A causa di un cambio di appalto i vigilanti dell’ateneo hanno visto tutele e salari scendere senza ragione. E la loro vertenza viene appoggiata anche dalle associazioni degli studenti. «E da quando è iniziata la protesta sono arrivate anche le minacce da parte dei superiori. Ma non ci fermiamo»

All’università Sapienza gli studenti lottano insieme ai lavoratori contro le paghe da fame

«Hai la terza media. Non vali nulla e guadagni pure troppo». Oppure, «lavorate male. Sarete tutti cacciati». O ancora: «Siete invidiosi del mio potere? Ebbene sì ho il potere e decido della vita e della morte. E voi per me siete morti». Queste, a quanto raccontano Luca e Lucio, nomi di fantasia, sono solo alcune delle minacce che hanno ricevuto gli addetti alla vigilanza non armata dell’ateneo Sapienza di Roma, che per un cambio d’appalto hanno perso tutele e visto gli stipendi diminuire: «La nostra retribuzione era già bassa. Adesso non arriviamo più a fine mese. Non abbiamo soldi per andare in vacanza ma neanche a settembre avremo quelli per comprare i libri per la scuola per i nostri figli».

 

Così assieme ai collettivi universitari e alla sezione locale di Potere al popolo, hanno deciso di portare avanti una battaglia che oltre a puntare alla riconquista della paga precedente e all’allontanamento degli autori delle minacce, si propone di supportare i lavoratori nella conquista di condizioni migliori.

 

Non solo per i 50 coinvolti nel cambio di appalto «che conosciamo, a cui vogliamo manifestare la nostra solidarietà. Si tratta di una lotta più ampia alla precarietà. Perché i lavoratori di domani siamo noi. E in molti casi siamo già anche quelli di oggi, visto che svolgiamo lavori precari e sottopagati per mantenerci agli studi», spiegano dal Comitato lavorator3 e student3 contro lo sfruttamento, nato per supportare gli addetti alla vigilanza non armata. Ma che ha già allargato lo sguardo alle altre situazioni critiche all’interno di Sapienza: «Come chi rischia di rimanere a casa perché chiudono le foresterie o quelli delle pulizie».

 

Per gli studenti, l’università è il luogo dell’istruzione, non dovrebbe perpetrare le stesse logiche di profitto e sfruttamento che regolano il mondo del lavoro. L’esternalizzazione, la pratica diffusa con cui gli enti pubblici ricorrono a altre imprese per lo svolgimento di alcune attività, porta alla precarizzazione del mercato del lavoro, alla frammentazione e alla riduzione degli stipendi.

 

Proprio come è successo agli addetti alla vigilanza di Sapienza che, da quando la società Battistolli servizi integrati si è aggiudicata l’appalto, hanno visto trasformarsi anche la tipologia di contratto: da multiservizi a servizi fiduciari. Un contratto così povero che i livelli retributivi sono stati più volte dichiarati incostituzionali, perché inferiori alla soglia di povertà. «Quando l’abbiamo firmato era scaduto da 8 anni. Ma anche ora che è stato rinnovato non possiamo beneficiare degli aumenti perché vengono assorbiti dal superminimo», racconta Lucio.

 

«All’inizio i titolari del nuovo appalto volevano pagarci 950 euro lordi per 13 mesi. Poi siamo arrivati a 1.150 euro al mese, prima, però, ne guadagnavamo 1370. Abbiamo perso la quattordicesima e, visto che si basano sulla paga oraria, anche una parte della tredicesima e dei contributi previdenziali. Ci è stato offerto un incentivo di presenza di 9 euro al giorno come integrazione. Che, però, non viene riconosciuto nei giorni di malattia, ferie o congedo per la legge 104: rende variabile una parte della nostra retribuzione a vantaggio del datore di lavoro».

 

Così dopo una prima trattativa che non ha portato risultati, alcuni addetti alla vigilanza hanno deciso di iscriversi al sindacato Cobas, e di diffidare l’azienda: «Dallo scorso febbraio sono iniziate le intimidazioni da parte dei dipendenti dell’ateneo, il Rup, Responsabile unico di procedimento e il Dec, Direttore esecuzione contratto, che ci rendono difficile lavorare in un clima sereno, aggiunge Luca. Che le minacce le ha subite di persona: «Alcuni di noi sono andati dallo psicologo, non è facile sentirsi dire a cinquant’anni che non vali niente. Pochi giorni fa ho incontrato un collega che piangeva dopo le vessazioni. Per lo stress: perché abbiamo paura di rimanere senza lavoro e non possiamo rispondere. Ma continueremo a portare avanti la lotta legalmente, insieme. Avere gli studenti dalla nostra parte ci dà forza», concludono gli addetti alla vigilanza. Che, forse, dopo tanti anni di servizio, oltre a uno stipendio dignitoso, avrebbero anche diritto alla stabilizzazione.

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