Dopo aver impugnato i certificati di nascita di 37 figli di coppie lesbiche registrati all'anagrafe dal Comune, ora chiede in Tribunale il parere della Corte Costituzionale. E il giudice rinvia la decisione

La Procura di Padova che ha impugnato tutti e 33 gli atti di nascita di figli di coppie di due donne, registrati dal sindaco Sergio Giordani dal 2017, ha cambiato idea. E, dopo aver trascinato le coppie di mamme in Aula, chiede al Tribunale di mandare gli atti alla Corte costituzionale. 

 

È una storia che inizia nel mese di giugno: 33 coppie omogenitoriali si sono viste recapitare delle notifiche firmate dalla Procuratrice facente funzioni di Padova Valeria Sanzari con cui, in base al decreto del ministro Piantedosi, si chiedeva nei fatti la rettifica degli atti di nascita, dunque la cancellazione del cognome della mamma non biologica. «Togliere un genitore legale a minori anche a distanza di sei anni dalla nascita: un atto vergognoso e indegno di un paese civile», aveva commentato a L’Espresso Alessia Crocini, Presidente di Famiglie Arcobaleno.

 

Del perché, a distanza di 6 anni, la Procura che era già in possesso di questi atti abbia deciso di impugnarli resta materia da analisti politici. Postuma, la storia dirà. L’Espresso aveva già raccontato a metà marzo della direttiva del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, che aveva fatto pressione sulle Procure italiane affinché togliessero diritti e doveri ai figli e ai genitori delle famiglie arcobaleno. Eppure qui la procura si era spinta oltre, o meglio a ritroso nel tempo. 

 

Una questione politica favorita da un’opportunità giuridica, quella del vuoto legislativo. La giurisprudenza infatti è vaga e una legge non c’è: «Le coppie madri non accedono alla gestazione per altri, ricorrono alla Procreazione medicalmente assistita all’estero». La premessa, fondamentale, è di Stefano Chinotti, Avvocato di Bergamomembro della Commissione diritti umani del Consiglio Nazionale Forense e socio di Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford. Questa decisione, infatti, non ha nulla a che fare con il discusso ddl sul reato universale di gestazione per altri.  

 

«Se il bambino nasce all’estero la giurisprudenza è ormai pacifica nel dire che il certificato dei nati all’estero con due mamme possa essere trascritto in Italia perché non si tratta di azione contraria all’ordine pubblico (non c’è la Gpa). La questione che si pone è un’altra: è possibile iscrivere nei nostri registri dello Stato civile dei bambini che nascono non all’estero da due donne ma in Italia? Il tema è ancora oggetto di un dibattito giurisprudenziale. Ci sono sentenze della Cassazione che ci dicono che non è possibile ma ci sono anche pronunce di merito che dicono che è possibile». 

 

Il cambio di passo della Procura sorprende anche l'associazionismo arcobaleno: l'avvocatura Lgbti Rete Lenford nell'appello "Affermazione costituzionale" pubblicato il 23 giugno scorso, oltre a indicare che l’illegittimità della cancellazione di figli delle Famiglie Arcobaleno da parte delle Procure, aveva sollecitato ogni autorità a investire nuovamente la Corte costituzionale della tutela delle famiglie omogenitoriali. In udienza, il giudice "si è riservato", cioè la decisione è stata rinviata a un successivo momento: il tribunale potrebbe decidere di togliere i bambini alle loro mamme, rendendo 37 figli legalmente orfani di un genitore, oppure rinviare la questione alla Corte Costituzionale. 

 

Intanto, si apprende dall'associazione di genitori omosessuali Famiglie Arcobaleno, il Comune di Padova ha proseguito in questi mesi a registrare i figli di mamme lesbiche, nonostante l'impugnazione degli atti da parte della Procura. Si tratta di altre 4 coppie omogenitoriali, che hanno visto il bimbo e la bimba della mamma biologica venire alla luce all'ospedale di Padova. L'ultimo caso di registrazione è stato una quarantina di giorni fa. Difficile dire se, alla luce della giravolta della Procura di Padova, arriverà anche per loro lo stesso tipo di impugnazione già deciso dalla Procura per le precedenti 33.