Diritti

La Destra continua a opporsi ai codici identificativi sui caschi degli agenti: «Non ci saranno mai»

di Simone Alliva   26 febbraio 2024

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Le polemiche per le manganellate contro gli studenti riportano all'attenzione le proposte di legge di cui si discute da vent'anni per identificare gli agenti. Ma la maggioranza spegne ogni possibilità. Anche se misure simili sono previste nel resto d'Europa

«I codici identificativi non ci saranno mai. Servirebbero solo per false denunce», vuole così chiudere la questione il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri. Mai numeri sui caschi e bodycam per le forze dell'ordine. Dopo i fatti di Pisa, manganelli in aria contro le teste degli studenti, coperte solo dalle braccia e ragazzini a terra malmenati, erano state le opposizioni ad andare in pressing per chiedere che in Parlamento si discutano le proposte di legge per consentire l'identificazione degli agenti. Un modo per tutelare non solo i manifestanti ma anche chi ha il compito di tutelare l'ordine. 

 

Il no del centrodestra però è stato granitico. I codici sarebbero «strumenti vessatori» per poliziotti e carabinieri». Sono vent'anni che la questione è sul tavolo, dal G8 di Genova in avanti. Da tredici ci si aspetta che diventi un'ipotesi concreta, da quando, cioè, una risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Ue ha esortato gli Stati membri «a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo». Ma nulla si muove. 

 

«Noi crediamo - dice il segretario di +Europa, il deputato Riccardo Magi - che serva immediatamente una legge che introduca bodycam e numero identificativo per gli agenti, come previsto da una nostra proposta di legge già depositata. Non solo per la tutela dei privati cittadini rispetto ad eventuali abusi della forza pubblica ma anche nell'interesse delle stesse forze dell'ordine». «Il governo - invita anche il Pd con il responsabile sicurezza Matteo Mauri, ex vice ministro all'Interno - garantisca l'espressione democratica del dissenso. Intervenga quindi a tutela di chi manifesta e di chi deve garantire l'ordine pubblico con l'introduzione, anche in Italia, dei codici alfanumerici sui caschi degli agenti impegnati nei servizi di ordine pubblico e con l'estensione dell'uso delle bodycam». 

 

«La nostra proposta di legge presentata a inizio legislatura - attacca Avs con Peppe De Cristofaro - giace nei cassetti nonostante le sollecitazioni. I numeri identificativi sulle divise e i caschi non tutelano solo i manifestanti ma anche tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine, senz'altro la grande maggioranza, che svolgono con serietà il proprio lavoro». 

 

Niente da fare, ci pensa Gasparri che parla a nome del centrodestra unito: «Ovviamente neanche dopo diverse polemiche saranno istituiti i codici identificativi ed altri strumenti vessatori che potrebbero essere utilizzati dai gruppi estremisti per campagne contro le forze di polizia». 

 

Tra Camera e Senato sono cinque i testi depositati da inizio legislatura: due del Pd (a firma Cecilia d'Elia e Laura Boldrini), uno di +Europa di Riccardo Magi; uno del M5s a firma di Alessandra Maiorino e uno di Ilaria Cucchi (Avs). In tutte le proposte si prevede il codice identificativo alfanumerico e in alcuni casi sono previste sanzioni in caso non si rispetti questa previsione o il codice venga nascosto. Non tutte prevedono la bodycam. Su nessuno dei testi, al momento, è iniziato l'esame parlamentare. Le proposte delle senatrici d'Elia, Maiorino e Cucchi sono state assegnate alla commissione Affari Costituzionali del Senato in sede "redigente" il che consente sulla carta un esame più rapido, ma sono ferme dal luglio scorso. Del resto si tratta di ipotesi che incontrano i dubbi del centrodestra. Ma sulle quali, anche dopo gli ultimi episodi, non si dicono contrari i sindacati delle forze di polizia. «Da anni - sottolinea Felice Romano, poliziotto e segretario del Siulp -invochiamo l'uso delle bodycam su tutte le uniformi. È la privacy che ci blocca». 

 

Anche su questo fronte, l'Italia si ritrova fanalino di coda in Europa. In Svezia, Norvegia e Danimarca il numero di matricola è ben visibile sul casco mentre nomi, cognomi e qualifica sono stampati sulla divisa. In Belgio il cognome dell'agente si può leggere sulla visiera come accade nei Paesi dell'Est. Massima identificabilità anche in Slovenia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e persino in Grecia. In Spagna, Guardia Civil e Policìa Nacional hanno l’obbligo del numeri di matricola sulle uniformi mentre in Inghilterra e Germania le regole variano da regione a regione.