«Dopo Giulio Andreotti, Giorgia Meloni è il solo politico romano capace di una leadership nazionale». Basterebbe questa frase detta dal democristianissimo Gianfranco Rotondi per iniziare il nuovo capitolo della storia di Fratelli d’Italia, scritto da Guido Crosetto, altro ex Dc e tra i fondatori del partito con la Fiamma.
Titolo: come far sembrare FdI un partito moderato. Sottotitolo: mettiamo la polvere della destra che guarda ancora al Duce sotto il tappeto. Un capitolo che da qualche anno per conto di Meloni sta curando in persona lo stesso Crosetto, tessendo una rete moderata dentro e fuori i palazzi della politica. Poi si vedrà se alla fine questo gran lavoro avrà un peso nelle scelte di un possibile governo guidato da FdI, intanto l’opera di inserimento di centristi ed ex Dc nelle file del partito si è conclusa con la presentazione delle liste ufficiali. Un tassello di una operazione di “democristianizzazione” del partito che è anche culturale, come si vede da certi amorosi scambi che vanno avanti da qualche mese tra Meloni e la Fondazione De Gasperi o la Luigi Einaudi di Roma: uno snodo chiave, come vedremo, della rete di Crosetto per allargare lo spazio del partito che sul simbolo ha, con orgoglio rivendicato dalla leader, la Fiamma stilizzata che riprende quella storica del Movimento sociale italiano, la casa degli ex fascisti fin dal 1946.
DEMOCRISTIANI PER GIORGIA
Meloni in piena campagna elettorale prova a smorzare i toni rudi utilizzati al comizio di Vox in Spagna e lo fa seguendo i buoni consigli di chi gli dice di aprirsi ai centristi e agli ex democristiani: lei non ama entrambi, come sanno bene in casa FdI, ma l’operazione di “incipriamento” iniziata già da un paio di anni è andata a compimento proprio nel giorno della presentazione delle liste che vedono al loro interno nuovi ingressi, tutti di aree centrista.
Un gesto di apertura nei confronti degli alleati Lega e Forza Italia, alle prese con tagli e la grana dei tanti uscenti, per accogliere moderati. Ma anche un colpo a effetto perfetto per la campagna elettorale. Con Fratelli d’Italia per la Camera sia all’uninominale ad Avellino sia nel proporzionale in Sicilia è candidato proprio Rotondi, democristiano fin dal 1975, che da settimane si lancia in lodi sperticate di Meloni: non solo definendola la nuova Andreotti, ma sostenendo la tesi che grazie a lei gli ex democristiani possono trovare adesso una casa sicura. Insomma, Meloni come Berlusconi, FdI come Forza Italia, seguendo il ragionamento di Rotondi. In questo scenario non sorprendono quindi le candidature con Fratelli d’Italia dell’ex ministro simbolo del berlusconismo Giulio Tremonti nel collegio uninominale di Milano e capolista nel proporzionale alla Camera e del professore Marcello Pera al Senato, capolista in Campania e nell’uninominale in Sardegna.
La strategia di allargamento al centro va comunque avanti da un paio di anni almeno, guardando proprio al voto delle Politiche, a dimostrazione di come da tempo Meloni e Crosetto stiano studiando da prossimi capi di governo. Sì, entrambi: perché se è chiaro che Meloni è la leader in pectore, i bene informati in casa FdI dicono che anche l’ex sottosegretario alla Difesa e presidente della Federazione aziende italiane per l'aerospazio e la difesa stia facendo più di un pensierino alla poltrona di Palazzo Chigi.
Con Fratelli d’Italia sono passati volti storici del centro come quello di Raffaele Fitto, giovane forzista già ministro del quarto governo Berlusconi, di Elisabetta Gardini e Alfredo Antoniozzi, che hanno lasciato Forza Italia alle scorse elezioni Europee, ma anche di Luciano Ciocchetti, ex Udc e proveniente da una famiglia storica di democristiani romani e di Lucio Maran, volto azzurro nel Nord: oggi tutti candidati nelle liste di Fratelli d’Italia per il voto del 25 settembre. Dal mondo cattolico e centrista sbarcano nelle liste meloniane anche Eugenia Roccella, deputata con il Pdl ed ex portavoce del Family day, e la giornalista Alessia Ardesi. Al Sud in maniera magnanima, inoltre, il partito di Giorgia ha ceduto ad alleati del centro alcuni collegi blindati che sulla carta, e in base alla spartizione nazionale, spettavano inizialmente al partito: come quello di Palermo nel quale si candiderà l’ex ministro dell’Agricoltura ed ex democristiano allievo di Calogero Mannino, Saverio Romano. Ma tutto l’accordo con i Moderati di Noi con l’Italia, che a livello nazionale avrà 17 collegi quasi sicuri, è frutto dei buoni uffici e delle aperture di Giorgia.
LE FONDAZIONI CENTRISTE
Sempre con la regia di Crosetto c’è anche un’operazione culturale che FdI sta portando avanti per allargare il raggio di azione, diciamo così. Molti nomi della possibile nuova classe dirigente di governo FdI li sta pescando dalla Fondazione Luigi Einaudi di Roma e dalla Fondazione De Gasperi, non proprio due centri culturali assimilabili alla destra, anzi.
Crosetto da tempo ha messo piede nella Fondazione Einaudi, come componente del comitato scientifico con delega alle Politiche internazionali: insieme a lui c’è anche l’ex ministro della Difesa del governo Monti e ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, che ha aderito a FdI nel 2013 dopo lo scontro a Palazzo Chigi sulla gestione del caso dei due marò in India.
Un nome che gira tra i possibili ministri della Giustizia è quello dell’ex magistrato Carlo Nordio, candidato in Veneto al proporzionale e all’uninominale per FdI, che fa parte del Consiglio di amministrazione della Fondazione insieme a un’altra new entry nel “pensatoio” del partito, Fabrizio Palenzona: un nome che conta nel sistema economico del Paese, banchiere e dirigente d’impresa, già ex vicepresidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca e numero due di Confcommercio.
La Fondazione Einaudi, guidata dal messinese Giuseppe Benedetto, ex componente del Pli poi liquidatore e amministratore di diverse società, ultimamente non a caso si è distinta per le sue aperture a Meloni, con scambio di amorosi intenti. Come quando la leader di FdI ha pubblicamente aderito «alla proposta della Fondazione di eleggere insieme al prossimo Parlamento una assemblea costituente per riformare la Carta». La Fondazione sui social ha scatenato polemiche, difendendo ad esempio Meloni dall’accusa di essere fascista o con tweet che equiparavano «fascismo e comunismo».
Certo, difficile spiegare poi come una Fondazione che si ispira al liberale Einaudi possa strizzare l’occhio a un partito che ripropone il ritorno dello Stato nell’economia. Ma nel Paese vista voto tutto può succedere. Anche che la Fondazione De Gasperi, un nome che evoca moderazione e il cuore della storia della Democrazia cristiana, diventi fucina di classe dirigente futura di Fratelli d’Italia: Lorenzo Malagola, segretario della Fondazione, è candidato nelle liste FdI al proporzionale in Lombardia. La Fondazione lo scorso aprile insieme alla società di ricerca Ipsos ha poi pubblicato i risultati di un sondaggio sull’orientamento di voto degli ex sostenitori della Democrazia cristiana. Secondo lo studio, nel Paese il bacino degli ex Dc vale 5,6 milioni di voti potenziali e la preferenza andrebbe soprattutto a due partiti: il Pd e Fratelli d’Italia, la nuova casa dei centristi, a sentire Rotondi.
Quella di Meloni è una strategia che davvero vuole cambiare il percorso del partito, o soltanto un’operazione di facciata buona per il voto e nulla più? O meglio: se davvero arriverà lei al governo del Paese, ascolterà anche questo mondo nelle scelte politiche o no? In casa Fratelli d’Italia c’è chi ha più di un dubbio sulla reale bontà dell’operazione. Dice un dirigente di peso del partito: «Giorgia si fida di pochissimi e alla fine decide sempre ascoltando due, tre persone del suo cerchio magico, non di più». E di questo cerchio magico non farebbe parte Crosetto, bensì Ignazio La Russa, la sorella Arianna e il cognato Francesco Lollobrigida. Giorgia ha aperto la sua casa a centristi ed ex Dc e si è già presa gli applausi del meeting di Comunione e liberazione a Rimini: ma dopo il voto in quale stanza li ospiterà, nel salotto o nel ripostiglio?