In fuga verso il rosso con il centrodestra. In medicina si chiamerebbe effetto paradosso. Nella politica delle regioni italiane schierate contro la pandemia è un dato di fatto diffuso due volte al giorno sul sito del governo che segue i dati delle vaccinazioni.
La corsa verso l'immunità avanza a passo di tartaruga proprio dove le giunte sono guidate da partiti che, fino all'arrivo di Mario Draghi, erano all'opposizione. Il risultato è una nuova ondata di chiusure, di zone colore arancione scuro o rosso profondo, con tutti gli indicatori di allarme in crescita: indice Rt, contagi oltre il livello di guardia dei 250 positivi ogni centomila abitanti, ricoveri, terapie intensive. Infine, il punto di sintesi è sempre nella tragedia dei morti che hanno da poco superato quota centomila e hanno ripreso a crescere in marzo dopo una flessione di sei settimane consecutive.
Al di là delle polemiche sulle forniture, con 15 milioni di dosi attese e la metà ricevute, otto regioni si mantengono costantemente al di sotto della media nazionale nelle vaccinazioni. In ordine decrescente di incapacità sono Sardegna, Liguria, Calabria, Veneto, Lombardia, Umbria, Sicilia e Basilicata che, a metà della seconda settimana di marzo avevano oltre 800 mila dosi a riposare nei freezer. Adesso il governo Draghi punta a gestire le operazioni in modo più centralistico, dopo oltre un anno di arrancare dei modelli locali.
Al di là del comune orientamento politico, le cenerentole della terza ondata presentano differenze enormi in termini di gestione logistica, di territorio e popolazione, di strutture e capacità di spesa. Gli elettori non sembrano disposti a gettare la croce addosso a Luca Zaia (Veneto) e a Giovanni Toti (Liguria), confermati con plebisciti trionfali alle elezioni del settembre 2020. Da Calabria, Sicilia e Sardegna tutti si aspettano il peggio, a cominciare dai residenti. Le altre sono troppo piccole per fare testo.
Resta la Lombardia, la più ricca, la più popolata, la più colpita dalla pandemia. È il territorio dove il Covid-19 ha incrudelito su aree che resteranno nella memoria. Ieri Codogno, Lodi, Nembro. Oggi, dopo le scuole chiuse, dopo gli assalti ai territori della movida per Carnevale e San Valentino, dopo il conto puntualmente arrivato a distanza di tre settimane con il raddoppio dei positivi, Brescia e Milano sono nella zona di massimo rischio con dati allarmanti spinti dalla presenza delle varianti inglese, brasiliana, sudafricana.
Ciclone Letizia
Fra imbucati che non hanno tutti i torti “perché il vaccino scade”, anziani che aspettano la chiamata da un mese, aziende che vogliono applicare l'intraprendenza privata nella sanità vaccinando i dipendenti per conto loro, la Lombardia non dà ancora segno di uscire dal caos. Il presidente della giunta, Attilio Fontana, invita alla calma. «Quella dei vaccini non deve essere una corsa». Con queste parole pronunciate nella conferenza stampa di martedì 9 marzo l'esponente leghista ha voluto ribadire il “non c'è fretta” della sua vice e assessora al Welfare, Letizia Moratti, pronunciato al debutto del portale per la registrazione degli ultraottantenni lunedì 15 febbraio quando il sistema, partito in ritardo, è subito andato in tilt.
Lo stesso Fontana dà segnali di difficoltà dopo un anno infernale in cui il modello sanitario lombardo, sbandierato all'unisono con l'ex assessore Giulio Gallera, ha mostrato troppo spesso la corda. Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, un cognome in più in Italia serve sempre, è un vicepresidente fra i più scomodi tanto che il presidente avrebbe anche fatto pesare un'ipotesi di dimissioni, con relativa decadenza della giunta ed elezioni anticipate.
Reduce da anni di panchina nel gioco della politica, l'ex sindaca di Milano ed ex ministra azzurra si è presentata con la forza di un ciclone sulla scena lombarda che, per essere da decenni in mano al centrodestra, si presenta con un aspetto granitico poco corrispondente alla realtà. La componente forzista è divisa secondo la vecchia linea fra corrente laica, della quale faceva parte Gallera, e la corrente cattolico-ciellina alla quale appartiene l'ex dg della sanità regionale, Marco Trivelli, giubilato da Moratti e sostituito dal veronese Giovanni Pavesi, manager dell'azienda sanitaria Berica consigliato alla vicepresidente lombarda dal vicentino Domenico Mantoan, numero uno dell'Agenas, l'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Una brutta Aria
«In questo momento», dice Fabio Pizzul, capogruppo dell'opposizione democrat a palazzo Lombardia, «il punto debole della cerniera è Aria che ci ha capito poco fin dall'inizio».
Aria, l'azienda regionale per l'innovazione e gli acquisti controllata interamente da palazzo Lombardia, dovrebbe essere la quintessenza dell'efficientismo applicato alla sanità.
Nell'aprile del 2020 Fontana l'ha nominata “soggetto attuatore per l'emergenza Covid-19” con l'incarico di provvedere a mascherine, camici e dispositivi di protezione.
Il bilancio di Aria (200 milioni nel 2019) è esploso con 334 milioni di euro di trasferimenti dalla regione nelle poche settimane dopo il ricovero del paziente uno di Codogno. È stato l'inizio di un accentramento che ha incluso la realizzazione dei nuovi posti di terapia intensiva nell'area ex Fiera-Expo 2015 (21 milioni di euro di spesa), mai utilizzata per lo scopo di partenza e oggi riciclata come hub dei vaccini.
A gestire il fiume di denaro è il presidente di Aria Francesco Ferri, ex Lombardia Informatica, noto alle cronache perché ha diretto l'Autodromo di Monza e perché Silvio Berlusconi gli aveva conferito l'incarico di selezionare il personale imprenditoriale di simpatie forziste attraverso il Centro studi liberale.
Ferri, 45 anni, si è comportato con ampia autonomia, a costo di qualche frizione con Davide Caparini, assessore al bilancio e longa manus di Matteo Salvini che oggi sembra in calo di consensi, in parallelo con il Capitano. Da imprenditore privato dell'Ict e fondatore del gruppo Innext, Ferri ha ricevuto una commessa da Ferrovie Nord Milano (Fnm), la società di trasporto regionale guidata dall'architetto codognese Andrea Gibelli, uno dei principali esponenti del potere leghista di rito giorgettiano e nuovo padrone della Milano-Serravalle acquistata dalla regione a peso d'oro (520 milioni di euro) lo scorso novembre. Se è un conflitto di interesse, non è certo il primo e anche la gestione degli acquisti non è andata molto bene.
La vicenda dei camici è finita in Procura con il coinvolgimento del cognato di Fontana, Andrea Dini, e della sua società (Dama). Le mascherine cinesi erano care e spesso fuori norma rispetto ai codici Ateco. I vaccini contro l'influenza sono stati acquistati a prezzi deliranti e oggi ci sono 10 milioni di dosi inservibili perché distribuite in ritardo e quando si era ormai capito che, grazie a distanziamenti e mascherine, quest'anno l'influenza non l'ha presa nessuno. In compenso, è stata lite continua con il commissario governativo Domenico Arcuri, oggi sostituito dal generale Francesco Paolo Figliuolo.
L'estate scorsa Ferri è riuscito a giubilare il dg Filippo Bongiovanni, ex finanziere finito sotto inchiesta nella “camiciopoli” con il cognato di Fontana. Al suo posto è arrivato in ottobre dal Veneto Lorenzo Gubian già responsabile del Siss (sistema informativo socio-sanitario) della regione Veneto con Luca Zaia.
L'ultima puntata, che sembra abbia fatto saltare i nervi a più di uno in giunta, inclusi Moratti e un altro neoassessore, Guido Guidesi, ex sottosegretario del primo governo Conte e braccio destro del ministro Giancarlo Giorgetti, è quella del portale/call center per le iscrizioni al vaccino degli over 80. Sui documenti di giunta, il costo dell'operazione è indicato in 18,5 milioni di euro per sei mesi (febbraio-luglio) di cui 11,5 milioni soltanto per l'attività di call center e 3,4 milioni per i sistemi applicativi.
È stato un disastro che ha rallentato di molto l'immunizzazione degli anziani, passati da 143 mila il 3 marzo a 217 mila la settimana dopo, con un ritmo di circa 10 mila al giorno che allontana di molto l'obiettivo di chiudere all'11 aprile la cosiddetta fase 2 per i 720 mila cittadini della fascia più a rischio. Così il portale chiesto da Moratti e dal suo superconsulente Guido Bertolaso è finito nella spazzatura della pandemia e proprio Moratti ha dovuto affidarsi alle Poste per gestire le prenotazioni. Peccato che, per impegni precedenti con altre regioni come Sicilia, Abruzzo e Marche, le Poste non potranno occuparsi della richiesta lombarda almeno per un'altra settimana, secondo indiscrezioni raccolte nel consiglio regionale. Lo slogan, intanto, è sempre lo stesso: non c'è fretta.