«Se dovevo andare ad un matrimonio mi facevo prestare i vestiti, mi tagliavo i capelli da sola, era tutto fai da te, per non pesare. Anche per la mia salute non ho mai chiesto perché pensavo di non meritare. Mi dicevo: “Non fa niente, poi vediamo”. I soldi servivano per la famiglia e a gestirli è sempre stato mio marito», racconta Patrizia. Che per anni ha pensato che quella fosse la normalità: «Non avevo neanche i soldi per comprare da mangiare. Se si doveva fare la spesa andavamo insieme, ed è capitato che, a volte, al momento del pagamento alla cassa lui era fuori a fumare e io facevo passare le persone avanti, perché non potevo pagare senza di lui».
Patrizia si è sempre vista come una mamma, «forse troppo. E il fatto che lui provvedeva alle esigenze della famiglia, ai ragazzi, ai problemi, per me era buono, e non ho preteso altro. Credevo fosse la normalità, la mamma che si sacrifica, nella mia famiglia sono cresciuta così, finché non mi sono sentita come una bomba che esplode». Appena ha realizzato che per anni non è potuta essere quella che avrebbe voluto, non è stata più bene: «“Che ho fatto fino ad adesso? Chi sono stata fino ad adesso?”: mi rimbombava nella mente il tempo sprecato, la vita proprio. E che l’avevo deciso io».
In Italia più di una donna su tre, il 37 per cento, non ha un conto corrente proprio, secondo i dati del 2021. Il 21,5 per cento si trova in una condizione di dipendenza finanziaria. Come evidenzia anche il report che l’ong WeWorld, che da 50 anni lavora per difendere i diritti e in Italia ha un programma nazionale contro la violenza sulle donne, ha realizzato con Ipsos, in occasione del 25 novembre, la violenza economica degli uomini sulle donne è moto diffusa, soprattutto nelle relazioni intime: una su 10 dichiara che il partner le ha negato di lavorare. Il 49 per cento dice di aver subito almeno un episodio di violenza economica, la percentuale è ancora più alta tra le donne divorziate o separate: 1 su 4 ha spiegato di aver subito le decisioni finanziarie prese dal partner senza esser stata consultata. 1 su 4 dice di essere in difficoltà nel trovare un lavoro con un salario sufficiente al suo sostentamento. Il 37 per cento non riceve dall’ex compagno la somma concordata per il mantenimento dei figli.
La violenza economica, prima considerata come un abuso psicologico, oggi è riconosciuta come una tipologia chiara di sopraffazione. Con cui si intende quell’insieme di comportamenti messi in atto per controllare le abilità della donna di acquisire, utilizzare, mantenere risorse economiche. «Dalla nostra indagine emerge come gli abusi abbiano una natura trasversale ma colpiscano maggiormente persone che subiscono forme cumulative di discriminazione: donne molte anziane o molto giovani, con disabilità o dal background migratorio. Ha radici ben precise in sistemi socioculturali maschio-centrici e patriarcali che alimentano asimmetrie di potere. Per questo è importante una presa di scienza collettiva tutti i livelli di società», spiega Martina Albini, coordinatrice del Centro studi di WeWorld.
«Oggi ho trovato la mia felicità, ho trovato lavoro, ho trovato me stessa, perché finalmente mi sento proprio io», dice Patrizia, che è un nome di fantasia, alla fine di una lunga chiacchierata: «Ora non mi occupo più di mio marito, non sono dipendente dai suoi orari. In particolare, quando devo lavorare devo concentrarmi su quello. È cambiato il mio rapporto di coppia perché è cambiata la mentalità», spiega: «Ho vissuto come mamma per tanti anni, e poi sono diventata donna. E quando sono diventata donna ho capito che era tutto sbagliato. Ma era sbagliato anche il mio atteggiamento».