Putin: "In Ucraina per altri cinque anni". L'allarme dell'OMS su Gaza. Addio a Jacques Delors. I fatti da conoscere

FI preme sul Superbonus, si va verso un decreto ad hoc 
 
Il governo studia una soluzione ad hoc sul superbonus che dovrebbe arrivare già oggi pomeriggio con un decreto in Consiglio dei ministri. Nella stessa riunione sul tavolo del governo arriverà anche il decreto milleproroghe. E nelle ultime carte circolate sul provvedimento spunta anche l'ipotesi di una breve proroga delle agevolazioni agli sportivi in arrivo dall'estero. Un decreto legislativo di inizio dicembre, infatti, ha di fatto limitato da gennaio le agevolazioni solo ad altre categorie di lavoratori. Secondo la bozza restano valide per atleti che trasferiscono la residenza in Italia entro il 31 dicembre o per i rapporti di lavoro sportivo stipulati entro la stessa data. E sono prorogate al 29 febbraio “se le società sportive sono in regola con i contributi”. Così i club di Serie A potrebbero attirare calciatori dall'estero durante il mercato invernale. Intanto, per quanto riguarda il fronte superbonus la proposta, secondo quanto viene riferito da fonti di maggioranza, dovrebbe contenere la Sal (stato di avanzamento dei lavori) straordinaria per chi ha completato almeno il 70% dei lavori entro il 2023 e che può così usufruire, per la parte ultimata, dell'agevolazione del 110%. Niente proroghe, dunque, ma una "uscita ordinata" dall'agevolazione come chiesto da più parti della maggioranza a partire da FI. Qualche giorno in più arriva dunque, come ipotizzato in passato dal relatore di FdI della manovra in Senato Guido Quintino Liris, per consegnare la documentazione relativa ai lavori svolti nel 2023: ci sarà molto probabilmente tempo fino al 10 gennaio. La misura servirebbe anche a evitare una serie di contenziosi. Nello stesso provvedimento - secondo quanto viene riferito sempre da fonti di maggioranza - potrebbe entrare anche una stretta al bonus sulle barriere architettoniche, verso il quale in molti si stanno indirizzando a fronte delle difficoltà e dei timori legati al Superbonus. E infine norme di maggior rigore per cessione del credito e sconto in fattura in caso di sisma bonus. Diverse le ipotesi che sono state vagliate ma alla fine a prevalere sembra essere quella del decreto visti anche i tempi stretti con il decalage dal 110% al 70% che scatta dal primo gennaio. Forza Italia è andata in costante pressing chiedendo una proroga (che però per stessa ammissione degli azzurri costerebbe 2,5 miliardi per due o tre mesi). Il Mef è rimasto però determinato a stringere i cordoni della borsa con l'intenzione di limitare una misura che il ministro Giancarlo Giorgetti continua a definire «radioattiva». Sul superbonus, ha detto Giorgetti, parlando in commissione alla Camera, «è il Parlamento a decidere, ma io so quale è il limite oltre il quale non si può andare, questa è la realtà dei numeri». Il ministro dell'Economia ha ricordato che il bonus dal 2024 è al 70% ed ha evidenziato che anche guardando agli altri Paesi «vi assicuro che è tantissimo». Ma una eventuale sanatoria per i crediti superbonus goduti e non ultimati «sarebbe una vera follia» che aggiungerebbe «al danno la beffa. Cioè non si raggiunge l'obiettivo però lo Stato ci ha messo comunque dei soldi. Non può essere questa la soluzione», ha detto la presidente dell'Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili), Federica Brancaccio, ospite di "Radio anch'io" su Rai Radio1. «Noi chiediamo due-tre mesi per quei cantieri che sono ormai in chiusura», ha aggiunto. «Si tratta di chiudere una volta per tutte questa stagione dei bonus in maniera ordinata. Differenziare per redditi è una cosa che nel riordino degli incentivi futuri probabilmente sarà fatta; oggi è quasi impossibile all'interno di un condominio», ha spiegato. «Se non si completano i lavori, cosa purtroppo molto probabile, se già ci sono stati crediti di imposta goduti dall'impresa o da quel condominio l'Agenzia delle entrate va a recuperare dai condomini quei crediti di imposta».

 

 

Oms: "La popolazione di Gaza è in grave pericolo"

Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha ribadito il suo appello alla comunità internazionale affinché adotti «misure urgenti per alleviare il grave pericolo che affligge la popolazione di Gaza e mette a repentaglio la capacità degli operatori umanitari di aiutare le persone con ferite gravi, fame acuta e a grave rischio di malattie». Lo riporta l'agenzia palestinese Wafa. «La capacità dell'Oms di fornire medicinali, forniture mediche e carburante agli ospedali è sempre più limitata dalla fame e dalla disperazione delle persone in viaggio verso e all'interno degli ospedali che raggiungiamo», si legge nella dichiarazione. La recente risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite «sembra offrire la speranza di un miglioramento nella distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza», ha aggiunto il direttore Generale dell'Oms. «Tuttavia, sulla base dei resoconti dei testimoni oculari dell'Oms sul campo, la risoluzione deve ancora avere un impatto. Ciò di cui abbiamo urgentemente bisogno in questo momento è di cessate il fuoco per risparmiare ai civili ulteriori violenze e iniziare il lungo cammino verso la ricostruzione e la pace», ha affermato Ghebreyesus

 

Addio a Jacques Delors, il papà dell'Europa moderna 

«Non ho rimpianti», ma «non dico che avevo ragione». Jacques Delors, ex presidente della Commissione europea, tra i padri dell'Euro e del mercato unico, morto ieri all'età di 98 anni, lasciò questa sorta di testamento politico in un'intervista a Le Point nel 2021. Presidente della Commissione Ue dal 1985 al 1995 ed ex ministro francese dell'Economia e delle Finanze sotto la presidenza di François Mitterand dal 1981 al 1984. È ricordato anche per non avere colto la sua occasione alle elezioni presidenziali del 1995: nonostante avesse il favore dei sondaggi, aveva deciso di non presentarsi come candidato e l'annuncio l'11 dicembre del 1994 era giunto in tv davanti a milioni di telespettatori, cogliendo di sorpresa gran parte della classe politica e anche la stessa giornalista Anne Sinclair di cui era ospite. «Architetto dell'Europa», lo definisce Libération: Delors è alla guida della Commissione Ue quando nel 1987 entra in vigore l'Atto unico europeo, che permette di portare a termine la costruzione di un mercato unico europeo. E fu lui a gettare le basi del programma Erasmus: «Ho avuto l'idea di Erasmus ancor prima di diventare presidente della Commissione. Il mio problema era quello di convincere la signora Thatcher, e ci sono riuscito», raccontò poi lo stesso Delors a France 5, come ricorda France Info. 

 

 

Putin: “Guerra all’Ucraina per altri 5 anni”  

l presidente russo Vladimir Putin ha detto lo scorso marzo al suo omologo cinese Xi Jinping che la Russia «combatterà per (almeno) cinque anni» in Ucraina: lo scrive il settimanale giapponese Nikkei Asia, che cita diverse fonti anonime a conoscenza delle manovre diplomatiche tra i due Paesi. Secondo il settimanale, durante la visita di Xi in Russia, Putin ha voluto riassumere così una situazione che all'epoca non era favorevole a Mosca, assicurando il leader cinese che alla fine la Russia avrebbe vinto la guerra. Nikkei Asia commenta poi che, alla luce delle parole di Putin a Xi, l'apertura del leader russo a un cessate il fuoco - riportata dal New York Times la settimana scorsa - potrebbe significare che Putin desideri semplicemente creare l'illusione di muoversi verso una tregua o addirittura la pace in vista delle elezioni presidenziali russe di marzo, credendo che tale atmosfera lo favorirebbe alle urne. 

 

 

Meloni e la conferenza di fine anno, ancora un rinvio 

Giorgia Meloni ancora non si sente bene. Per la seconda volta è saltata la conferenza stampa di fine anno della premier, alle prese con problemi di salute da ormai una decina di giorni, in pratica da dopo il comizio con cui domenica 17 dicembre ha chiuso Atreju. L'annuncio del nuovo forfait è arrivato alla vigilia dell'atteso appuntamento con la stampa parlamentare, che era già stato rinviato il 21 e ora rischia di slittare a dopo l'Epifania, quando riprenderanno i lavori del Parlamento. In attesa di comunicazioni ufficiali, secondo le poche indiscrezioni che filtrano si tratta di una «recrudescenza dello stato influenzale». La conferenza stampa non si terrà per «il persistere dell'indisposizione», ha spiegato l'Ordine nazionale dei giornalisti, che con l'Associazione stampa Parlamentare è «in attesa di indicazioni da parte della Presidenza del Consiglio per la nuova data». Molto difficilmente sarà entro la fine dell'anno. E Meloni non parteciperà neanche all'ultimo Consiglio dei ministri del 2023. Bocche cucite fra i meloniani e nel suo staff. Anche nausea e altri fastidiosi sintomi, secondo le poche informazioni che circolano in ambienti di governo, starebbero condizionando la leader di FdI, che già dieci giorni fa dal palco della kermesse del suo partito raccontava di avere «qualche problema di voce», e nei 70 minuti di discorso si era tolta la giacca per non «morire di caldo». Nella mattinata del 20 la premier si è recata alla recita scolastica di Natale organizzata dalla scuola elementare della figlia Ginevra, da dove è andata via prima della fine perché si sentiva poco bene. Tampone negativo al Covid, ma quel giorno per un "persistente stato influenzale" ha saltato lo scambio di auguri al Quirinale   

 


 

Redditi politici: Renzi in testa. Conte il “più povero”

«L'ormai tradizionale classifica dei politici che hanno guadagnato di più (nell'anno fiscale 2022) porta una doppia sorpresa, in testa e in coda alla graduatoria. Da una parte svetta per la prima volta il senatore e fondatore di Italia viva, Matteo Renzi, con 3 milioni 217 mila euro, e dall'altra spunta il suo acerrimo avversario, il presidente del M5s Giuseppe Conte, che si ferma a 24.359 euro lordi». Lo scrive La Stampa sottolineando che «non è proprio un atto di francescanesimo radicale, quello di Conte. Prima di diventare deputato, il 13 ottobre 2022, non veniva infatti retribuito dal suo Movimento e figurava a reddito zero. Nella sua dichiarazione dei redditi sono entrati solo gli ultimi due mesi e mezzo di indennità parlamentare (da 10.435 euro lordi al mese), oltre alla proprietà di un appartamento nel cuore di Roma e di una Jaguar del 1996». Il quotidiano evidenzia che «manca all'appello la dichiarazione dei redditi del deputato della Lega Antonio Angelucci, editore della galassia di giornali di destra (Libero, Il Giornale, Il Tempo) e tra i principali imprenditori della sanità privata, che l'anno scorso aveva messo a referto 4 milioni 581 mila euro». Tra i leader di partito Giorgia Meloni «si ferma a 293.531 euro» e Matteo Salvini «ha incassato solo 99.699 euro» mentre a sinistra svetta il leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, con 104 mila euro mentre la segretaria del Pd Elly Schlein resta in scia con 94.725 euro ed il leader di Azione, Carlo Calenda, incassa 85 mila euro.

 

 


Ex Gkn, il tribunale blocca 185 licenziamenti

Scongiurati i 185 licenziamenti alla ex Gkn che sarebbero diventati effettivi dal primo gennaio. Il Tribunale del Lavoro di Firenze ha accolto il ricorso presentato dalla FIOM-Cgil contro la procedura di licenziamento collettivo avviata dalla proprietà dello stabilimento, la Qf spa in liquidazione. La procedura, senza la sentenza del giudice, sarebbe stata efficace dal primo giorno del 2024, con 185 dipendenti a casa e avrebbe messo la parola fine sul tentativo di salvataggio della fabbrica. La FIOM aveva presentato ricorso ai sensi dell'articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori per condotta antisindacale: il sindacato aveva già vinto un ricorso analogo presentato nel 2021 contro la vecchia proprietà della fabbrica, che nel luglio di quell'anno aveva annunciato la dismissione dello stabilimento e il licenziamento di oltre 400 lavoratori. La decisione del giudice, secondo la FIOM, conferma dunque «il comportamento antisindacale tenuto dalla controparte dall'inizio dell'intera vertenza». In attesa di conoscere nel dettaglio il contenuto della sentenza, sostengono i metalmeccanici della Cgil, è necessario «affrontare la fase di rilancio produttivo del sito, favorire la nascita di un condominio industriale e analizzare profondamente il piano industriale della cooperativa dei lavoratori e farne una reale possibilità di garanzia utilizzando il tempo in più che il Tribunale di Firenze ci ha concesso». La Rsu ex-Gkn nel frattempo conferma l'appuntamento pubblico del 31 dicembre davanti ai cancelli, per «continuare a difendere il futuro di una fabbrica che sempre più persone, realtà sociali e movimenti vogliono pubblica e socialmente integrata». Fra le reazioni di soddisfazione alla notizia della sentenza del Tribunale, non si è fatta attendere quella del Pd della Toscana, il cui segretario Emiliano Fossi, già sindaco di Campi Bisenzio al tempo dell'avvio della vertenza e ora deputato, chiede adesso che «ognuno faccia la propria parte, a partire dal Governo che è stato latitante in questo ultimo anno: faccia il proprio dovere e ascolti le istanze dei lavoratori, prendendo sul serio anche lo studio interessante per la riconversione del sito che hanno proposto». Soddisfazione anche da Fnsi e Associazione stampa Toscana: «L'esempio dei dipendenti dell'ex-Gkn - affermano - dimostra che con spirito di sacrificio e determinazione si possono vincere sfide epocali per la difesa del fondamentale diritto al lavoro».