Potere
Ancora non arriva il decreto del presidente del Consiglio (dpcm) che sblocca 2 miliardi di euro di opere in vista dell’anno giubilare del 2025: la premier vuole uno dei suoi dentro l’organizzazione. E ha scelto l’ex presidente siciliano.
di Carlo Tecce
Ormai da un mese il decreto del presidente del Consiglio (dpcm) che deve sbloccare - con notevole ritardo - i circa 2 miliardi di euro per il Giubileo 2025 sta per essere firmato, ma non viene firmato, sfrigola tra un ufficio e un altro e però non tocca il punto di cottura giusta. Il governo di Giorgia Meloni non vuole ratificare supinamente ciò che il governo di Mario Draghi ha già avviato. Perché stupirsi: non si condivide la storia, figurarsi la cronaca. Quello che era valido ieri, oggi va ricalibrato.
Il governo vuole sentirsi più determinante per il Giubileo, un evento che riguarda 1,4 miliardi di cattolici nel mondo e porterà a Roma milioni di pellegrini. E dunque Meloni vuole coinvolgere l’ex presidente siciliano Nello Musumeci di Fratelli d’Italia, ministro del Mare con delega alla Protezione Civile, per monitorare da vicino l’organizzazione del Giubileo.
“Le dotazioni finanziarie”, 1,335 miliardi di euro per 135 cantieri e 110 milioni di euro per l’accoglienza, sono già disponibili su un conto corrente della Tesoriere dello Stato. Draghi ne ha affidato la gestione a una società di scopo interamente controllata dal ministero dell’Economia e denominata “Giubileo 2025”; amministratore delegato Marco Sangiorgio (ex di Redo sgr e di Cassa depositi e prestiti), presidente Matteo Del Fante (ad di Poste Italiana). “Giubileo 2025” è formalmente attiva da metà luglio e dovrà svolgere le funzioni di soggetto pagatore e vigilante.
A differenza del passato, per esempio del Giubileo di venticinque anni fa, la politica non ha accesso diretto ai capitali, ma ovviamente il “programma dettagliato” delle opere e la relativa burocrazia sono attribuiti al Comune di Roma e dunque al commissario straordinario, il sindaco Roberto Gualtieri.
Lo stesso Gualtieri ha compilato una lista di 335 interventi per “il decoro del patrimonio culturale” di Roma che sono finanziati da un fondo di 500 milioni di euro in capo al ministero della Cultura di Daniela Santanché. Altri soldi bloccati in attesa del dpcm di Meloni.
Al momento, secondo la ricetta di Draghi, il governo riveste un ruolo di sorveglianza in due contesti diversi: il tavolo istituzionale che ospita anche sei parlamentari e la cabina di regia che ha maggiori poteri. Poiché tra due anni esatti papa Francesco sarà chiamato a spalancare la Porta Santa e non esistono neppure i progetti dei lavori, il terrore di tutti – dal Vaticano alla giunta Gualtieri fino a Palazzo Chigi – è che si rischi il collasso strutturale della capitale (in contemporanea si apriranno cantieri per 8,2 miliardi di euro previsti dal Pnrr) e soprattutto il fallimento del Giubileo. Allora il governo non vuole delegare, vuole starci, e ragiona su due novità. La prima: un ruolo per il ministero di Musumeci; la tragica frana di Ischia ha rallentato le procedure, anche se – confermano i suoi collaboratori – ci sono già state delle riunioni di governo. La seconda: non un decreto del presidente del Consiglio, ma addirittura due, per rivedere l’elenco dei lavori e adeguare le aspettative alla realtà.