«Quello che è possibile fare per la società, bisogna farlo. È poco? Bisogna farlo». Sono le parole di Emanuele Macaluso, uomo di sinistra, dei diritti, delle battaglie per la giustizia sociale. Questa la sua eredità, il gomitolo rosso che ci ha lasciato in dono: fare, dire, parlare, agire, soprattutto quando il mondo non si muove nella direzione giusta.
Patrick Zaki è un attivista e ricercatore dell’università di Bologna, da quasi un anno è detenuto in Egitto per «propaganda sovversiva». Ha ventotto anni: potrebbe essere mio fratello. Dalla sua cella del carcere di Tora oggi scrive: voglio solo tornare a studiare. È costretto ad un esercizio di lontananza ingiusto e terribile, i suoi diritti fondamentali sono stati negati, la sua libertà violentemente demolita. In Egitto oggi ci sono 60 mila detenuti politici: è lo stesso Paese dal quale Giulio Regeni non è più tornato.
Ecco, io vorrei provare a sfruttare la mia voce, qui ed ora, per amplificare la loro. È poco?
Filtra una luce dalla finestra, danza timida fra le mura fredde. Anzi: c’è luce, lì dove sei, fratello Patrick? Vorrei tanto dirti che non sei solo, che in tanti non ti abbiamo dimenticato. E vorrei anche donarti un po’ di questo chiarore che illumina il mio mondo: vorrei che io e te avessimo davvero gli stessi diritti, che tu potessi sentire il profumo di questo fiore, libertà, che provo a coltivare ancora, annaffiandolo di inchiostro. Allora affido alle stelle di questa notte dolce e chiara e senza vento, a queste stelle che scivolano nel cielo che ci unisce in un unico abbraccio, la mia laica preghiera di futuro per te: che tu possa presto tornare nella tua amata Bologna.
Per quel che conta, se qualcosa resta, vorrei che ci fossero luce e speranza per Patrick, e gesti concreti: il blocco della fornitura di armi all’Egitto, l’interruzione degli scambi commerciali o il ritiro dell’ambasciatore. Per riportarlo a casa, e allo stesso tempo per onorare la memoria di Giulio Regeni, per il quale chiedo, con la mia timida voce, verità - oggi e sempre, finché giustizia non sarà fatta. Perché, come ha detto Luigi Manconi durante la Giulio Regeni Lecture organizzata lo scorso lunedì dall’Università del Salento, abbiamo un dovere: «Prenderci cura di lui, sottrarlo all’oblio. Limitare il disonore dello Stato che l’ha abbandonato». I piccoli gesti contano. È poco? Bisogna farlo.
Per Giulio e per Patrick, giovani studenti come me, amanti della vita e della verità, con l’auspicio che le parole possano unirci, nella distanza.
*18 anni, studentessa del liceo Gaetano Salvemini di Bari
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