Negli anni Settanta il parroco di Gavinana fondò un proprio ordine apocalittico dopo aver avuto una visione. Come il personaggio cult di Corrado Guzzanti

Alle pendici del Monte Crocicchio, nella frazione di Gavinana, comune di San Marcello Piteglio, dove la calma regna sovrana e i dialetti si mescolano come le case sugli Appennini, negli anni Settanta andò in scena una delle eresie più spettacolari della storia della Chiesa. Questo borgo di 700 anime in provincia di Pistoia fu infatti la sede della Chiesa Novella Universale del Sacro Cuore di Gesù, retta dall’autoproclamatosi Papa, don Gino Frediani, che si dichiarò papa Emanuel I. 


Frediani, che in paese ricordano oggi solo gli anziani, era anche parente di Fausto Coppi, ed inserendosi nel novero dei preti operai, prima di vedersi apparire, come lui stesso scrive in un volumetto ora introvabile, “Gesù sulla strada che conduceva a l’Aquila”, si inseriva nella tradizione dei parroci di paese, pieni di iniziative, tanto che durante la ricostruzione post bellica diede vita a una cooperativa edile tra i compaesani che edificarono l’albergo Le Dolomiti, che divenne poi la sede della Chiesa. La svolta e le apparizioni arrivarono tra il 1973 e il 1974, quando, secondo Padre Frediani, Gesù e il profeta Abacuc gli conferirono indicazioni molto dettagliate circa il da farsi in attesa dell’Apocalisse. Da quel momento Frediani infatti iniziò una vasta produzione editoriale, in cui teorizzò le indicazioni ricevute, che avevano come punto di caduta finale l’attesa in silenzio e preghiera dell’Apocalisse; la Chiesa di Frediani non raggiunse mai numeri da capogiro e per molto tempo il Vaticano tollerò l’eresia, relegandolo, si legge nelle relazioni diocesane, «ad un fenomeno molto ristretto, connotato col carisma e la bonarietà locale del personaggio». La vera svolta però avvenne sul finire degli anni Settanta, quando altri tre sacerdoti si staccarono dalle loro diocesi e divennero officianti della Chiesa Novella Universale. I due preti friulani, don Alfredo D’Agostini e don Oreste Rosso, scrissero all’allora arcivescovo di Udine, Alfredo Battisti, che anche loro avevano avuto una visione del profeta Abacuc che li invitava ad unirsi a Padre Frediani, che nel frattempo aveva guadagnato anche una discreta rassegna stampa internazionale. I due anziani prelati furono immediatamente nominati vescovi da Papa Frediani.


Il carattere apocalittico della dottrina di Frediani era assai spiccato, tutto doveva essere riconvertito ad un «servigio per evitare l’ira finale del Signore». Gli adepti, per la maggioranza anziani, avevano l’obbligo di uscire solo col volto coperto, creando in paese più di un problema di pubblica sicurezza. Fu infatti dopo una certa radicalizzazione di Frediani, il proselitismo che faceva tra i sacerdoti, che la diocesi di Pistoia decise di allontanarlo dalla parrocchia di Santa Maria Assunta di Gavinana. Qualche abitante ricorda ancora una scena epica, in cui Padre Frediani si inginocchiò e con sguardo rivolto verso il cielo si dimenava urlando nei confronti dell’Altissimo reo di averlo sottoposto ad una prova eccessivamente dura. «Urlava come un pazzo», racconta Giuseppe, anziano della frazione: «Dicendo “cosa vuoi che faccia”. Tra di noi si rideva, ma sembrava convinto. Poi andava per in giro per il paese a raccontare che parlava con Dio ogni sera, intorno alle sette. Era suonato, ma gli si voleva bene».

Dopo la cacciata, Frediani su indicazione divina si trasferì dentro l’albergo “Le Dolomiti”, che smise di essere una struttura ricettiva e divenne la sede della Chiesa Novella. Frediani, anziano e minato nel fisico, scelse di cacciare via dalla cooperativa che aveva fondato tutti i soci che non avrebbero aderito completamente al nuovo culto sedevacantista. La popolazione crebbe anche un pochino, infatti Papa Frediani ebbe anche l’intuizione sulla scorta di quanto avveniva a San Patrignano di aprire le porte della sua comunità anche agli ex tossicodipendenti.

 

Don Gino Frediani

«Certe volte, a chi lo salutava dicendogli “ciao don Gino”, lui rispondeva “dovete chiamarmi Sua Santità”, ne era convinto poverino», racconta Anna, che all’epoca dei fatti frequentava molto la parrocchia di Gavinana.

 

L’antipapa Frediani morì nel 1984, ma alla sua morte la Chiesa Novella resistette, stringendosi anche intorno al controverso culto del suo fondatore e continuando a rimanere in albergo nell’attesa delle “trombe dell’Apocalisse”. La guida fu assunta da don Sergio Melani, che non si autoproclamò mai Papa, ma reggente temporaneo nell’attesa che si compia il ritorno in terra di Papa Emanuel I, al secolo Gino Frediani. Tuttavia Melani, per tirare avanti la baracca, come spesso capita si trovò in estrema difficoltà e tracciò un regolamento di gestione della comunità religiosa che lo portò dritto in tribunale.

 

Per ovviare al carisma e quindi ai denari portati da Frediani, obbligò tutti gli adepti a donare cospicue somme alla causa della Chiesa Novella, che furono oggetto di un’inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Pistoia, che interrogò più volte Melani, che ebbe tempo di incassare anche una scomunica da Santa Romana Chiesa e la riduzione allo stato laicale. Col passare degli anni l’albergo si è via via svuotato, sia per la morte degli anziani adepti e sia perché il carisma di Padre Frediani si è perso tra le pagine delle storie delle eresie moderne e sia perché col tempo e la fede che cala è anche difficile trovare qualcuno che decida di abbandonare tutto per seguire le rivelazioni fatte sulla Roma -l’Aquila da Gesù ad un anziano prelato di paese, parente di Fausto Coppi, tuttavia, fuori da ogni previsione, visione e apparizione, il nome di Padre Frediani lo ha reso celebre la serie tv cult “Boris”.
Sarà infatti Corrado Guzzanti che interpreta nella serie il problematico e mistico attore Mariano Giusti, a dare nuovo lustro al nome di Padre Frediani, ponendo continuamente al suo “prete agente camorrista” sempre interpretato da lui, Padre Gabrielli e a tutti i dirigenti della rete, l’aut aut di voler interpretare il ruolo di Padre Frediani per una fantomatica fiction Rai.
 

Mariano Giusti racconterà a René Ferretti, regista de “Gli Occhi del cuore”, la serie abominevole al centro delle vicende di Boris, che dal suo stato di pazzia l’ha salvato appunto un apparizione di Gesù: «Ieri. Ero sulla Roma-L’Aquila guidavo, ero solo in macchina. A un certo punto mi volto e sai chi c’era accanto a me? [...] Gesù. [...] Gesù Cristo. Allora chiaramente ho accostato, che fai non accosti?».

 

Guzzanti col personaggio di Giusti ripercorre il misticismo del vero Frediani, cita appunto le visioni profetiche avvenute sulla Roma-L’Aquila, come il burbero Papa Emanuel ha metodi piuttosto invasivi per convincere le persone a pregare come quando al giovane stagista Alessandro, reo di non assecondarlo, dice con una mazza in mano: «Qua siamo in due e mi sembra che l’unico, fra noi due, che sta facendo uno sforzo per evitare che io ti meni sono sempre io, la stessa persona che, prima o poi, ti menerà».


Il geniale Mariano Giusti nel rapporto col suo “agente-prete-camorrista” Padre Gabrielli, che «non ho mai detto messa perché la domenica sto con mio figlio», ripercorre tutta l’estasi mistica e catartica del vero Frediani, imponendo una trattativa per non recitare ruoli che non siano di uomini di Chiesa, trattando come “vili peccatori” i suoi colleghi di set, rei di aver costruito carriere in squallide camere di motel. Come il vero Frediani anche Giusti racconterà nella serie di aver parlato con Gesù varie volte come quando sempre allo stagista Alessandro racconta «E mi parla, mi parla... e a un certo punto mi dice “Frediani... Che poi lui è muto, non parla veramente, è più... più... tu chiamala trasmissione del pensiero, chiamala empatia, chiamala telepatia, ma che cazzo vuoi!».
 

I sogni di gloria di Mariano Giusti si fermano davanti alla crudeltà di Lopez, crudele uomo della Rete, che gli dirà che per il prestigioso ruolo del “Beato Frediani”, la rete sta pensando ad un attore di prima fascia, Fabrizio Frizzi. Tuttavia Giusti, come il vero Gino Frediani, dopo la cacciata dalla parrocchia non si scoraggia e vede questo ostacolo come prova che lo porterà ad uccidere “l’agente-prete-camorrista” Padre Gabrielli.

Non sappiamo se il vero Padre Frediani, nelle sue visioni, negli scenari apocalittici avesse previsto che la sua storia avrebbe forse fatto più ridere che riflettere. Tuttavia, mentre i monti del pistoiese scompaiono e gli abitanti si interrogano sul perché dopo decenni qualcuno sia sulle tracce di quel Papa di provincia, ci si può chiedere se Gino Frediani avrebbe cambiato sulla sua idea di felicità «che doveva essere forgiata dalle fiamme dell’Apocalisse» a favore di quella più terrena di Padre Gabrielli, che interrogato da Biascica, il tuttofare del set di Boris, risponde: «O segreto pe’ sta buono nella vita? Vuo’ sape’, qual è? ‘O segreto, vuo’ sape’ qual è? ‘A palestra». E su questo non c’è Apocalisse che tenga.