Hanno iniziato a Milano, ma ora gli studenti universitari si sono accampati anche davanti ai maggiori atenei e di fronte al ministero. Per riportare il tema del diritto allo studio al centro del dibattito

Cifre folli per gli affitti degli studenti. Ma non solo per loro. 620 euro costa mediamente una stanza a Milano, 1.200 euro un monolocale. Segue Roma con prezzi che vanno dai 465 per una singola ai 1.000 per un appartamento adatto ad accogliere una persona. Poi Padova, Firenze, Bologna. Così da quando Ilaria Lamera a Milano ha montato una tenda davanti al Politecnico, la protesta degli studenti contro la crisi abitativa si è allargata tantissimo.

 

Dopo il capoluogo lombardo gli studenti si sono accampanti anche davanti agli atenei di Roma - La Sapienza e Tor Vergata - al rettorato di Bologna, di fronte alle Università di Cagliari, Torino, Perugia, Padova, Pavia, Napoli e Lecce. Le tende sono apparse anche di fronte al ministero dell’Università e della Ricerca, portate dai membri del collettivo “Cambiare rotta”. «E si stanno aggiungendo anche altre città», spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu, unione degli universitari, che dopo aver immediatamente appoggiato la protesta di Lamera si fatta promotrice delle altre contestazioni che hanno preso vita in tutta Italia.

 

«Il problema del caro affitti esiste da tempo. La pandemia ha peggiorato la situazione. Ci dispiace che debba sempre servire un gesto d’impatto per attirare l’attenzione dei media e fare in modo che se ne parli. Questa è l’ennesima protesta che portiamo avanti. Ma almeno speriamo serva a cercare soluzioni efficaci a un problema che mette in discussione il diritto allo studio e di fatto impedisce l’accesso all’istruzione universitaria alle fasce popolari costrette a rinunciare perché non possono permettersi un posto in cui dormire».

 

«Abbiamo chiesto al Demanio alle Regioni e ai Comuni di mettere a disposizione degli studentati gli immobili dismessi», ha dichiarato la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini per rispondere alle richieste dei manifestanti. «Abbiamo già messo sul tavolo 400 milioni sugli alloggi per gli studenti e 500 milioni per le borse di studio. È quasi un miliardo sulla legge di bilancio. Poi passeremo anche ai fondi del Pnrr». Che però, come sottolinea Piredda, «per il 70 per cento sono destinati ai privati. Abbiamo fatto uno studio per capire come verranno utilizzati i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza: si evince che su dieci interventi più grossi, ben nove risultano essere proposti da soggetti privati. Gli stessi che già oggi offrono posti letto agli studenti a prezzi molto alti, con il rischio di aggravare il problema degli affitti invece di risolverlo. Vale una considerazione simile anche per l’idea di individuare il costo medio calmierato per ogni posto letto a livello territoriale: così si rischia di creare grandi dislivelli tra le città. In alcune i prezzi resteranno inaccessibili sulla base della convenienza, invece la misura dovrebbe essere nazionale e basata sulle esigenze delle persone che abitano le città. Apprezziamo le proposte della ministra per migliorare la condizione abitativa ma non sappiamo come verranno attuate e neppure le tempistiche. Servono soluzioni veloci».

 

Gli studenti, infatti, non hanno perso tempo. E come si capisce dal manifesto dall’Udu hanno già redatto 10 proposte per risolvere la crisi degli affitti e la mancanza di posti letto: incremento del fondo a sostegno dei fuorisede, dagli attuali 4 milioni ad almeno 50 milioni di euro. Blocco dei rincari degli affitti come hanno fatto in Spagna, Francia e Germania mettendo un tetto all’aumento del canone, «Chiediamo anche che il monitoraggio annuale delle locazioni da parte dell’Agenzia delle entrate, che esiste, sia completo e articolato. Al fine di avere una panoramica reale della situazione in Italia. Ma la principale tra le nostre proposte - conclude Piredda - riguarda la creazione di una commissione permanente all’interno del ministero che si occupi della questione abitativa. Una commissione che, però, coinvolga sia il ministero dei Trasporti, sia il Consiglio nazionale degli studenti universitari, l’organo che ci rappresenta, in modo che anche noi che siamo i diretti interessati possiamo parte alle decisioni».