Istruzione
Scuole superiori in 4 anni, la sperimentazione voluta da Valditara parte subito male
Il percorso di studi della "filiera formativa tecnologico-professionale" è stato lanciato in fretta e furia. E si vede. L'obiettivo sarebbe quello di collegare l'istruzione con il mondo delle imprese ma, scorrendo gli elenchi del ministero, le aziende partner sollevano più di una perplessità
Un flop secondo Cgil. Una proposta accolta con favore dalle scuole secondo il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Quello che è certo è che sono 176 gli istituti - 193 i corsi - ammessi alla sperimentazione della nuova filiera tecnologico-professionale. Tanto voluta e pubblicizzata dal governo Meloni, nonostante i tempi stretti con cui è stato chiesto alle scuole di candidarsi: dal 7 dicembre, quando è uscito il decreto numero 240 che spiega il progetto, al 12 gennaio, la deadline posticipata (inizialmente era il 30 dicembre).
Secondo il piano, il percorso di studi durerà quattro anni. I programmi saranno nuovi e non una compressione di quelli dei 5 anni, e si pongono l’obiettivo di recuperare una solida preparazione di base, di garantire flessibilità didattica, di accrescere il raccordo del mondo dell’istruzione con quello del lavoro, del territorio e con quello della formazione post diploma. In particolare con quella degli Its academy, «istituti di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica nati per rispondere alla domanda delle imprese di nuove competenze tecniche e tecnologiche e per potenziare l’occupazione».
Tra le regioni che hanno manifestato maggiore entusiasmo nell’aderire ci sono Puglia, Calabria e Lombardia. Ventisette scuole hanno aderito nella regione governata da Attilio Fontana di cui, però, otto sono istituti privati o paritari - nessuna altra Regione ne ha un numero così alto. E almeno uno - l’Istituto Carlo Porta di Milano - è entrata a fare parte della sperimentazione senza rispettare i criteri che dovrebbero garantire la democrazia a scuola. Come spiega Flc Cgil, che ha raccolto la testimonianza dell’Istituto Porta, la normativa vigente prevede che per partecipare al Progetto di sperimentazione per la nuova filiera formativa ci sia l’ok sia del collegio dei docenti sia del consiglio di istituto. Nel caso dell’Istituto Porta, il collegio dei docenti aveva con chiarezza espresso parere contrario. Eppure la scuola è nella lista.
In Puglia le scuole ammesse sono state 25. In Calabria 24: i giornali locali parlano di «boom di adesioni per la riforma». Del buon risultato raggiunto dalla Regione, «meglio di altre del nord», dice la vicepresidente Giusi Princi. Solo che a leggere l’elenco delle scuole ammesse, pubblicato su Unica, la nuova piattaforma del Mim per l’accesso ai servizi digitali, si vede che i partner degli istituti calabresi sono molto spesso gli stessi che si ripetono più volte. Addirittura 16 volte come nel caso di un ente che sembra offrire corsi di laurea, master, corsi di perfezionamento, certificazioni. Di cui, però, non è disponibile una descrizione del tipo formazione svolta né su sito (dove la sezione “chi siamo” è vuota) né sui social, dove mancano anche i commenti da parte degli utenti.
Contattato da L’Espresso per capire quale interesse potesse avere nell’entrare a far parte parte della filiera di più istituti, il titolare risponde che sarebbe meglio parlare con chi si è occupato di seguire la candidatura: una rappresentante del Miur.
Ma sono molte anche le imprese che figurano in più progetti in Calabria. Come una specializzata in tecnologie per la didattica, tra le più attive anche nella digitalizzazione delle scuole: un capitolo di spesa importante per gli investimenti del Pnrr. E un’altra specializzata in robotica e intelligenza artificiale che, contattata da L’Espresso, ha spiegato di aver preso parte alla filiera in virtù di una già consolidata collaborazione con l’Its locale (non per il nuovo progetto lanciato da Valditara). E di essere disposta a fare parte della nuova filiera: «Poi ospitiamo i ragazzi a fare gli stage. La nostra è una ragione di opportunità in quanto trovare figure altamente specializzate è difficile, intercettiamo chi potremmo inserire nell’organico. Un modo per far vivere ai ragazzi l’esperienza in azienda e conoscerli, prima di avviare un rapporto di lavoro o un apprendistato».
Frasi che sembrano confermare le preoccupazioni di Graziamaria Pistorino, sindacalista Flc Cgil «Con questo corso di studi gli studenti diventano manodopera per le aziende. La filiera tecnologico-professionale concepita in questo modo è un’operazione che mette la scuola a servizio dell'impresa. Non di una politica industriale ideata a livello nazionale ma delle realtà del territorio. Frammentando la formazione sulla base degli interessi di ogni Regione, svuotando il titolo di studio. Offrendo agli allievi competenze che nel giro di pochi anni potrebbero essere inutili in un mondo che si evolve velocemente».
Anche il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione aveva espresso un parere negativo a proposito della Riforma degli istituti tecnici e professionali, soprattutto riguardo la sua attuazione immediata. Ma il Mim ha deciso di procedere. E così oggi (fino al 10 febbraio) i futuri alunni si potranno iscrivere a istituti di cui non sanno molto, neanche il programma di studi. E nella cui stesura si spera venga posta più cura rispetto a quella che alcuni istituti hanno posto nella costruzione delle filiere. Un caso su tutti: l’istituto tecnico salesiano “Don Bosco” in Egitto, che non ha ritenuto necessario spiegare neanche quali fossero le aziende partner individuate.