Qualche mese fa ho piantato un ulivo in una scuola dedicata a Gino. Un istituto per l’istruzione degli adulti di Andria, 1400 studenti e un preside con un’idea precisa di scuola pubblica e di uguaglianza. Prima della piantumazione, due ragazzi hanno letto una poesia di Nazim Hikmet. La fotocopia - dove avevano segnato una metrica rudimentale e la suddivisione dei versi - sta ora nel cassetto delle cose importanti.
“…perché hai capito che la cosa migliore,
la più certa
è la vita.
Devi vivere con tanta dignità
da potere, a settant'anni,
piantare un ulivo,
non perché
un giorno sia dei nipoti,
ma perché, avendo paura di morire,
tu non credi nella Morte
perché
la vita trabocca”.
“…perché hai capito che la cosa migliore e più certa è la vita. […] perché la vita trabocca”. Questo era Gino, tra le altre cose: un uomo che ha gettato la sua vita nel mondo, senza risparmiarsi mai qualunque cosa facesse, che fosse al tavolo operatorio o a quello di casa.
Non credeva a qualcosa dopo la morte e trovava il suo senso in questa vita; sapeva che siamo esseri fugaci e ha saputo lasciare molte cose dopo di lui. E tutte rimangono, almeno nella mia testa: l’intelligenza, la radicalità, la fierezza, la voglia di sparigliare le carte e ricomporre un nuovo mazzo. E poi la dolcezza dello sguardo a fine giornata, le mani lunghe e ossute, bellissime, la determinazione a stare bene, anche quando tutto sembrava perduto, un grande senso dell’umorismo che aiutava tutti a superare anche i momenti più difficili, i sogni possibili e impossibili, le idee.
E poi ha lasciato tanti progetti, un’organizzazione, Emergency, che sta facendo un grande sforzo, ma che porta avanti il suo lavoro e continua a imparare:
una nave per soccorrere in mare chi attraversa il Mediterraneo;
un nuovo centro per la chirurgia di urgenza aperto solo qualche giorno fa in Sudan, in una nuova guerra che non interessa a nessuno;
un lavoro che non guadagna la prime pagine dei giornali, ma che è intenso e costante tra le persone e i banchi di scuola per parlare di pace e di rispetto dei diritti umani.
Ha lasciato una comunità – dentro e fuori Emergency – raccolta intorno all’idea che “chi ha bisogno, va aiutato” e questa convinzione anima tante persone che in giro per l’Italia praticano quotidianamente un’idea di convivenza diversa, più giusta.
E soprattutto Gino ci ha insegnato che il mondo si può cambiare, che vale la pena continuare a fare quello che è giusto, anche quando è difficile. Anche quando sembra impossibile.
C’è ancora bisogno della tua lucidità, del tuo modo di vedere e fare le cose, della tua voce. Sono due anni che non ci sei. Non sei più qui dov'eri, eppure qualche pezzo di te continua a esistere e crescere da qualche parte, nel mondo.