Attacco all'aborto: nella bozza di risoluzione di cui siamo venuti in possesso, l'assessore Maurizio Marrone chiede l'attivazione di progetti nei consultori per aiutare le maternità difficili dopo la nascita. Quindi finanziamenti alla galassia dei movimenti direttamente dalla Regione, senza controllo e con personale non formato all’interno dei contesti sanitari

Con la riapertura della stagione venatoria si è anche riaperta la stagione di caccia sul corpo delle donne e dei loro diritti. Ovviamente gli attori protagonisti, tutti maschi, da decenni ripetono lo stesso copione che parte dalla piena applicazione della Legge 194 e finisce per mettere le mani e le delibere sui diritti delle donne e per finanziare il Movimenti Provita.

Protagonista questa volta è Maurizio Marrone, assessore della Regione Piemonte ai rapporti con il Consiglio regionale, Delegificazione e semplificazione dei percorsi amministrativi, Affari legali e Contenzioso, Emigrazione, Cooperazione internazionale e Post olimpico, insomma l'ambizioso esponente di Fratelli d’Italia che, come anticipato qualche settimana fa , sta tentando di schierare la Regione a capofila contro le nuove linee guida del ministero della Salute che allargano le maglie dell'accesso alla pillola abortiva Ru486, consentendo fra l'altro la somministrazione in Day hospital.




Il Piemonte, secondo l’esponente del partito di Giorgia Meloni, dovrebbe quindi diventare un laboratorio sanitario simile alla Russia di Putin, dove per le donne è sempre più difficile abortire a causa di una legislazione via via resa impervia da leggi e delibere come quella proposta in queste ore agli alleati di coalizione.

Il documento riservato di cui siamo venuti in possesso, che rappresenta una bozza di risoluzione scritta dagli uffici dell’assessorato di Maurizio Marrone, mescola alcuni dati scientifici collocati fuori contesto, con la proposta di misure che vanno nel verso opposto a che richiederebbe una corretta applicazione della legge 194 (obiettivo pur invocato). Così, accanto al neutro dato ISTAT  secondo cui «nel 3,5% dei casi di utilizzo di mifepristone e prostaglandine sono state riportate complicanze immediate, mentre nel 2,4% dei casi è stato necessario ricorrere ad isterosuzione o alla revisione della cavità uterina per terminare l’intervento di interruzione volontaria di gravidanza»; accanto al dato che «nel 2018 hanno fatto ricorso all’aborto farmacologico 2996 donne in Piemonte, con una potenziale trasposizione statistica ogni anno di oltre 100 pazienti con complicanze immediate e oltre 70 con necessità di intervento chirurgico successivo»; ecco accanto a questi dati peraltro comuni in letteratura scientifica, in tutti gli interventi ambulatoriali in Day Hospital o di somministrazioni farmaceutiche controllate, la risoluzione colloca un elemento politico inequivocabile, ovvero che per far rispettare la legge 194 e garantire un accesso più sano e consapevole alla somministrazione, secondo Fratelli d'Italia non servono meno medici obiettori di coscienza negli ospedali (come più volte richiesto dalle istituzioni europee), ma più soldi alle associazioni pro-life.
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Recita infatti la bozza della risoluzione che per fare fronte ad eventuali problemi di natura sanitaria servirebbe «l’attivazione di convenzioni per progetti di collaborazione volontaria all’interno della rete piemontese dei consultori con idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita - in attuazione dell’art. 2 lett. d) della legge summenzionata - quali, a titolo esemplificativo il Progetto Gemma avviato da Movimento per la vita e Centri di aiuto alla vita (CAV) con aiuto economico alle mamme in difficoltà mediante adozione prenatale a distanza oppure il servizio informativo SOS Vita etc». Insomma per Maurizio Marrone e Fratelli d’Italia il punto non è tutelare la salute delle donne, ma dare soldi alla galassia dei movimenti pro-vita: soldi che dovrebbero arrivare direttamente dalla Regione, senza alcun tipo di controllo, immettendo personale non formato all’interno di contesti sanitari delicati.

La bozza delle mozione rivela infatti l’intento originario di minare sempre di più la stessa legge 194 che Marrone e i suoi colleghi di partito nelle premesse difendono, una legge che in Piemonte così come nel resto d’Italia vive una situazione di congestione di specifici poli ospedalieri che hanno un numero assai ristretto di medici obiettori. La mossa di Marrone, che esula dalle sue competenze di giunta e tira in mezzo all’avvocatura istituzionale appare quindi una forzatura istituzionale senza precedenti: l’assessore competente Genesio Icardi della Lega si è visto scavalcare su una materia così complessa in poche mosse, segno del potere di azione sempre più pervasivo di cui l’esponente di Fratelli d’Italia dispone dopo il suo ingresso in giunta.

Un provvedimento che inoltre vede non solo la netta contrarietà delle associazioni pro-choice, ma anche tantissimi operatori della sanità già gravati da una gestione regionale poco oculata dell’emergenza Covid e in prospettiva a rischio congestione dei reparti in prossimità della temuta seconda onda invernale del virus.

In molti nei corridoi della Regione Piemonte in queste ore si chiedono se questa partita giocata in autonomia da Marrone non sia anche la premessa per un rimpasto di giunta dopo le elezioni regionali dove le deleghe dell’uomo di Giorgia Meloni, che come abbiamo visto appaiono fumose, vaghe e senza portafogli di spesa importanti, possano portare a casa alcuni asset strategici che permettano di mettere a frutto le tante “sinergie” internazionali con la Russia.

Una ricerca di visibilità da parte dell’ultra destra che il consigliere regionale di Leu Marco Grimaldi definisce «patologica»: «Questo atto, come tutta la loro battaglia contro la Ru486, è oscurantista e antiscientifico: con una mano finanzia associazioni pro-vita, e con l'altra impedisce l'esercizio di un diritto alle donne della nostra regione, togliendo loro la possibilità di affidarsi a una rete capillare di consultori in cui il metodo farmacologico è trattato con il massimo della professionalità».

Chissà se dopo aver interpretato il ruolo di sentinella in piedi, di guerrigliero del Donbass, di ambasciatore fake, di severo militante e consigliere nazionalista, di assessore alla Sanità in questa occasione, ritroveremo nei prossimi mesi Maurizio Marrone nei panni del "Professor Guido Tersilli, primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue”, in una narrazione che lo avvicina più a Matteo Salvini che a Giorgia Meloni: lei, infatti, memore della tradizione almirantiana, ha solo una parte mai recitata in commedia.