Con una modifica agostana a un decreto legge, l’esecutivo e gli uffici del ministro della Pa hanno portato a 70 anni il congedo dal servizio per i dirigenti medici della pubblica amministrazione. A beneficiarne la dottoressa della presidenza del consiglio del ministri

Il caso di Brunella Vercelli, strappata alla pensione, è un inno alla speranza: se c’è una possibilità su un milione di risolvere un problema, si tenga a mente, quella possibilità può arrivare. L’importate è trovarsi al posto giusto o chiamarsi Brunella Vercelli.

 

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La dottoressa Vercelli, medico generico, capo del presidio sanitario di Palazzo Chigi (e già, a Palazzo Chigi esiste un presidio medico dedicato), 217.000 euro di retribuzione secondo gli ultimi documenti pubblicati, doveva congedarsi a novembre, imbustare i ricordi, riporre la malinconia, perché ha raggiunto i 65 anni di età. Però agli inizi di agosto, mentre in aula si indossano pinne, fucili e occhiali, e i parlamentari sono un po’ distratti e un po’ distanti, il governo ha introdotto un comma al decreto legge 80 in transito per la conversione. Il testo è ovviamente incomprensibile: «La facoltà di cui all'art. 5-bis, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, può essere esercitata anche dai dirigenti medici di ruolo presso i presidi sanitari delle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». Questo guazzabuglio di rimandi, appoggiato dagli uffici del ministro Renato Brunetta, ha posticipato la pensione della dottoressa Vercelli, cara al ministro di Forza Italia e a diversi ex presidenti del Consiglio.

 

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La legge varata lo scorso anno per l’emergenza pandemica, che dà facoltà ai dirigenti medici del sistema sanitario nazionale in prima linea contro il Covid-19 di rinviare la pensione da 65 a 70 anni, agli inizi di agosto è stata estesa ai (pochissimi) dirigenti dei (pochissimi) presidi sanitari dell’amministrazione pubblica. Ne beneficia, casualmente, la dottoressa Vercelli: «Non l’hanno fatto mica pe me. Si doveva fare da tempo. Io ho fatto istanza per restare in servizio, chissà, potrei fermarmi qualche mese oppure mi mandano via». Proprio un inno alla speranza. E non solo.