Battaglie
Grazie all’impegno quotidiano di docenti, studenti e dirigenti, sempre più istituti si impegnano a tutela di persone e temi spesso ignorati fuori dalle sue mura. E anticipano il Paese che cambia
di Chiara Sgreccia
«Una scuola per ricchi non è una scuola», ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita in Francia, agli studenti dell’Istituto statale italiano Leonardo da Vinci di Parigi. Perché è attraverso l’istruzione che «la figlia di un contadino può diventare medico», aveva detto il premio Nobel per la pace Nelson Mandela. Perché è la scuola che più di ogni altra Istituzione ha gli strumenti per ridurre le disuguaglianze, insegnare la diversità e la tolleranza, creare società consapevoli.
Così ha sempre fatto e così ancora fa. Sempre più a fatica a causa dei tagli di fondi e di organico che vanno avanti da decenni. Per le sedi vecchie, la mancanza del materiale e delle figure professionali necessarie alla formazione. Perché gli stipendi dei docenti italiani sono tra i più bassi d’Europa. Perché la logica della competizione, dopo aver occupato il mondo del lavoro, si dirige verso quello dell’istruzione. Che, però, grazie all’impegno delle persone che vivono gli istituti ogni giorno, docenti, studenti e personale Ata, rimane lo spazio del pensiero libero, dello scambio, dell’incontro, del confronto. Luogo di formazione di generazioni che non vogliono solo piegarsi alle regole già esistenti ma migliorarle.
Sono sempre di più le scuole che si fanno garanti della battaglia per i diritti, lanciano iniziative destinate ad allargare e tenere vivo e ampio il dibattito pubblico italiano. Come è successo quando il Liceo artistico Nervi Severini di Ravenna, primo in Italia, ha modificato il proprio regolamento per permettere agli studenti di assentarsi per un massimo di due giorni al mese in caso di dismenorrea. Altri Istituti, tra questi l’Istituto Beccari di Torino hanno ripreso l’iniziativa. Che ha portato anche alla formulazione di una proposta di legge presentata da Verdi e Sinistra italiana per istituire il congedo mestruale, sia nelle scuole, sia nei luoghi di lavoro.
«Visto che il ciclo non è un lusso», hanno ricordato gli studenti che chiedono la distribuzione gratuita degli assorbenti in modo che le mestruazioni smettano di essere un tabù e affinché tutti possano avere a disposizione i prodotti igienico-sanitari necessari: «Le mestruazioni non mandano un messaggio su whatsapp quando arrivano e ci sono tante persone che non possono permettersi prodotti igienico-sanitari sicuri, anche in Italia». Distributori per assorbenti gratuiti oggi sono presenti in tante scuole del Paese, come al Liceo linguistico e delle scienze umane Carlo Porta di Erba, in provincia di Como, che è stata una delle prime. O come all’Università di Padova in tutti i suoi 32 dipartimenti. Un progetto che è partito dal mondo della formazione ma che grazie, ad esempio, all’operato dell’associazione fiorentina Tocca a Noi, è entrato dentro anche agli altri luoghi d’aggregazione, come quelli dedicati allo sport.
Non solo assorbenti gratis, però. All’Istituto Marco Polo di Firenze anche i preservativi saranno facilmente accessibili. Perché «è meglio prevenire che cullare» hanno detto gli studenti. «È importante portare un tema come questo all’interno del mondo scolastico, togliendo lo scandalo», ha dichiarato il preside Ludovico Arte al quotidiano La Nazione a supporto dell’educazione sessuale in classe. Dello stesso istituto si era già parlato poco tempo prima, quando per rispondere alla richiesta di alcuni studenti di fede musulmana il dirigente scolastico aveva lasciato che l’aula Angela Fiume fosse a disposizione di chi desidera pregare durante il Ramadan. Anche del Liceo artistico di Ravenna si è letto più volte sulla maggior parte dei giornali nazionali, perché il preside ha allestito una nursery all’interno dell’istituto, per evitare che una studentessa con un figlio piccolo abbandonasse gli studi prima dell’esame di maturità.
Includere lo studente nella comunità e offrirgli uno spazio in cui possa stare bene affinché non lasci il percorso ma lo viva appieno, è l’obiettivo principale della scuola anche secondo il dirigente del liceo Monti di Chieri, l’ultimo istituto che si è aggiunto alla lista dei più di 200 (e 45 atenei) che hanno dato agli allievi la possibilità di attivare la carriera alias. Per evitare che le persone che sono in un percorso di transizione vengano quotidianamente chiamate con il loro deadname non esiste ancora una legge nazionale, ma gli istituti scolastici con la pratica di ogni giorno dimostrano che è possibile. E suggeriscono come fare.