Cibo
Il dolce business del cioccolato: un mercato da quasi sei miliardi di euro
È un settore in crescita sia nel mercato interno sia nelle esportazioni. Con l’Italia in prima fila grazie a marchi conosciuti nel mondo e alle startup che puntano su innovazione e sostenibilità
Tutti pazzi per il cioccolato. E non solo i golosi. L’ultimo in ordine di tempo a credere nelle potenzialità e nel business del «cibo degli dei» è stato il conduttore televisivo Fabio Fazio: assieme al socio Davide Petrini ha rilevato la Lavoratti 1938 di Varazze, la sua città nel Savonese, salvandola dalla crisi post-pandemia che aveva fermato la produzione. Dopo le tavolette di cioccolato firmate dal maestro pasticcere siciliano Corrado Assenza, arriveranno inusitate praline combinate alle stagionature di Parmigiano Reggiano grazie a un accordo con il relativo consorzio.
Numeri alla mano, sono proprio i cioccolatini sfusi, in sacchetti o in eleganti confezioni, a conquistare il podio delle vendite al dettaglio: «Con oltre 165 mila tonnellate vendute nel 2021 e incrementi che sfiorano il 20 per cento rispetto all’anno precedente, questa categoria merceologica rappresenta l’evoluzione del consumatore che cerca la novità, ma anche un prodotto con percentuali sempre più alte di cacao», spiega Mario Piccialuti, direttore generale Unione Italiana Food: «Il giro d’affari complessivo si attesta sui 5,9 miliardi di euro (+6,8%) ed è destinato a crescere sia in Italia sia nei Paesi che tradizionalmente importano le nostre eccellenze, quali Germania, Francia e Regno Unito».
Cibo confortevole per eccellenza, il cioccolato è diventato letteratura economica in questi tempi di crisi: per far fronte all’aumento del costo del cacao, la classica barretta ha perso un dentino.
«Oggi il cioccolato è una grande opportunità, come lo è stato negli anni Trenta per mio nonno Francesco che arrivò a Trieste da Timisoara», racconta Riccardo Illy, presidente di Polo del Gusto. La sub-holding del gruppo Illy, che conta aziende alternative al caffè, ha in pancia Domori, fondata nel 1997 da Gianluca Franzoni: il marchio ha sviluppato il Progetto Criollo, che protegge la specie di cacao più rara al mondo. «Siamo associati a due piantagioni, una in Venezuela e l’altra in Ecuador. C’è una sola verità sul cioccolato che ogni coltivatore deve capire: la qualità del cacao dipende dalla genetica della pianta».
La cittadella del cioccolato targata Illy è in fase di ultimazione a None, in Piemonte, sul sito dell’ex stabilimento Streglio, di cui sono stati conservati i macchinari. Ed è previsto un raddoppio a Londra, dove Domori nel 2019 ha acquisito Prestat – storico fornitore della casa reale, celebre per le sue praline ripiene, con flagship store a due passi da Piccadilly Circus – e nel 2022 Rococo Chocolates. L’obiettivo da qui a cinque anni? Superare i 50 milioni di euro di business e rafforzarsi in Francia.
Quartier generale a Milano, stabilimento appena ampliato a Castelletto Stura, in provincia di Cuneo, 1.300 dipendenti, 145 negozi ai quattro angoli del mondo e ricavi per 155 milioni di euro (+43 per cento): è il biglietto da visita di Venchi, famosa per cremini e nougatine. «Il cioccolato beneficia dell’effetto trading up: meno quantità, più qualità. L’Italia rappresenta per noi il 40 per cento del fatturato, seguita dall’area Cina-Taiwan-Singapore e dagli Usa (sette negozi solo a New York, con la più grande fontana di cioccolato al mondo in Union Square, ndr). Il 60 per cento del cacao che utilizziamo arriva dal Sudamerica, soprattutto dal Venezuela», racconta Daniele Ferrero, amministratore delegato e socio con il 27 per cento, che ha aperto il capitale ai manager. «Credo nell’imprenditorialità diffusa: le persone investono su loro stesse e condividono il rischio, impegnandosi a tenere le quote per tre anni. Alla scadenza, l’azienda può ricomprarle al valore di mercato».
Ma le specialità Venchi hanno convinto anche privati dall’ingente patrimonio come i fratelli Guerrand, fra gli eredi della maison francese Hermès, o la famiglia Pao Cheng di Hong Kong attraverso Nuo Capital (acronimo di New Understanding Opportunities) o ancora i sauditi di Olayan Group. «Ci siamo impegnati per avere soci internazionali escludendo l’ingresso dei fondi d’investimento. I family office restano la soluzione migliore. Venchi è un marchio che fa gola perché dinamico e globale, ma con dimensioni ancora contenute. E molto attento alla sostenibilità e alla valorizzazione del territorio. Utilizziamo la specifica menzione geografica Langhe per le nocciole Piemonte Igp che acquistiamo direttamente sulla pianta, grazie a un accordo con Ascopiemonte di Santo Stefano Belbo che raggruppa 540 soci per un totale di 2.500 ettari di terreno coltivati a noccioleto», conclude Ferrero.
Dai grandi protagonisti alle startup che puntano sulla lavorazione totalmente artigianale del cioccolato e sul fattore umano. L’idea arriva da Roma, dove il business coach Nicola Salvi ha fondato il marchio Grezzo Raw Chocolate con lo slogan «Piacere sano»: fave di cacao di altissima qualità pressate a freddo, zucchero di cocco a basso indice glicemico, agave, zero additivi e aromi artificiali. «Il cioccolato crudo è cinque volte più ricco di proprietà nutritive rispetto a quello tradizionale. La sola essiccazione, sotto i 42°, è un processo alternativo alla tostatura utilizzata su larga scala che, con le alte temperature, distrugge parte del gusto autentico del cacao», spiega Salvi che ha appena inaugurato la terza insegna nella Capitale.