Eleni Touloupaki ha condotto l’indagine sulla rete di tangenti pagate da Novartis Hellas a trentamila sanitari e amministratori per far lievitare i prezzi e imporli nella Ue. Ma i politici l’hanno fatta franca

Il primo gennaio del 2017 un manager di Novartis saliva sulla terrazza panoramica dell’hotel Hilton di Atene e minacciava di gettarsi nel vuoto, prima di essere dissuaso dall’intervento della polizia. Poco dopo, la procura anticorruzione rendeva noto di stare indagando su un presunto sistema di tangenti grazie al quale Novartis Hellas, la filiale greca della potente casa farmaceutica con sede a Basilea, avrebbe corrotto medici e politici per aumentare la prescrizione dei propri farmaci e mantenere alto il loro prezzo. Lo scandalo ottenne presto risonanza internazionale poiché all’epoca la Grecia era il Paese di riferimento per fissare il prezzo dei farmaci in 30 Stati, tra cui quelli europei. 

 In quegli anni il Paese stava attuando le riforme imposte dalla Troika con conseguenze drammatiche sul sistema sanitario nazionale: negli ospedali i medici denunciavano di non avere il filo per le suture e di essere a corto dei macchinari per eseguire le Tac.

Da allora sono passati cinque anni: la Grecia si è lasciata alle spalle gli anni bui della crisi del debito, ma il caso Novartis rimane aperto. Quello che per il partito di sinistra Syriza è «il più grande scandalo della storia dello Stato moderno» di cui ancora non si conoscono i colpevoli, per il governo conservatore di Nea Dimokratia è, al contrario, «una cospirazione», ordita da giornalisti e procuratori per infangare gli avversari politici. Il caso è tornato a infuocare il dibattito parlamentare e promette di alimentare lo scontro tra i partiti in attesa delle elezioni della prossima primavera. 

 Tra i protagonisti di questa storia figura la procuratrice più famosa di Grecia: Eleni Touloupaki, chiamata a guidare dal 2017 al 2020 l’unità anticorruzione con l’obiettivo di fare luce sullo scandalo. Accusata dagli esponenti del governo di avere agito in combutta con la sinistra, per molti cittadini rappresenta invece il volto nobile di un Paese a lungo incapace di fare i conti con la propria corruzione endemica. Nello studio del suo avvocato di Atene, la procuratrice si dice convinta di come la strategia criminale di Novartis abbia leso il diritto alla salute di tutti i cittadini europei.

«Migliaia di greci sono stati privati dell’assistenza sanitaria», racconta la procuratrice. «Ma anche l’Unione europea ha subito un durissimo colpo poiché all’epoca la Grecia era il Paese di riferimento per definire il costo dei medicinali: il sovrapprezzo dei farmaci ha quindi gravato sui bilanci degli Stati membri. Questa è stata l‘intuizione geniale di Novartis: provocare l’impennata dei prezzi in Grecia in modo da arricchirsi anche negli altri Paesi». 

 Fondamentali alle indagini sono state le rivelazioni di due ex dirigenti della casa farmaceutica, ancora oggi protetti dall’anonimato, e di un consulente del ministero della Salute. I programmi aziendali denunciati dagli informatori celavano dietro a nomi come «Exactly» e «Harvard» un’inquietante strategia con la quale Novartis sarebbe riuscita a affermarsi come la prima casa farmaceutica in Grecia negli anni più duri della crisi. Caposala, professori universitari, dottori di studi privati: l’azienda avrebbe intessuto a partire dal 2006 una rete di 30mila medici da corrompere con il pagamento di tangenti per ottenere la prescrizione di medicinali come il Diovan, farmaco per la pressione alta, o il Lucentis, con cui curare malattie dell’occhio. Secondo gli informatori, i medici sarebbero stati incentivati a prescrivere i farmaci anche a pazienti che non ne avevano bisogno. Le rivelazioni, però, non hanno travolto solo il mondo sanitario: anche ministri e politici sarebbero stati corrotti per mantenere alto il prezzo di molti farmaci. Grazie al sistema delle tangenti, inoltre, quando nel 2013 la Troika vietava al Paese di omologare nuovi medicinali per via dei tagli alla spesa pubblica, la Novartis sarebbe riuscita a fare introdurre nel mercato dieci suoi prodotti.

 

Quando nel 2017 Touloupaki è stata chiamata a guidare la procura anticorruzione aveva fama di essere una strenua combattente dell’evasione fiscale: documenti fondamentali come la «lista Lagarde» e i «Panama papers» avevano occupato la sua scrivania negli anni precedenti. Nel 2018, quando il partito di Syriza era al governo con Alexis Tsipras, le indagini della procura si sono concentrate su dieci politici, soprattutto ex ministri, appartenenti a Nea Dimokratia e al partito socialista del Pasok. Poi sette casi sono stati archiviati per mancanza di informazioni e nel 2020, un anno dopo la salita al governo del partito conservatore, l’unità anticorruzione è stata chiusa per legge. Oggi l’unico politico accusato di avere ricevuto tangenti è Andreas Loverdos, ex ministro della Salute eletto nel Pasok, il quale si professa innocente e attende di scoprire se verrà rinviato a giudizio o se il suo caso sarà archiviato. 

 Oltre l’Oceano Atlantico, invece, le indagini hanno preso una piega diversa. Prima di essere chiamati a testimoniare dalla procura greca, gli informatori avevano denunciato il sistema alle autorità statunitensi, autorizzate a indagare sull’operato di Novartis poiché la casa farmaceutica è quotata nella Borsa di New York. Le indagini dell’Fbi si sono concluse due anni fa, quando l’azienda ha ammesso di avere pagato tangenti ai medici, ha puntato a un accordo extragiudiziale e ha versato un risarcimento di 345 milioni di dollari alle autorità statunitensi per avere violato il Foreign corrupt practices act, la legge che vieta alle aziende di corrompere funzionari all’estero. Nell’accordo si menzionava il pagamento di tangenti ai medici, ma non ai politici greci.

 Poi, lo scorso gennaio, nel Paese che si fregia del titolo di culla della democrazia, gli accusatori si sono trasformati in accusati: quattro giornalisti greci noti per essersi occupati a lungo dello scandalo, Touloupaki e l’ex ministro della giustizia di Syriza Dimitris Papangelopoulos sono stati indagati per «cospirazione», «associazione per delinquere» e «abuso di potere». 

 Un’intimidazione politica, per gli accusati: «Fin dall’inizio, quando le indagini si sono concentrate sui piani alti delle istituzioni, l’intero sistema si è mobilitato per ostacolarle» sostiene Touloupaki. «Lo scandalo doveva essere coperto a tutti i costi perché la posta in gioco è enorme: le persone ritenute colpevoli sarebbero chiamate a rispondere delle loro azioni anche in altri Stati».  

A inizio luglio, infine, i giornalisti sono stati assolti da tutte le accuse; tra questi c’era Kostas Vaxevanis, editore del principale settimanale d’inchiesta greco, Documento, secondo il quale «queste intimidazioni sono la prova evidente del coinvolgimento della classe politica: altrimenti perché gli stessi testimoni ritenuti fondamentali dall’Fbi nel nostro Paese vengono definiti dei millantatori?».

La sentenza ha anche stabilito che le indagini di Touloupaki sul caso Novartis sono state condotte legittimamente, ma la procuratrice è ancora accusata di abuso di potere per non aver trasmesso in modo tempestivo al Parlamento un fascicolo relativo a un’altra vicenda: «Un’accusa palesemente infondata», per la procuratrice: «Destinata a cadere nel vuoto come tutte le altre». Anche all’ex ministro di Syriza si contesta l’abuso di potere per vicende non correlate a quella di Novartis; nel commentare la sentenza in Parlamento il premier Kyriakos Mitsotakis ha ribadito: «Syriza ha tentato di interferire nel sistema giudiziario per colpire gli avversari politici, ma la democrazia ha resistito».

 Il primo ministro ha poi chiarito come per Nea Dimokratia il caso sia «chiuso» ma ora le ultime mosse dell’esecutivo potrebbero riaprire la vicenda: un mese fa il governo ha annunciato di avere fatto causa al gigante farmaceutico con l’obiettivo di ottenere un risarcimento di 214 milioni di euro per i «danni non patrimoniali subiti a seguito delle azioni che la stessa Novartis ha ammesso, negli Stati Uniti, di aver compiuto e che riguardano il pagamento dei medici».

 

Interpellata, Novartis Hellas fa sapere attraverso il suo ufficio stampa che l’azienda «continua a collaborare con le autorità greche nelle indagini. L’accordo del 2020 tra la casa farmaceutica e il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha posto fine alle indagini ai sensi della legge statunitense, e l’azienda si riserva il diritto di difendersi da eventuali accuse in modo conforme all’ordinamento giudiziario greco. Novartis ribadisce il suo impegno a garantire l’accesso alle cure ai pazienti bisognosi».

 Per Touloupaki la mossa del governo è dettata dalla necessità di riscattare la propria immagine a livello internazionale dopo anni di inazione. L’esito dell’iniziativa è ancora incerto, ma ciò di cui la procuratrice è convinta è che la recente assoluzione di giornalisti e procuratori traccia una strada a senso unico per la ripresa delle indagini. «Se il sistema responsabile di avere favorito e poi tentato di nascondere lo scandalo non verrà smantellato continuerà a erodere le istituzioni e, di conseguenza, a danneggiare l’economia dell’Unione europea. La sfida di Davide contro Golia – sostiene la procuratrice – non è finita».