Giochi invernali 2026

Gli assurdi sprechi delle Olimpiadi Milano Cortina: tra raccomandati da assumere e denaro pubblico bruciato

di Gianfrancesco Turano   23 maggio 2024

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Affidamenti senza gara, figli di potenti a libro paga. La Fondazione di diritto privato si è data alla pazza gioia mentre alcune opere fondamentali annunciano ritardo

Lo schema è rodato. Si prende qualche centinaio di milioni di fondi pubblici, li si travasa in una fondazione di diritto privato e privatamente li si amministra. Come? Con assunzioni di giovani di ottima e influente famiglia, quelli che negli anni del boom si chiamavano raccomandati, con affidamenti senza gara e con zero problemi sull’equilibrio fra entrate e uscite.

 

Capita così che la Fondazione Milano Cortina, ente strategico di un’Olimpiade invernale in arrivo fra una ventina di mesi, metta insieme 119 milioni di perdite aggregate fra 2022 e 2023 e, en passant, un’inchiesta della magistratura milanese centrata sull’ex ad Vincenzo Novari, peraltro uscito nell’agosto 2022, dunque non del tutto responsabile del rosso di bilancio.

 

In realtà, come rivela il Corriere della sera, le inchieste sarebbero due ma il fulcro dell’azione ruota intorno a Novari, il supermanager piazzato durante il governo gialloverde che doveva raccogliere 500 milioni di euro di sponsorizzazioni private per giustificare un assetto finanziario coerente con le dichiarazioni di partenza: i Giochi di Milano Cortina 2026 non costeranno un euro al contribuente. Era il 24 giugno di cinque anni fa e la storia ha fatto il suo corso. I lavori davvero privati, come quelli del villaggio olimpico nell’ex scalo ferroviario di Porta Romana, procedono alla velocità del discesista Dominik Paris sulla Streif di Kitzbühl. Il resto delle opere batte la fiacca e slalomeggia fra rinvii ben oltre il 2026, extracosti e vicende che avrebbero acceso la fantasia surreale di Dino Buzzati, habitué cortinese. È il caso della pista di bob intitolata a Eugenio Monti e giacente in stato di abbandono prima che il governo decidesse di rifarla da capo di fronte alla prospettiva di emigrare in Svizzera o in Austria o addirittura negli Usa, per la prima Olimpiade intercontinentale della storia.

 

In linguaggio millennial, il nuovo sliding centre in costruzione sul cadavere della Monti costa oltre 80 milioni per una platea di una cinquantina di professionisti fra bob, slittino e skeleton: oltre 1,5 milione di euro per atleta. Non solo è destinata a un secondo abbandono dopo la kermesse a cinque cerchi ma non è affatto certo che il Comitato olimpico internazionale (Cio) conceda l’omologazione per il febbraio 2026. Anzi, è molto probabile il contrario.

 

Magari servivano a risolvere questo e molti altri problemi i 380 assunti della Fondazione fra i quali spiccano i nomi di Cochis La Russa, figlio di Ignazio, Silvia Draghi, nipote di Mario, Ursula Bassi, fedelissima di Matteo Renzi, Antonio Marano, ex direttore del Tg2.

 

E di sicuro deve avere risolto moltissimi problemi il gruppo Deloitte con un appalto da 176 milioni di dollari compensato in misura minima da una sponsorizzazione che vale 7 milioni. Al momento, la filiale italiana di una delle Big four della consulenza avrebbe detto ai finanzieri che serve il permesso della casa madre Usa per fornire le carte del contratto alla polizia giudiziaria. Visto che il Cio ha sede a Losanna e che il bob lo faranno quasi sicuramente a Saint-Moritz, potevano appellarsi alla convenzione di Ginevra.