Tutti adesso lo vogliono ma finora è solo di carta. Chili su chili di fogli: progetti, pareri, valutazioni, ipotesi. E soldi, tanti. Il Ponte che non c’è, quella che si diceva dovesse essere l’ottava meraviglia del mondo è già costato 300 milioni di euro per dipendenti, gare e appalti vari. Altri 700 milioni rischia di doverne costare per il contenzioso con l’ex Impregilo, la società che durante il governo Berlusconi aveva vinto il bando per compiere l’impresa.
Ma pochi sanno che mentre va in scena l’ennesima polemica, questa volta per le opportunità del Recovery Fund, il Ponte continua a costare 1.500 euro al giorno, secondo l’ultimo bilancio approvato dalla società Stretto di Messina.
La spa partecipata da Stato e Anas, nata nel 1981 proprio per realizzare il mitico collegamento tra Calabria e Sicilia, a dispetto di tutti i proclami di imminente chiusura sta ancora lì in piedi, nel limbo di una liquidazione eterna che va avanti ormai da quasi otto anni. Il commissario liquidatore è Vincenzo Fortunato, avvocato molto noto e già capo di gabinetto del ministro Giulio Tremonti nel secondo governo Berlusconi (ma rimasto capo di gabinetto in ministeri anche dei governi Prodi e Monti): per lui dal 2013 è previsto un compenso da 120mila euro l’anno come parte fissa, più 40mila di parte variabile. Il collegio dei revisori, composto da tre commercialisti, prevede un altro compenso di novemila euro per il presidente e di seimila euro per gli altri due componenti. La società di revisione Ey ha un compenso di 36mila euro per gli anni 2018, 2019 e 2020.
Tra le spese per servizi segnalate appena lo scorso dicembre all’Autorità anticorruzione la società “Stretto di Messina” registra 1.800 euro per “abbonamento banca dati fiscale” per l’anno 2021, 269 euro per l’abbonamento annuale al Sole 24 ore, 4 mila euro allo studio dell’ingegnere Maurizio Soprano per il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro dei dipendenti (che non ci sono, qui c’è solo un liquidatore). E, ancora, 3 mila euro allo studio Idea per software da utilizzare sempre nel 2021. La società non ha più dipendenti o attività, ma la liquidazione non si chiude per il contenzioso ancora in corso con l’ex gruppo Impregilo, oggi Eurolink, che chiede 700 milioni di euro, e per altri piccoli contenziosi con i proprietari dei terreni espropriati da tempo e che avrebbero dovuto “ospitare” i piloni del grande ponte.
Basterebbe una leggina di un rigo per trasferire l’eventuale contenzioso in capo ai soci della spa e chiudere questo carrozzone che negli anni d’oro costava anche sette milioni l’anno solo per pagare gli stipendi dei 52 dipendenti, ma che ancora oggi continua a bruciare risorse pubbliche. La leggina in realtà era arrivata: nell’ultima manovra di bilancio era previsto il trasferimento delle attività all’Anas e la chiusura definitiva della società. Ma alla Camera, con i voti di Forza Italia, la norma è stata stralciata: «In questo modo il Ponte resta una opzione concreta», hanno esultato le deputate azzurre Stefania Prestigiacomo e Giusi Bartolozzi.
Di concreto però ci sono i soldi spesi, avverando la maledizione di Paperon de’ Paperoni che in una striscia si propose di realizzarlo lui il Ponte, bruciato all’ultimo miglio dal perfido Rockerduck. Correva l’anno 1982 e anche allora al team della direttrice di Topolino, Elisa Penna, che al progetto dedicò la copertina, l’idea appariva tanto bizzarra quanto dispendiosa. I lettori di allora si addentrarono nella ridda di ipotesi tra campate uniche, piloni, funi sospese e perfino un tunnel sottomarino, proprio come di recente ha fatto Giuseppe Conte. Poi prevalse l’idea di creare un istmo di corallo. Ma i turisti, gli stessi che bramavano di andare in Sicilia senza intrupparsi in banchina nella calura ferragostana in attesa di traghetti, presero a staccarne un pezzo per volta, portandosi a casa un frammento di meraviglia da sistemare sulla credenza come souvenir. E il Ponte, anche allora, svanì in un fumetto. Ma il sogno allora costava il prezzo di copertina: 700 lire.