L’istituto statale per sordi di Roma a rischio chiusura: «La politica non si occupa di disabilità»

L’ente pubblico è da sempre un punto di riferimento per la comunità. Ma solo grazie alla forza dei suoi lavoratori. «Dovrebbe beneficiare di finanziamenti stabili, invece, dopo un unico tentativo di riforma mai realizzato, l’Istituto è commissariato dal 2007. E nessuno ha fatto più niente»

È l’unico ente pubblico rimasto in Italia a occuparsi di sordità. Aperto nel 1700, l’Istituto statale per sordi di Roma (Issr) è diventato un punto di riferimento per le persone sorde e per le loro famiglie. Per enti, università, associazioni e chi opera nel settore, soprattutto grazie alla forza dei suoi lavoratori che, nonostante gli stipendi arretrati, i contributi non versati da anni e la precarietà dell’occupazione, non hanno mai smesso di garantire attività e servizi. « L’Issr è un luogo di incontro, un archivio, una libreria, un centro multimediale e di ricerca, un ente che si dedica alla formazione di figure professionali specializzate, che rischia di chiudere perché nessuno pensa al futuro. Non c’è persona sorda in Italia che non lo conosca», spiega Virginia Giocoli, avvocato.

 

Lo scorso agosto le organizzazioni che risiedono all’interno dell’Istituto le hanno chiesto supporto per avviare una campagna legale e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica affinché l’Issr torni ad essere al centro del dibattito politico. Tra queste l’Anios, associazione di interpreti di lingua dei segni italiana, il Laboratorio Zero che è una delle prime compagnie teatrali per sordi, la cooperativa il Treno impegnata per la formazione su tematiche legate alla sordità, il Cabss, centro di assistenza per bambini sordi e sordociechi e il Gruppo Silis per lo studio e l’informazione sulla lingua dei segni italiana.

 

I lavoratori dell’Issr, per metà persone con disabilità, sono precari e l’Istituto è in attesa di essere riformato dall’inizio del duemila. Come previsto dalla legge Bassanini del 1997, dopo la chiusura delle scuole specializzate, avrebbe dovuto essere trasformato in un ente nazionale di supporto all’integrazione dei minorati dell’udito. Diventando, così, un soggetto autonomo sottoposto alla vigilanza del ministero dell’Istruzione. «Dovrebbe acquisire la dignità di polo sociale e culturale che merita e beneficiare di finanziamenti stabili necessari alla sua sopravvivenza » chiarisce Giocoli. Invece, dopo un unico tentativo di riforma mai realizzato, l’Istituto è commissariato dal 2007, «e nessuno ha fatto più niente». Negli anni i finanziamenti straordinari dedicati alla struttura si sono affievoliti fino ad arrivare a determinare la situazione critica attuale: un deficit di circa due milioni di euro a cui l’ultima commissaria nominata nel dicembre del 2021, vuole iniziare a riparare chiedendo il canone di locazione alle organizzazioni che abitano l’edificio.

 

Il punto non è che le associazioni non vogliono pagare l’affitto ma «il rovesciamento di prospettiva: la politica dovrebbe riconoscere il ruolo fondamentale dell’Istituto statale di Roma per la comunità sorda e avviare la riforma prevista dalla legge». Anche perché è chiaro che se la situazione rimane questa l’Istituto presto chiuderà. «Qual è il senso delle dichiarazioni del governo sullo stanziamento nel Pnrr di 6 miliardi per il sostegno alle persone con disabilità quando si lascia decadere l’unico centro di riferimento pubblico per la comunità sorda?» si chiede Giocoli.

 

Proprio per trovare una risposta alla precarietà lavorativa, all’incertezza giuridica e alla mancanza strutturale di risorse, frutto dell’inaccettabile noncuranza delle istituzioni negli degli ultimi vent’anni, le associazioni che rappresentano l’anima dell’Istituto hanno deciso di rompere il silenzio e di chiedere la costituzione di un tavolo di consultazione con i Ministeri competenti, i rappresentanti della conferenza Stato-Regioni, le organizzazioni sindacali e la commissaria straordinaria. Per individuare fondi e forme di finanziamento necessari nel breve periodo alla sopravvivenza dell’Istituto ma anche per avviare finalmente i lavori di riforma. Al fine di riconoscere l’Issr per ciò che è: un ente di ricerca e un punto di riferimento indispensabile per la comunità sorda italiana.

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