Un medico non può per decreto derogare alla sua deontologia e alla Costituzione. L’intervento della Vice segretaria generale di Cittadinanzattiva e coordinamento Forum Diseguaglianze e Diversità

Dalla salute globale alla salute “selettiva”: il mondo si è di nuovo capovolto

La vicenda degli sbarchi “selettivi” al porto di Catania è ormai nota a tutti: dopo che centinaia di persone migranti soccorse dalle navi umanitarie sono rimaste bloccate in mare in attesa di un porto sicuro, i medici degli Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) - strutture direttamente dipendenti dal Ministero della Salute dislocate omogeneamente sul territorio nazionale - sono stati coinvolti per procedere a sbarchi “selettivi” sulla base dello stato di salute delle persone accolte.

È altrettanto noto che - nel rispetto dei trattati internazionali in questa materia - le persone soccorse in mare debbano essere trasportate nel porto sicuro più vicino alla zona del salvataggio e che sia vietata qualsiasi selezione nel rispetto del principio di non discriminazione.

Evidentemente meno nota è l’idea che un medico non possa per decreto derogare alla sua deontologia e alla Costituzione italiana e prestarsi a garantire una discutibile salute “selettiva”. Una decisione grave a tal punto da costringere il Presidente dell’ordine dei medici Fnomceo, Filippo Anelli, ad intervenire con una dichiarazione, totalmente condivisibile, sulla deontologia medica: “I medici – ha detto il presidente Fnomceo - in queste situazioni non possono essere inviati come strumento per regolare i flussi migratori ma solo per tutelare la salute di quelle persone, così come garantito dalla nostra Costituzione. Un intervento legislativo in questo senso sarebbe contrario alla natura stessa dell’essere medico. Noi siamo tenuti a tutelare la salute di tutti, non di chi risulta essere più o meno simpatico”.

Pensare di affermare un’idea di salute “selettiva" appare quanto meno bizzarro rispetto a quello che noi cittadini, operatori sanitari, istituzioni dovremmo aver appreso durante questi anni di pandemia: la salute di ognuno e di tutti è interconnessa e necessita di una visione globale che guardi all’altro, perché “nessuno si salva da solo”.

Con il rischio di “salute selettiva”, tra l’altro, ci facciamo i conti tutti i giorni: ad esempio succede nel costringere bambini in carcere insieme alle loro mamme, nel non assegnare il medico di famiglia ai senza fissa dimora, nel non prevedere sufficienti psicologi nei servizi sanitari pubblici e per estensione nell’essere costretti a pagare visite mediche privatamente – cosa che evidentemente non tutti possiamo fare – a causa di un servizio pubblico depauperato di risorse umane e economiche.

Ci pare che, in questo mondo che rischia di capovolgersi ogni giorno, sia necessario tenere alta l’attenzione sulla salute come diritto umano fondamentale, dando piena attuazione al diritto a una salute globale. Il che significa che ogni persona ha diritto a star bene, a godere di un benessere complessivo bio-psico-sociale e siccome salute e malattia sono considerate risultati di processi non solo biologici ma anche economici, sociali, politici, culturali e ambientali, per proteggere la salute ogni individuo deve avere accesso all’acqua potabile, al cibo sano, ai servizi igienici, deve essere libero da violenze, torture, discriminazioni e forme di schiavitù, deve godere dei diritti e delle libertà fondamentali, deve avere accesso all’istruzione, ai servizi sanitari, alla prevenzione e alle terapie disponibili.

Questa è la visione di salute di cui tutti noi negli ultimi due anni abbiamo letto, discusso in ogni luogo, spiegato ai ragazzi a scuola, che medici ed infermieri hanno praticato negli ambulatori e negli ospedali, senza sosta e nonostante tutte le difficoltà organizzative, la carenza di personale e la mancanza di risorse. Ed è la stessa visione che ha ispirato la Carta civica sulla salute globale che si avvia a vedere la luce su iniziativa di Cittadinanzattiva, con il coinvolgimento di esperti, attivisti e persone delle istituzioni, e che sarà presentata al pubblico il 19 novembre in Umbria a Fa’ la cosa giusta.

Proviamo ancora una volta a mostrare, anche con questa Carta, che i cittadini tutti – come il presidente della Fnomceo è stato sulla vicenda sugli sbarchi – possono essere l’anticorpo alle strumentalizzazioni, gli elementi di garanzia per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni, il sostegno ai soggetti in condizione di debolezza, soprattutto di quelli più vulnerabili e degli invisibili, la tutela dei valori fondanti del Servizio sanitario nazionale, nato per rispondere ai bisogni di tutte le persone, compresi migranti regolari e irregolari. Senza i cittadini e le loro organizzazioni, senza forme di collaborazione e di alleanza fra la cittadinanza attiva e gli operatori dei servizi nell’esercizio della loro professione, le imprese e gli imprenditori che vogliono esercitare la loro responsabilità, i giornalisti e i comunicatori che scelgono il racconto dei fatti e non la propaganda, questo Paese non potrà diventare migliore o peggiore soltanto a seconda di chi ci governa.

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