L'appello
«Diamo la cittadinanza italiana ai neonati coinvolti nella guerra a Gaza»
All’appello promosso dall'europarlamentare Pietro Bartolo e dall'artista Fiorella Mannoia aderisce anche L’Espresso
«Non riusciamo a sopportare il pensiero che siano proprio i bambini, israeliani e palestinesi senza distinzione, a pagare il prezzo più alto di questa guerra. Facciamo in modo che possano venire in Italia per vivere e non per morire». Così si legge nell’appello che Pietro Bartolo, il “medico di Lampedusa”, oggi europarlamentare, ha promosso, insieme con Fiorella Mannoia e il Presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato per chiedere al Governo italiano di offrire la cittadinanza ai neonati coinvolti nella guerra a Gaza, che hanno bisogno di cure e macchinari per sopravvivere. E di accoglierli insieme alle loro famiglie.
«Creiamo un corridoio umanitario continuo e sicuro che valga almeno per loro, i neonati e le loro famiglie, e per le donne che devono partorire. Offriamo loro, e offriamo anche a noi stessi, una risposta di umanità. Il diritto alla vita è il primo dei diritti dell’infanzia che la comunità internazionale ha il dovere di riconoscere e garantire. Sentiamo spesso parlare della difesa della civiltà occidentale, dei suoi valori, ma se l’agire dell’uomo è senza umanità nessuna civiltà può definirsi tale», scrivono gli ideatori dell’invito a cui Walter Massa, presidente nazionale dell'Arci, Alfio Mannino, segretario della Cgil Sicilia e diverse realtà territoriali dell’Arci e dell’Anpi hanno già dato adesione.
«In ogni conflitto, in ogni carestia sono i bambini, gli “infanti”, a pagare le conseguenze più atroci. Bambine e bambini che cresceranno con l’imposizione dell’odio, senza distinzione tra israeliani e palestinesi. Non si tratta di schierarsi con Ḥamās o con Netanyahu. Il nostro appello va a difesa di tutti i bambini. Bisogna uscire dal tifo delle curve, come fosse una partita di calcio, perché su quel campo non si vince, si muore soltanto».
Più di 6 mila i minori morti durante i bombardamenti a Gaza, dallo scorso 7 ottobre. Circa 12 mila quelli feriti. A cui si aggiungono i bambini dispersi e i corpi ancora probabilmente sepolti sotto le macerie. Secondo Sarah Hendriks, vicedirettrice esecutivo di UN Women, erano 50 mila le donne in gravidanza nella Striscia a fine ottobre. 5.500 quelle che stavano per partorire. Alcune delle quali sono state costrette a farlo per strada, perché a Gaza manca tutto, anche l’assistenza sanitaria e l’elettricità necessaria a far funzionare gli ospedali.
«Il 20 novembre è stata la Giornata internazionale dei diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza. Con quale coraggio possiamo celebrare giornate come questa, quando migliaia di bambine e bambini muoiono per la guerra, così come sta avvenendo nel vicino Medio Oriente? Lanciamo un appello a tutti i cittadini, ai medici che vivono la rabbia dell’impotenza, del non potere agire, non poter fare qualcosa, all’Ordine dei medici, ai ginecologi e ai pediatri. Ci rivolgiamo ai parlamentari italiani di tutti i partiti sia del Parlamento italiano che del Parlamento europeo e al mondo associativo. Si faccia presto. Dopo la tregua accordata il conflitto riprenderà in tutta la sua ferocia, portando nuova distruzione e nuovi morti. Solo così si salva la “civiltà” occidentale e ogni “civiltà”. Senza umanità non c’è civiltà».
Per aderire visita il sito www.appelloneonatigaza.org oppure scrivi a appelloneonatigaza@pietrobartolo.eu