«Eccoti lì davanti al pc. Ci dovrebbe essere scritto: “Non ammesso alla classe successiva”, oppure “Non ammesso agli esami”. Immagino che ci starai odiando. Forse starai pensando che nel decidere questa cosa abbiamo voluto punirti. O addirittura che l’abbiamo fatto perché ci stai antipatico/a, perché non ti sopportiamo, perché abbiamo voluto darti una lezione. Ma no, non è così che va» scrive la dirigente del liceo scientifico Bottoni di Milano, Giovanna Mezzatesta, in una lettera dedicata agli studenti bocciati.
Come la preside spiega a la Repubblica Milano, nel suo istituto non hanno superato l’anno circa 80-90 allievi, il 10 per cento del totale. Mentre per il 13 per cento il giudizio è ancora sospeso. Sono dati in linea con quelli pre-Covid. «Ma mostrano che le difficoltà riguardano soprattutto il biennio, ragazzi che hanno svolto le medie durante la pandemia. Vediamo fragilità maggiori e forse criticità nell’orientamento», commenta Mezzatesta. Per la quale, però, come si capisce dal testo dedicato agli allievi per la conclusione dell’anno scolastico, nessuno deve essere lasciato indietro. Non dalla scuola.
«So già che non mi crederai ma per me, per noi, è bruttissimo quando succede. Bocciare un/a ragazzo/a significa ammettere di aver fallito, di non essere riusciti a motivarti, a farti venir voglia di dare il meglio di te», scrive la dirigente per sottolineare che quando uno studente non viene ammesso all’anno successivo le ragioni sono molteplici: «Certo, però, che un po’ anche tu…, sì insomma, potevi dare di più! Ma non è solo questo. Non è mai, solo questo. È come quando decidi di fare un bel regalo a una persona a cui vuoi bene, un qualcosa fatto da te... e poi dopo un po’ scopri che quel regalo se ne sta buttato lì dentro un cassetto, mai usato. Sì certo, un po’ magari sei tu che potevi sforzarti di più, ma niente riesce a togliermi dalla testa l’idea che se il regalo è finito dentro il cassetto, beh, è anche colpa mia che ne ho fatto uno non adatto a te. Abbiamo perso una partita. Abbiamo giocato male. Ma è una partita, non è tutto il campionato».
Così un sconfitta non può segnare tutta la vita. Quello che oggi sembra un’eternità fra dieci anni sarà dimenticato: «Tutti guarderanno la persona che sarai diventato. E la persona che diventerai comincia da domani mattina, quando ti sveglierai. Comincia dalla tua voglia di dimostrare che puoi dare molto di più, da quanta forza sei disposto a mettere sul piatto per realizzare i tuoi sogni. Io sarò lì, promesso».