Scenari

Superlega, è guerra totale contro i padroni del calcio: ecco cosa succede ora

di Gianfrancesco Turano   20 aprile 2021

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Nel giro di poche ore il nascente campionato è diventato il nuovo Asse del Male, tra inviti alla meritocrazia di Draghi e rivolte dei tifosi. Ma gli scissionisti tirano dritto. “Iniziativa non negoziale”, fanno sapere. E venerdì 23 aprile l'Uefa userà il pugno di ferro contro i ribelli

Tutti contro la Superlega. Dopo l'uscita di Mario Draghi a difesa della meritocrazia sportiva, sul fronte internazionale si registrano gli anatemi e le minacce di scomunica di Emmanuel Macron, di Boris Johnson, delle federazioni calcistiche internazionali e le accuse del numero uno Uefa, l'avvocato sloveno Aleksander Ceferin, rivolte personalmente al presidente juventino ed ex amico («Andrea Agnelli mi ha sempre mentito»).

 

Tutti contro la Superlega sugli organi di stampa, inclusa la Rai che, poco abituata a contestare i potenti del football, stavolta ha usato toni di condanna furibonda.

 

Tutti contro la Superlega, tranne la borsa. Per adesso il responso dei mercati finanziari non lascia dubbi. La Juventus ha chiuso la giornata di lunedì con un rialzo del 18%, il Manchester United si è fermato a +6,7%.

 

Ma i mercati sono capricciosi e non basteranno a vincere il match che rimane durissimo, con rari inviti alla mediazione e qualche pontiere che cerca di allacciare trattative sotto il bombardamento con risultati per ora modesti. Persone a conoscenza del dossier interpellate dall'Espresso parlano di “iniziativa non negoziale” da parte del gruppo di scissionisti guidati da Agnelli e da Florentino Pérez, presidente madridista per il quale la Superlega è da sempre un chiodo fisso.

 

Sul fronte delle iscrizioni al torneo delle meraviglie, per il momento, la principale battuta d'arresto è targata Germania, con il Bayern Monaco e il Borussia Dortmund che hanno chiuso la porta al progetto del supertorneo finanziato, tanto per iniziare, con 3,5 miliardi di dollari dalla banca internazionale Jp Morgan. I tedeschi avevano già affondato il progetto del campionato europeo per giganti nel 1999, quando il dossier era in mano a Media partner. Ai grandi della Bundesliga si sono aggiunti, con toni meno netti, i francesi del Psg, controllati dalla famiglia al Thani, gli emiri del Qatar.

 

La grande vetrina del calcio europeo è già incrinata e condizionata da una conflittualità senza precedenti anche per un consesso abitualmente rissoso come il football. Nessuna arma legale è esclusa nella guerra esplosa alla mezzanotte di domenica 18 aprile, dai ricorsi incrociati del blocco Uefa-Fifa contro i dodici club della Superleague europea alle denunce delle associazioni dei tifosi, fino alla chiamata in causa della commissione Ue competente sulla concorrenza, guidata dalla danese Margrethe Vestager.

 

Nelle prime ore dopo l'annuncio del nuovo torneo a venti squadre, l'ampiezza della frattura si è già rivelata di portata storica, con i tre club italiani fondatori (Juventus, Milan, Inter) che hanno ribadito il loro progetto di restare dentro il campionato all'assemblea della Lega di serie A, tenuta nella serata di lunedì 19 aprile.

 

La cronaca dei prossimi giorni gira intorno alla reazione dell'Uefa che nella riunione di venerdì 23 aprile potrebbe, di fatto, radere al suolo il quadro dei semifinalisti nelle coppe europee in attesa che le federazioni locali si adeguino con i tornei nazionali. È evidente che i dodici scissionisti avranno studiato in modo approfondito i pro e i contro di una battaglia giudiziaria in nome della libertà di impresa. Ma la giustizia sportiva è molto più veloce dei tribunali.

 

È un vantaggio enorme e la federazione continentale sembra pronta a sfruttarlo immediatamente, senza trattare una tregua che al momento appare lontana. Oltre a colpire i club Ceferin potrebbe fare leva sui calciatori, i campioni che sono croce e delizia finanziaria del calcio e che potrebbero vedersi chiusa la porta degli Europei 2021, in partenza l'11 giugno prossimo.

 

La pista Scaroni

Il diavolo è nei particolari e non veste Prada ma rossonero. Il comunicato stampa che ha annunciato la Superlega a mezzanotte di domenica 18 aprile porta la firma dell'agenzia di pr Verini & associati, la stessa che segue il Milan per conto del fondo Usa Eliott. È una piccola ma consistente traccia e porta a Paolo Scaroni, presidente del club rossonero e vero uomo dietro le quinte dell'operazione che minaccia di cambiare faccia al calcio mondiale.

 

L'agenzia milanese, che partecipa a un network di agenzie continentali, fa sapere di avere ricevuto «un mandato specifico e ufficiale dalla Super Lega, giunto anche in virtù di una precedenza esperienza della managing partner dell’agenzia su un’iniziativa per la creazione della European super league».

 

L'impronta di Eliott è quella dei fondi, che dominano il progetto Superlega con circa metà dei club fondatori in mano ai nuovi padroni del calcio, enormi strutture finanziarie delle quali è spesso difficile ricostruire la composizione.

 

Lo stesso Scaroni, a lungo numero uno dell'Eni e oggi vicepresidente di Rothschild, è di poche parole, grande understatement e ramificate relazioni, come quella con sir Leonard Blavatnik, vincitore con la sua Dazn dell'asta sui diritti tv della serie A per il prossimo triennio. Fra i due ex allievi della Columbia university di New York, il rapporto è di vecchia data, come ha rivelato l'Espresso, ed è proseguito con le visite del magnate di origine ucraina a San Siro ancora prima che la gara per i diritti tv fosse assegnata.

 

Le ipotesi di Dazn interessata alla trasmissione della Superlega sono ancora premature, in una fase in cui i contendenti fanno a gara a minacciarsi cause legali, ma non appaiono in conflitto con la trasmissione della serie A. Almeno fin tanto che i ribelli conserveranno il diritto di giocarla.

 

Cambiamento radicale

L'operazione Superlega è un cambio di passo che, nelle dichiarazioni di Pérez, salverà il calcio dalla rovina finanziaria. Il capitolo ricavi, tutto sommato, è il più semplice. Non si può negare che un torneo di soli vip abbia maggiore attrattiva di tornei nazionali spesso poco combattuti o di una Champions che Ceferin e Agnelli, ai tempi della loro amicizia, avevano collaborato a riformare dal 2024.

 

Più difficile è il capitolo tagli. In questi giorni il campione belga Kevin De Bruyne ha rinnovato il contratto con il Manchester City, uno dei dodici fondatori della Superlega, sulla base di 24 milioni di euro all'anno. De Bruyne non si è servito di un procuratore ma di un gruppo di data analyst. È presto per gridare alla rivoluzione come ai tempi di un altro calciatore belga, Jean-Marc Bosman. Ma i bilanci dei club sono impiombati dalle spese per agenti sportivi a un punto non più sostenibile.

 

L'altro scontro è con le federazioni. I dodici scissionisti accusano l'Uefa di essere un oggetto quasi parassitario che presenta bilanci sempre più prosperi grazie ai campioni tenuti a libro paga dai club.

 

All'interno dei club di Superlega c'è chi ricorda gli scandali che in passato hanno toccato il numero uno della Fifa di Sepp Blatter, il suo segretario Jerome Valcke e l'ex presidente dell'Uefa Michel Platini, tutti condannati a molti anni di squalifica, oltre all'imbroglio che ha portato all'assegnazione dei prossimi Mondiali agli sceicchi del Qatar.

 

In un ambiente che non ha mai brillato per trasparenza e per la specchiata caratura morale dei suoi protagonisti, è però il caso di ricordare il motto churchilliano per cui la democrazia è il peggiore sistema politico a parte tutti gli altri.

 

Le elezioni degli organi di governo del calcio sono una garanzia rispetto al mondo dei fondi, dove semplicemente comanda chi ha più soldi. Peraltro, anche i presidenti di Real e Barcellona sono soggetti al vaglio elettorale degli azionisti secondo il sistema mutualistico diffuso in Spagna. Non è un caso se Pérez, che già una volta ha dovuto abbandonare la presidenza del Real (2006) dopo la prima era dei Galácticos, ha aspettato di ottenere un sesto mandato pochi giorni fa fino al 2025 e senza concorrenti. Lo stesso ha fatto il suo collega blaugrana Joan Laporta tornato alla guida del Barça lo scorso marzo. Chi sa come voterebbero oggi i tifosi. Chi sa se voteranno più.