di Odk, una società della Federazione russa specializzata nella progettazione e produzione di motori per l’aviazione militare e civile, è colpevole di spionaggio. Avrebbe rubato documenti preziosi alla concorrente General Electric Aviation e per questo, quando un anno fa la nostra polizia di Frontiera l’ha intercettato all’aeroporto di Capodichino, è scattato l’arresto e la richiesta di estradizione.
I federali gli stavano dietro da almeno sei anni. Korshunov magnate russo, formato nel Svr, i servizi segreti esteri, con tanto di medaglia “per merito della patria”, avrebbe messo gli occhi su un riduttore fondamentale per il programma industriale russo che prevede la costruzione di un propulsore innovativo a basso impatto ambientale destinato ai velivoli civili da trasporto.
Secondo l’accusa, l’ha ottenuto violando i segreti della controllata italiana di GE Avio Aero grazie alla complicità di un ex dirigente Maurizio Paolo Bianchi. Odk fa parte del colosso statale delle armi Rosetec, la punta avanzata dell'hi-tech russo e la fucina delle esportazioni più ricche, e quel riduttore è uno strumento vitale tanto che Vladimir Putin si è infuriato per l’arresto del manager che conosce dai tempi dei servizi segreti. Ha ipotizzato “ripercussioni sui rapporti bilaterali” e fatto pressioni affinché Roma negasse l’estradizione negli Usa. E così ecco la sua contromossa: ha proposto di riportarlo a casa seppur come imputato, contestandogli di aver sperperato un’ingente somma di denaro per consulenze definite “di nessun valore”. Un atto di accusa che assomiglia a una scialuppa di salvataggio.
Nonostante i giudici italiani abbiano stabilito che non ci siano ragioni per negare l’estradizione negli Usa e la Cassazione si sia limitata a rimandare la decisione al ministro della Giustizia, alla fine il governo italiano ha scelto di rispedirlo a Mosca.
Salvato da Bonafede che dovrà vedersela con la Casa Bianca che attendeva il verdetto non solo sulla base della collaborazione giudiziaria ma anche come un gesto politico: una prova di fedeltà atlantica.
Secondo fonti di via Arenula: “si è trattato, di fronte a domande concorrenti di estradizione, di una scelta basata esclusivamente su criteri tecnici come la nazionalità dell’estradando, il consenso espresso, la gravità dei reati contestati. Infine tempo e luogo del presunto reato: i fatti contestati dalla Federazione Russa sarebbero stati commessi in Russia in un periodo antecedente rispetto a quanto contestato dalle autorità statunitensi”.
E se Kornushov tira un sospiro di sollievo, ora a temere è il suo presunto complice Bianchi che rischia di fare il vaso di coccio tra quelli di ferro. Il manager giura di non aver commesso illeciti, ma è ancora in attesa della decisione della Corte d’Appello di Roma e corre il rischio di finire in un carcere oltreoceano a scontare una pena esemplare, mentre in Italia se la caverebbe al massimo con due anni di reclusione.