Decine di inchieste aperte in tutta Italia con la Guardia di Finanza che ha sequestrato 3,7 miliardi di euro in 15 mesi, denaro pubblico che si aggiunge a indebiti profitti tributari per altri 3,8 miliardi nel biennio.

I bonus edilizi sono eccezionali. Ogni cosa è eccezionale. La spesa per lo Stato di circa 120 miliardi di euro in due anni e mezzo. Il risibile impatto del cosiddetto Superbonus sugli immobili residenziali, appena tre su cento non più energivori. La mole di denaro incagliato o disperso, bloccato o perduto. E pure le frodi sono eccezionali: complesse, raffinate, ripetute. La Guardia di Finanza (Gdf) ne ha scovate decine e ovunque in Italia dal varo del “decreto rilancio” approvato dal governo giallorosso di Giuseppe Conte per un valore di 3,7 miliardi di euro in 15 mesi. E il dato è parziale.

Lo “sconto in fattura” e il “credito di imposta”, nonostante l’intervento riparatorio del governo di Mario Draghi, sono i due incentivi che hanno creato meccanismi di facile utilizzo per i truffatori. Ne è uno sconcertante manifesto l’inchiesta della procura di Rimini condotta dalle Fiamme Gialle che, lo scorso anno, ha portato al sequestro di 440 milioni di crediti di imposta fasulli perché legati a lavori non effettuati.

Va ricordato che i crediti di imposta, a differenza delle detrazioni fiscali, possono essere monetizzati per intero e subito e dunque a Rimini è stato scoperto un sodalizio criminale specializzato nel «commercio» dei crediti di imposta, un sistema che ha allargato le indagini in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino, Veneto e Lazio. Un appello regionale quasi completo. Il capo del ramo pugliese e la mente tecnica, un commercialista, all’estero in vacanza al momento delle misure cautelari, sono stati arrestati a Santo Domingo e in Colombia.

I finanzieri e i magistrati di Parma hanno seguito due segnalazioni di operazione finanziarie sospette e così hanno ricostruito altri 110 milioni di euro di crediti di imposta illeciti. Una società avrebbe trasferito da un conto lituano, riconducibile a un trust svizzero, una provvista di denaro di 13,9 milioni di euro di crediti di imposta che in parte erano già stati monetizzati attraverso la cessione a Poste Italiane.

Secondo gli accertamenti giudiziari, i crediti di imposta erano riferiti a interventi anche a 281 immobili di fantasia e 23 immobili ubicati in comuni soppressi un secolo fa. I crediti di imposta spesso vengono «frammentati» e dispersi con passaggi a «catena». Nell’inchiesta di Parma sono molto esaustive le figure di due inquisiti capaci di aprire nello stesso giorno dieci società a responsabilità limitata e semplificata con sedi a Genova, La Spezia, Imperia, Rovigo, Padova, Treviso, Verona, Belluno, Venezia, Vicenza.

A Roma hanno beccato crediti di imposta falsi per un miliardo di euro. Un imprenditore titolare di due società, in due settimane, è riuscito a emettere fatture per un imponibile di diverse centinaia di milioni di euro per lavori non realizzati e comunque su immobili di basso valore catastale come le stalle.

Il colonnello Marco Thione, capo ufficio Tutela Entrate Gdf, in audizione davanti ai senatori della commissione Finanze e Tesoro, ha illustrato le principali tipologie di illeciti: «Lavori edilizi necessari a conferire il diritto alla detrazione mai avviati. Crediti oggetto di plurime cessioni a catena che coinvolgono imprese con la medesima sede e/o gli stessi legali rappresentanti, costituite in un breve arco temporale, che hanno ripreso a operare dopo un periodo di inattività o che da poco si sono formalmente riconvertite all’edilizia, i cui soci amministratori sono nullatenenti, irreperibili e/o gravati da precedenti penali. Immobili sui quali sarebbero stati eseguiti gli interventi agevolati non riconducibili a beneficiari originari delle detrazioni. Lavori edilizi incompatibili con le dimensioni imprenditoriali dei soggetti che li avrebbero effettuati e che avrebbero praticato lo sconto in fattura. Provviste ottenute con la monetizzazione dei crediti trasferite all’estero o reinvestite in attività economica, finanziarie, imprenditoriali o speculative». Ai 3,7 miliardi di euro di sequestri preventivi di crediti di imposta, già citati, vanno aggiunti altri 3,8 miliardi di indebiti profitti tributari nell’ultimo biennio: 7,5 miliardi. Non è la somma definitiva. Quella è sempre energivora. Crescerà.