Dalla seconda metà degli Anni Novanta, quando a Firenze scatta l’operazione “Gladioli Rossi”, nessuna procura italiana è mai riuscita a provare l’esistenza di una vera mafia cinese con caratteristiche simili alle organizzazioni italiane.
Le Triadi, le antiche società segrete come la 14K, l’Unione dei Bambù o la Wo-Shing-Wo, con i loro rituali a base di bastoncini d’incenso, le trentasei regole di condotta e le rigide gerarchie di ruoli con nomi suggestivi come “Placca di Ferro”e “Sandali di Paglia”, rimangono confinate a Hong Kong, a Taiwan, al Sudest asiatico e ai film di John Woo.
Tuttavia, prima e dopo la comparsa sulla scena dei fratelli Cai, alcuni eventi scollegati tra loro suggeriscono che sotto la Chinatown di Milano si stia agitando qualcuno, o qualcosa, che forse non sarà una struttura con capacità organizzative, ma costituisce quantomeno una mentalità, uno stato diffuso capace di proiettare gli schemi criminali su un piano ben superiore rispetto ai racket di strada.
I segnali si moltiplicano, come note a margine della cronaca cittadina.
La mattina del 6 agosto 2013 gli automobilisti in transito su viale Mac Mahon assistono increduli alla scena che si sta svolgendo al primo piano di un grosso palazzo grigio: tre ragazze cinesi completamente nude si calano da un balcone, ondeggiano nel vuoto, riescono a planare sul marciapiede e fuggono verso una farmacia. Hanno ancora mani e piedi parzialmente legati, raccontano di un sequestro durato ventiquattr’ore, dopo che qualcuno le aveva attirate in un appartamento con la scusa di un lavoro. La Squadra Mobile sospetta che il rapimento delle tre vada inquadrato nella contesa sotterranea tra gruppi rivali attivi nello sfruttamento della prostituzione.
Alcuni di questi fili tesi attraverso il quartiere, e molti altri che avviluppano la comunità, convergono su due indirizzi precisi, entrambi nel cuore di Chinatown. Sorgono al numero 14 di via Giordano Bruno e al 20 di via Paolo Sarpi e sono il quartier generale di Money 2 Money, un servizio di money transfer di proprietà di Cai Cheng Qiu e Cai Chengchun, due fratelli che controllano già numerose attività nel settore tessile, nella logistica e nella ristorazione, e adesso hanno deciso di lanciarsi nelle telecomunicazioni. (…) Un membro dell’organizzazione definisce i database nascosti nei server della Money 2 Money “le chiavi del cielo”; per la Guardia di Finanza, negli anni tra il 2006 e il 2015, la Money 2 Money è la base da cui parte un colossale sistema per riciclare denaro proveniente da ogni tipo di affare illecito: «Quando abbiamo iniziato a sorvegliarli, prima attraverso attività sul campo e poi anche con mezzi informatici, ci siamo resi conto subito che non erano normali money transfer dedicati al pubblico. Aprivano solo su appuntamento, fuori dagli orari di ufficio, spesso di notte, un po’ per sincronizzarsi sul fuso orario cinese e un po’ per non attirare troppo l’attenzione. I centri Money 2 Money erano una specie di circolo privato, ricevevano solo individui che poi abbiamo identificato come teste di legno di personaggi molto più potenti e riservati», racconta un ufficiale della Guardia di Finanza che ha seguito il caso.
Tra le figure che arrivano in via Giordano Bruno e in via Paolo Sarpi alle ore più impensate ci sono i prestanome di gente come Qi Yudong, 36 anni, che verrà arrestata e condannata per sfruttamento della prostituzione: la donna dello Zhejiang controllava numerosi centri massaggi tra Milano e Firenze, con ragazze che giravano in continuazione tra una sede e l’altra, offrendo servizi sessuali per somme tra i 30 e i 120 euro.
Oppure i referenti di faccendieri come Zheng Ming Xin, fermato al porto di Livorno con un carico da quasi mezzo milione di euro di prodotti Dior e Gucci contraffatti.
Alcuni dei clienti vengono identificati come individui lambiti dalla vecchia Operazione Gladioli Rossi, personaggi che potrebbero essere coinvolti nella produzione e nello spaccio di shaboo, la droga sintetica che a Milano si è diffusa ben oltre la comunità cinese, ormai da anni. Altri sono legati a Song Zhicai, protagonista di una rocambolesca fuga dalla Cina, dove era ricercato per appropriazione indebita, e autore della clamorosa truffa del CinaMercato di Muggiò; una storia che - come scopriremo più avanti - coinvolge anche il boss della ‘ndrangheta Rocco Cristello. (…)
Ma cosa sono davvero “Le Chiavi del Cielo”? Si tratta, semplicemente, del più completo database della comunità cinese in Italia, di cui i fratelli Cai hanno preso il controllo attraverso le schede SIM Tian Tian, “Cielo Cielo”, ricaricabili che garantivano tariffe stracciate per le telefonate da e verso la Cina. Solo tra il 2006 e il 2010, dicono gli inquirenti, ogni cittadino cinese sul territorio italiano in possesso di una scheda Tian Tian potrebbe aver versato a sua insaputa milioni di euro su conti correnti domiciliati nello Zhejiang o nello Hubei, tutto grazie a un click dei fratelli Cai, che si erano impadroniti della sua identità. Nei quattro anni di attività più intensa la somma riciclata attraverso “le Chiavi del Cielo” raggiunge la stellare cifra di quattro miliardi e quattrocentosessantamilioni di euro, ma il denaro potrebbe essere ancora di più, visto che Cai Cheng Qiu e Cai Chengchun saranno arrestati solo nel 2015. (…)
In Cina le porte delle case tradizionali hanno forme tondeggianti per impedire l’ingresso degli spiriti, che secondo la tradizione possono muoversi solo in linea retta.
Gli account-fantasma dei fratelli Cai, però, identità spettrali costruite sul web, sono riusciti ad arrivare ovunque.
Aggiornamento del 20 gennaio 2022
Nessuna delle notizie a noi riferite, pubblicate nell’articolo di Antonio Talia, “Mafia cinese a Milano”, è vera: che siamo accusati di associazione mafiosa; che in via Giordano Bruno 14 e in via Paolo Sarpi 20 vi sia stato il “quartier generale” di Money2Money; che controlliamo attività nei settori tessile, della logistica e della ristorazione; che Money2Money abbia gestito illecitamente il proprio Archivio Unico Informatico; che come clienti di agenzie plurimandatarie che lavoravano anche con Money2Money figuravano soggetti legati alla criminalità organizzata; che siamo stati accusati di aver utilizzato illegittimamente i nominativi dei nostri clienti di servizi di telefonia. Siamo residenti da molti anni in Italia, totalmente incensurati. Abbiamo sempre lavorato nel pieno rispetto della legge, siamo imputati in un processo pendente davanti al Tribunale di Prato relativo ad accuse risalenti al giugno 2010 che riguardano Money2Money, un intermediario finanziario autorizzato nel quale avevamo una partecipazione del 50% senza aver mai assunto cariche gestionali. Abbiamo piena fiducia nella magistratura e siamo certi, anche per come si sta evolvendo l’istruttoria dibattimentale, che il Tribunale accerterà la nostra innocenza. Nello stesso procedimento era imputato anche nostro padre, il quale a causa delle sue condizioni di salute (in seguito è deceduto) ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato per i medesimi reati a noi contestati ed è stato assolto con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste. La nostra attività imprenditoriale nel settore della telefonia, che esercitiamo legittimamente sin dagli anni ’90, non è coinvolta in alcun procedimento giudiziario.