Alberi da adottare, eventi su Facebook per raccogliere tulipani, aggiornamenti costanti sulla crescita di frutta e verdura. Ecco come giovani imprenditori e nuove aziende innovano il settore

Il ritorno alla terra passa dai social: così orti e agricoltura abbracciano le nuove tecnologie

Ordinare le verdure dell’orto comodamente seduti sul divano di casa. Adottare un albero e riceverne i frutti. Iscriversi a un evento per raccogliere fiori. Sono attività che stanno diventando abituali grazie ai social network e alle piattaforme che tantissime Pmi (Piccole e Medie Imprese) del settore agricolo utilizzano come “vetrina” per dare visibilità ai loro prodotti.

 

«Economia tradizionale ed economia digitale corrono di pari passo e le aziende puntano all’innovazione per farsi conoscere e per diventare competitive», sottolinea Luca Colombo, Country Director di Meta (azienda a cui fanno capo le piattaforme Facebook, Instagram, Messenger, WhatsApp e Reality Labs) in Italia. «Il digitale può contribuire a far crescere anche quei settori come l’agroalimentare che ha registrato un calo dell’occupazione e che sta rinascendo soprattutto grazie ai giovani».

 

E giovani sono i fondatori de L’Orto di Jack, Giuseppe Carciati e Giacomo Messina, grossisti di frutta e verdura per la ristorazione. Un’impresa che oggi conta quindici dipendenti e un negozio fisico in via Ravizza a Milano. Con la chiusura di bar e ristoranti che ha paralizzato l’intero settore horeca, l’Orto di Jack ha deciso di investire sui social per raggiungere un target diverso: «I nostri clienti effettuano ordini stagionali ma ricercano anche primizie. Da un lato abbiamo le mamme che amano la buona cucina e fanno attenzione alla provenienza di cosa mettono a tavola, dall’altro ci sono le donne in carriera che hanno meno tempo per la spesa tradizionale. Come fidelizzarle? Proponendo video ricette facili e veloci da realizzare con i prodotti dell’orto. E abbiamo colpito nel segno», racconta Giuseppe Carciati. Guardando al futuro, L’Orto di Jack pensa a una linea di conserve e verdure sott’olio e all’espansione del business B2B in tutta Italia, anche sfruttando la leva del crowdfunding. Per quanto riguarda la comunicazione, è diversificata: su Instagram le sponsorizzazioni sono rivolte ai giovani, su Facebook a un pubblico più maturo.

 

Un giardiniere, Michele, formatosi in Austria. Una mamma disoccupata a causa della crisi economica, Cecilia, con la volontà di trasferire la bellezza che la terra può donare. Due ingegneri, Luciano e Sergio, che hanno messo al servizio della terra le loro competenze. Tutti insieme danno vita e colore a Tulipania, campo di raccolta open air da 25 mila metriquadri a Terno d’Isola vicino Bergamo, dove grandi e piccoli possono andare a raccogliere fiori e altri prodotti come le zucche. “L’ingresso a Tulipania è sempre stato gratuito e senza obbligo di acquisto (si va da 1,5 euro per un fiore a 10 euro per un bouquet, ndr), sottolinea Luciano Alborghetti, co-founder Tulipania. «Il pubblico è molto eterogeneo: famiglie con bambini, coppie giovani, nonni e nipoti, influencer, appassionati di fotografia, diversamente abili perché i nostri campi non hanno barriere. Arrivano prevalentemente dalla Lombardia ma non mancano i turisti stranieri soprattutto in concomitanza con gli eventi che organizziamo: dai pic nic all’aperitivo open air. Con l’e-commerce, creato durante il lockdown, raggiungiamo tutte le regioni italiane».

 

«Distinguere tra tradizione e innovazione è facile. Ciò che è un po’ più complesso, invece, è capire se l’innovazione sia rispettosa o meno, anche a lungo termine, delle leggi che governano la natura e, in particolare, dell’agricoltura in quanto fonte di sostentamento principale della società». Recita così la presentazione online de L’Orto di Vì che nasce a Sutri in provincia di Viterbo, sempre durante la pandemia, come piccola impresa agricola biologica in un territorio vocato alla produzione di ortaggi e legumi: prima la consegna porta a porta, poi il packaging biodegradabile, infine la comunicazione attraverso Facebook, Instagram, WhatsApp. «Produciamo verdure di stagione e anche il fagiolo denominato La regina di Sutri, argomento della mia tesi di laurea in agraria», dice Viviana Leo, classe 1995, che ha scelto come logo-mascotte della sua impresa un’oca da cortile. «Mi definisco una ‘digital farmer’ perché racconto quotidianamente online cosa avviene nel mio orto condividendo spunti e suggerimenti. L’obiettivo? Che chi compra i miei prodotti possa esclamare: "Erano anni che non mangiavo un pomodoro così buono”».

 

I frutteti digitali sono invece il fiore all’occhiello di Biorfarm, azienda agricola di Rossano Calabro selezionata dall’incubatore di startup H-Farm. «La nostra missione resta quella di sostenere la piccola agricoltura di qualità creando connessioni diverse fra produttore e utilizzatore finale. A vantaggio dell’intero ecosistema», dice Giuseppe Cannavale, co-founder Biorfarm. «È importante educare il mercato su temi quali origine e stagionalità o sul perché sia fondamentale comprare locale». E si possono anche adottare alberi da frutto, ulivi, filari di vigneti, porzioni di campo di grano tramite l’e-commerce del Biomarket. «Raggiunta la maturazione, ogni cliente può decidere se partecipare alla raccolta oppure ricevere i frutti a casa entro 24/48 ore. Quando abbiamo iniziato a usare Facebook, contavamo meno di cento clienti e poco più di un centinaio di alberi adottati. Oggi i contatti sono 20 mila con 17 mila utenti attivi. Anche la ricerca di nuovi farmer passa attraverso i social».

 

Un progetto che coinvolge pure gli istituti di istruzione primaria grazie alla partnership con Giunti Scuola: ogni classe ha la possibilità di scegliere un albero della comunità agricola digitale, dargli un nome e ricevere una fotografia. Gli esemplari provengono dalle zone più colpite da calamità naturali, in cui l’ecosistema è stato messo a dura prova.

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