Gli insulti razzisti sono un confine labile che talvolta si sposta a seconda del portafoglio di chi li emette. Lo testimonia perfettamente la vicenda della gangbang verbale tra Zlatan Ibrahimovic, sberluccicante attaccante del Milan, e Romero Lukaku, attaccante che spacca le montagne, in forza all’Inter.
L’altra sera si sono trovati di fronte durante una partita di Coppa Italia, trofeo fisiologicamente strutturato, a differenza di analoghe manifestazioni in giro per l’Europa, perché lo vinca una grande squadra. Se infatti negli altri campionati le piccole vengono messe in grado di competere con avversari più danarosi e forti, da noi si è scelta una formula che prevede una partita secca in trasferta per i più scarsi.
A volte il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, o anche solo le partite, e gli incroci del calendario portano a scontrarsi prima della finale anche club strisciati come Milan e Inter. Dove il più forte non c’è. Infatti di solito vengono arbitrati con un minimo di criterio. Della rissa avrete letto ampiamente. Uno che vuol sparare in testa all’altro, l’altro che accenna ai costumi presumibilmente poco casti di parte della famiglia del primo…
Finché Ibrahimovic, uno che si sente dare dello zingaro da tutta la vita, e con quel cognome, e la feccia che spesso abita sugli spalti, è quasi un miracolo che non si sia passati direttamente all’antisemitismo, spara l’offesa più triste: «Monkey». Scimmia. Se ne rende conto subito, infatti si pente e corregge: «Donkey!». Lo dice tre volte: «Donkey!». Quasi a spazzare via la sciocchezza sparata subito prima.
Gli dà dell’asino. Che non è acqua di rose ma non collide neanche per sbaglio con la pelle del suo interlocutore. A quel punto parte la grancassa fumogena. La versione asinina viene presa per buona da tutti e, al momento in cui scrivo, nessuno l’ha messa in discussione. Perché viene da un tizio particolarmente carismatico, da un pezzo di storia del calcio, da uno che non sarà sempre simpaticissimo ma insomma, dai, su, vuoi proprio rompergli i coglioni? Ibrahimovic fu scelto dalla Regione Lombardia come testimone anti-Covid insieme a Massimo Boldi. Solo per questo, per essere risarcito dalla fatale vicinanza, dovrebbe poter vantare un bonus espressivo ad libitum.
Siccome però non è così. Siccome dare della scimmia a un giocatore di colore è quel tipo di esempio che non si può e non si deve dare. Siccome a me gli stronzi, chiedo scusa per il francesismo, soprattutto se hanno talento, stanno simpatici, mi resta il solito sogno minoritario. Che il grande Ibra, quello che spaventa i virus, che irride i marcatori, che affronta la vita e il campo col sorriso gaglioffo di chi conosce l’enorme talento di cui è depositario, compia il gesto tecnico più clamoroso della sua vita.
Dica, scriva, comunichi, va bene anche un telefono senza fili, quel che già ha fatto presente correggendosi al volo: «Ho detto una cazzata». Avrà vinto in un colpo solo tutto quello che in questi anni non gli è riuscito di vincere, pur essendo uno dei più grandi di tutti i tempi. Ecco.
Giudizio: Chi? I-o?