Per la procura di Catania e la Dia Antonino Paratore è legato ai boss di Cosa Nostra. E aveva entrature ai piani alti del potere: l’ex senatore Lumia lo fece incontrare con un dirigente della Regione, Piero Amara ha mediato un suo incontro con Denis Verdini ed è andato in Cina con la delegazione del governo Renzi

Era l’astro nascente nel settore dei rifiuti in Sicilia, con entrature nei palazzi della politica e della burocrazia a Palermo come a Roma. Antonino Paratore con le sue aziende nate nei primi anni Duemila nel settore dell’immondizia ha fatto affari d’oro, grazie anche ai buoni rapporti con politici di peso: dal governo Crocetta ha ottenuto l’ampliamento della sua discarica di Melilli e l’autorizzazione, in due giorni, a smaltire i rifiuti urbani, dal ministero dello Sviluppo economico durante i governi del centrosinistra ha avuto l’ok a smaltire il polverino dell’Ilva. Ma Paratore aveva buone entrature anche con Denis Verdini, attraverso l’avvocato aggiusta sentenze Piero Amara, e sapeva muoversi tra i lobbisti che contano nei palazzi ministeriali e nelle società di Stato.

 

Nei giorni scorsi il Tribunale di Catania ha accolto la richiesta della procura che dopo una indagine della Dia coordinata dal capocentro Carmine Mosca ha chiesto, e ottenuto, il sequestro di beni alla famiglia Paratore per 100 milioni di euro. Secondo passo dopo l’indagine del 2017 che travolse i Paratore, oltre al padre anche il figlio Carmelo, e che alzò il velo sulla corruzione nel rilascio delle autorizzazioni da parte della Regione Siciliana. Il processo è in corso e i Paratore sono in libertà in attesa di giudizio.

 

Il cuore centrale dell’indagine e del sequestro dei giorni scorsi è il legame tra i Paratore e i Santapaola-Ercolano. Si legge nel provvedimento di sequestro: «Secondo il gip gli elementi indizianti costituiti dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, da intercettazioni e dalle indagini acquisite in altri procedimento hanno evidenziato l’appartenenza all’associazione Santapaola di Rosario Zuccaro, longa manus del pane Mauruo, e dei Paratore Antonino e Sanremo quale loro espressione imprenditoriale… La nascita delle aziende dei Paratore è stata finanziata con denaro di provenienza illecita dello Zuccaro e la successiva crescita è stata possibile, oltre che con l’impiego di fondi di provenienza illecita, mediante il ricorso alla forza intimidatorie derivante alla contiguità con lo Zuccaro e l’associazione mafiosa denominata “Santapaola-Ercolano”». Tra i beni sequestrai le società operante nel settore dei lidi per balneazione (avevano lo stabilimento la Piramide alla Playa), nella ristorazione, nella pulizia (avevano in passato l’appalto per la pulizia dell’ospedale Garibaldi di Catania) e appunto nei rifiuti. E poi ville, appartamenti a Catania e nel Messinese e auto di lusso. Un impero, quello dei Paratore.

 

A Catania erano molto conosciuti. Nel decreto di sequestro si fa riferimento ad esempio ai rapporti di Carmelo Paratore con Giovanni Costanzo, altro noto imprenditore etneo: in particolare secondo gli inquirenti i due parlavano al telefono dei lavori di ampliamento della discarica di Gela, della messa in sicurezza e bonifica della falda Brindisi-Area Micorosa aggiudicata all’Ati di Paratore e Costanzo per 38 milioni di euro.

 

Ma proprio per crescere nel comparto immondizia i Paratore avevano cercato, e ottenuto, sponde politiche. Ascoltato in commissione Antimafia regionale l’ex dirigente del settore Acque e rifiuti della Regione, Marco Lupo, racconta la vicenda Cisma: la discarica di rifiuti speciali di Melilli autorizzata durante l'emergenza nel luglio 2016 ad accogliere rifiuti urbani. Pochi mesi prima Lupo si era opposto ad autorizzare questa discarica perché «mancava la Valutazione ambientale»: un documento fondamentale. Dice Lupo a verbale «Mandai indietro l'autorizzazione e a quel punto cominciarono tutta una serie di colloqui. Dico tranquillamente chi me ne parlarono Crocetta e il senatore Giuseppe Lumia. Mi chiesero come mai avessi rimandato indietro l’autorizzazione». Il presidente della commissione Claudio Fava domanda: «Il presidente Crocetta e Lumia le dissero esplicitamente che erano stati contattati dalla famiglia Paratore?». Lupo risponde: «Lumia sì, nel senso che non c'era bisogno che me lo dicesse perché quando mi chiamò per parlarne, lì con lui c'era il titolare dell'impianto, Paratore. Lumia mi disse se quando andavo a Roma glielo facevo sapere... Quando sono andato a Roma, al bar Sant'Eustachio, arrivai un po' prima, mi sedetti e girandomi vidi che c'era Paratore, quindi gli dissi 'lei per caso sta aspettando il senatore Lumia?', disse: 'sì'. Paratore sosteneva che loro la Via l'avevano già avuta all'atto della prima autorizzazione e io feci presente a tutti e due (Lumia e Paratore, ndr) che secondo me non era così. La cosa che mi allarmò è che, dopo questi passaggi, arrivarono dei periti nominati dalla procura di Siracusa... andarono dal mio dirigente Patella e gli fecero capire che io ero indagato perché non volevo rilasciare le autorizzazioni…».

 

Andato via Lupo, la Cisma otterrà l'autorizzazione. La procura di Siracusa finirà nell'occhio del ciclone per il sistema Amara-Calafiore e la corruzione dei giudici. Amara farà da tramite per un incontro a Roma tra Paratore e Denis Verdini. Ma i Paratore avevano rapporti ad ampio raggio. Ad esempio grazie a Carmelo Messina dell’Unione amicizia Italia-Turchia ed ex responsabile relazioni esterne delle Ferrovie, i Paratore entrano in contatto con Invitalia e nel 2016 andranno al seguito della missione dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi in Cina per fare affari lì. E grazie a Messina riceveranno nella discarica di Melilli perfino l’ambasciatore turco in Italia, al quale spiegano intenzione di voler aprire un impianto in Turchia. Per la procura dietro il loro attivismo c’erano i soldi della mafia.