Nel 2020 i malesseri causati dalla pandemia hanno portato ad un aumento delle sparizioni dei minori. La responsabile del servizio Sos 116.000 di Telefono Azzurro, Irene Valotti, non ha dubbi: «Si sono aggravate situazioni di difficoltà preesistenti»

Lorenzo ha 17 anni. «Sto pensando di scappare di casa. Odio la mia vita, la mia famiglia, la scuola e non ce la faccio più. Sento che potrei esplodere da un momento all'altro. Ai miei genitori non importa di me, nessuno vede che sto male». 

Marta ne ha 16. «Quando sono scappata non mi sono sentita in pericolo, ero più spaventata quando ero a casa. Nulla al mondo mi sembra più pericoloso di casa mia».

Silvia ne ha solo 14. «Nella mia famiglia adottiva molte volte mi iniziano ad insultare gravemente, soprattutto mia madre, per il passato che ho avuto. Soffro di disturbi alimentari, attacchi di panico e penso spesso al suicidio. Voglio scappare di casa».

Sono solo alcune delle tante richieste d’aiuto che ogni giorno giungono al 116.000, il Numero Unico Europeo per i minori scomparsi, gestito in Italia da Telefono Azzurro. Un servizio gratuito attivo dal 2009 e che fino al 31 dicembre 2020 ha gestito 1.377 casi. 87 solo nell’ultimo anno.

Quello delle sparizioni di minori rappresenta da sempre, nel mondo, un problema drammatico. Secondo uno studio della Commissione Europea ogni anno scompaiono in Europa 250.000 bambini e adolescenti. Uno ogni due minuti. Lo ha reso noto proprio il Telefono Azzurro in occasione della Giornata internazionale dei bambini scomparsi, celebrata ogni anno il 25 maggio. Secondo il report fornito a L’Espresso, circa il 60 per cento dei casi si riferisce a adolescenti che si allontanano volontariamente da casa, a causa di situazioni di abuso, violenza o disagio; il 23 per cento sono vittime di sottrazione nazionale o internazionale da parte di un genitore, mentre il 10 per cento dei casi riguarda minori stranieri non accompagnati spesso vittime di tratta e sfruttamento.

In Italia nel 2020 i casi di scomparsa denunciati sono stati 7.672, la maggior parte riferiti a minori di genere maschile e di età compresa tra i 14 e i 17 anni (5.511 di nazionalità straniera e 2.161 di nazionalità italiana). Nel 2019 erano stati 8.331.

«Si tratta di un fenomeno che è la massima espressione di un disagio provato da bambini e adolescenti» racconta Irene Valotti, responsabile del servizio 116.000. «Ma la speranza di ritrovare tutti loro non la perdiamo mai».

 

Nel 2020 c’è stata una diminuzione dell’11 per cento dei casi di sparizione rispetto al 2019. Quanto ha influito la pandemia?

«Nel 2020 e durante il periodo di quarantena nazionale, da marzo a  maggio 2020, il nostro servizio ha gestito pochissimi casi di fuga da casa (solo 2 o 3). Da maggio in poi, con l'allentamento delle restrizioni, i casi sono aumentati e abbiamo avuto un picco nei mesi di luglio e agosto. Complessivamente, l’anno scorso abbiamo gestito 136 casi di fuga, nel 2019 59, quindi abbiamo registrato un notevole incremento rispetto all’anno precedente. 

Il Missing Children Europe, il network internazionale che coordina le 31 organizzazioni attive negli Stati membri che gestiscono il servizio 116.000, già nei primi mesi della pandemia aveva lanciato l’allarme. Si temeva infatti che il lockdown avrebbe esacerbato tutte quelle situazioni di difficoltà e di disagio preesistenti e che questo non avrebbe impedito il verificarsi di casi di fuga, sottrazione internazionale e scomparsa di minori stranieri non accompagnati. E così è stato».

 

Qual è la motivazione principale per cui fuggono o si allontanano i minori in Italia?

«Tra le principali cause di fuga a livello internazionale ci sono problemi di salute mentale quali stress, ansia, depressione, ma anche bullismo, cyberbullismo, violenza domestica abusi sessuali, problemi in famiglia e problemi a scuola. Tutte queste problematiche, che rappresentano fattori di rischio per un bambino, purtroppo sono cresciute esponenzialmente durante la pandemia, causando un maggior numero di casi di sparizione da casa o da comunità. Dietro una storia di fuga però c’è sempre la storia di un ragazzo o di una ragazza che ha bisogno di un aiuto e che vive in famiglia o in comunità problemi di varia entità». 

 

Il numero 116.000 è un servizio che offre ai bambini la possibilità di chiedere aiuto. Come opera nello specifico?

«Il 116.000 è un Numero Unico europeo istituito dalla Commissione Europea e attivo in tutti gli Stati membri dell'Unione. È un numero gratuito, multilingue, raggiungibile tramite telefono ma anche sito web e mail e attivo tutti i giorni dell’anno 24 ore su 24. Il numero raccoglie le segnalazioni relative a scomparsa, avvistamento e ritrovamento di bambini e adolescenti, offre loro supporto legale e psicologico ma anche ai genitori o adulti di riferimento che ci contattano. Opera in sinergia con le forze dell’ordine e in particolar modo anche con le altre hotline 116.000 europee qualora il caso avesse risvolti internazionali, cioè nei casi di scomparsa a carattere transnazionale, se il minore è in uno stato diverso rispetto a quello in cui si è verificata la scomparsa».

 

Quali sono invece gli strumenti messi in campo per ritrovare questi ragazzi? 

«Una volta ricevuta la segnalazione ci mettiamo in contatto con le forze dell’ordine e riferiamo loro quanto abbiamo ricavato dalla consulenza e nel caso in cui il caso fosse transnazionale contattiamo le altre hotline 116.000 europee che a loro volta contattano le forze dell’ordine del loro Paese e insieme collaborano per la risoluzione del caso. Si attiva quindi una rete di organizzazioni che opera ciascuna nell’ambito delle proprie competenze, per localizzare il minore e tutelare i suoi diritti. Poi, essendo il fenomeno della scomparsa così ricco di tipologie, dato che si parla di fuga, allontanamento, rapimento, sottrazione nazionale e internazionale, gli strumenti messi in campo variano da caso a caso».

 

Che fine fanno i bambini mai ritrovati? Quali sono i maggiori rischi che corrono?

«Per i ragazzi di cui si perdono traccia purtroppo il timore maggiore è che siano caduti vittime di tratta o sfruttamento, sia lavorativo che sessuale, ma anche di matrimoni precoci o illegali e traffico di organi. La speranza in noi non scompare mai e proviamo sempre a fare di tutto per cercare di ritrovarli fin quando il caso non viene ufficialmente chiuso. In questo contesto però è molto importante l’attività di prevenzione e formazione, per fare in modo che i soggetti coinvolti siano debitamente pronti a intervenire. La tempestività è fondamentale e noi cerchiamo di lavorare affinché questi casi non risolti non si ripetano più o abbiano un’incidenza minima rispetto alla casistica generale».