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Giuseppe Chiné ha tra le mani tutti i guai del calcio italiano

di Fabrizio Bocca   20 marzo 2024

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Il procuratore federale della Figc in questi giorni deve affrontare il caso razzismo di Acerbi, il licenziamento della dipendente della Roma, i dubbi sulla proprietà del Milan. Già finito nelle mire dei tifosi per le plusvalenze della Juventus e i casi ludopatia, di sicuro alla fine tutti se la prenderanno con lui

Il razzismo del caso Acerbi, le manovre opache sulla proprietà del Milan, e perfino una storiaccia di revenge porn alla Roma, caso unico nella storia della cronaca giudiziaria del calcio italiano. Roba che per venirne a capo servirebbero le banche dati della Dia e almeno un solerte Striano cui chiedere una mano. E invece.

Un grande club oggi fa calcio con buoni giocatori, un buon allenatore, e soprattutto il migliore degli avvocati. E infatti ormai c’è al servizio un’intera classe di professionisti del settore, esperti di diritto sportivo. Anche perché il rischio di finire, prima o poi, per qualsiasi grana, grande o piccola, sul tavolo del procuratore federale della Figc, Giuseppe Chiné è assai elevato. E così mentre tutti pensano che le sorti del pallone si decidano a Roma in via Allegri - il famigerato e abusato Palazzo - in realtà le cose passano più che altro dalla vicina via Campania, dove ha sede appunto la Procura della Federcalcio. Un ufficio relativamente piccolo dove Chiné e pochi altri smazzano e setacciano il marcio del pallone, istruendo le cause che poi finiranno davanti agli organi giudicanti della Giustizia Sportiva. 

Come indicato dalla stessa Federcalcio alla voce “trasparenza”, e senza compenso alcuno se non rimborso spese, l’ufficio comprende sei componenti: il capo Giuseppe Chiné appunto, e poi gli “aggiunti” o 007, così si chiamano in gergo piuttosto vintage quelli che fanno le indagini, Sandro Ausiello, Pietro Mennini, Giorgio Ricciardi, Carlo Manfredi, Alberto Selvaggi. Più un lungo elenco di collaboratori e sostituti vari e un segretario. Quasi tutti in carica dall’aprile 2021. Chiné invece da fine 2019 quando prese il posto del dimissionario Giuseppe Pecoraro, già Prefetto di Roma. Il commendator Chiné, calabrese di Bovalino, 55 anni, uomo di legge, magistrato presso il Consiglio di Stato, una lunga carriera dalla Luiss in poi nell’amministrazione pubblica, è personaggio già finito al centro della cronaca soprattutto lo scorso anno, quando imperversava il caso plusvalenze alla Juventus. Per la giustizia sportiva, a partire dalle indagini per finire ai vari gradi di giudizio, fu, com’è noto, un calvario di avanti e indietro, inchieste chiuse e riaperte, sentenze emesse e rimangiate, classifiche a organetto che cambiavano a ogni soffio di vento. Il caos. Il procuratore Chiné sostiene il ruolo della pubblica accusa e dunque tutto va di conseguenza. Non è certo una superstar che le masse del tifo idolatrano, anzi meglio girarne alla larga.

La maggior parte delle difficoltà e dei problemi proviene dal fatto che spesso, anzi forse quasi sempre, la Procura Federale è attaccata alle carte che per legge passano loro le varie procure d’Italia. Ma i due mondi hanno passi diversi e molte incompatibilità, per cui bisogna gestire un ibrido. Con forte rischio di gaffe e passi falsi. Il povero Chiné è così personaggio detestato da molti, lo scorso anno con gli juventini fu guerra aperta a tutto campo, anche su social e dintorni. Prima che il suo tavolo fosse sommerso di nuovi dossier, già in questa stagione Chiné e la Procura Figc si erano smazzati la storia delle scommesse e della ludopatia dei calciatori, Fagioli della Juventus e Tonali con un piede al Milan e l’altro al Newcastle. Con tanto di gestione della condanna con patteggiamento. Insomma quello del Procuratore Capo della Figc è un compito oneroso e ingrato ma ormai anche un baricentro nevralgico del calcio italiano. Un ruolo che conta e che pesa.

Le indagini hanno mille difficoltà e sfaccettature non solo giudiziarie, ma anche politiche e di opportunità. Prendiamo l’ultimo caso: l’episodio di razzismo di Inter-Napoli tra il l’interista Acerbi e il brasiliano Juan Jesus. Il secondo accusa il primo di avergli detto: “Vai via nero, sei solo un negro” e lo ha anche riferito all’arbitro. Acerbi, dopo esser stato per questo escluso dalla nazionale, afferma invece il contrario, e cioè di non aver mai profferito alcun insulto razzista. L’arbitro La Penna che era lì te lo raccomando, ne sa poco o nulla ha solo raccolto il dialogo tra i due, ma non era presente al momento dell’insulto. Nel referto in pratica ha scritto: boh, fate voi… Si va dunque per esame dei video e interrogatori dei due via Zoom, con Chiné che sta a Roma a via Campania e uno degli 007 che sta accanto all’interrogato. Da tutto questo dipende una possibile squalifica di 10 giornate, il timbro di razzismo sulla carriera di un giocatore, la sua esclusione dal giro della nazionale, la probabilità che in caso di condanna il contratto con l’Inter, squadra impegnata nel mondo fin dai tempi di Moratti su accoglienza e antirazzismo, subisca contraccolpi. 

Il caso, tra l’altro ha letteralmente ridicolizzato, la campagna di Lega di Serie A e Presidenza del Consiglio, sull’anti razzismo. Il famoso “Keep Racism Out” che proprio quel giorno tutti portavano sulle maglie. Comunque vada a finire, squalifica o meno, è già sicuro, fin da adesso, che sarà bufera totale. E che il calcio italiano ne sarà ulteriormente avvelenato e marchiato.

 Sullo stesso tavolo di quella Procura sportiva anche il dossier del caso Milan-Elliott-Redbird. In sostanza, secondo l’ipotesi accusatoria, della Guardia di Finanza e della Procura di Milano: chi è il vero proprietario del Milan? Gerry Cardinale col fido braccio destro Ibrahimovic suo uomo immagine, tramite il fondo americano RedBird, oppure ancora il solito Fondo Elliott che si rimpalla il Milan da uno all’altro, traendone notevoli vantaggi finanziari che non siano propriamente quelli sportivi e d’immagine che poteva avere Berlusconi ormai dieci anni fa?  Chiné per ora dispone soltanto dei decreti di perquisizione dell’ad Giorgio Furlani e di Ivan Gazidis che lo precedette e pochissima documentazione dalla Procura. Eppure da questa storia teoricamente potrebbero scaturirne multe o anche, addirittura, una penalizzazione in classifica e una possibile esclusione dalle coppe dell’Uefa. Pochissimo in mano per una storia enorme, col rischio che la Procura di Milano tiri fuori prima o poi chissà quale jolly, e la necessità di non trascinarla troppo per le lunghe. Siamo alle solite, in quale campionato ricadrebbero casomai le eventuali sanzioni? E in che maniera? Teniamo conto che oggi una qualificazione alla Champions League vale almeno 50-60 milioni, e altrettanti una qualificazione al Mondiale per Club. Così, solo presentandosi al via. Insomma qui ballano tanti soldi e l’incartamento nelle mani di Chiné scotta.

Si va dalla finanza alla cronaca nera. Sempre Chiné in via Campania ha in questi giorni interrogato la coppia di dipendenti della Roma, un cui video intimo è circolato a Trigoria perché letteralmente rubato dal cellulare di lei da un ragazzo della primavera. Quello che si dice un odioso caso di revenge porn. La Roma ha incredibilmente licenziato la coppia e preso non precisati provvedimenti sul giovane giocatore, che ovviamente rappresenta un asset e fa parte del patrimonio del club. A sorprendere ancor di più, il fatto che l’odiosa decisione del licenziamento riguardi una società gestita da un ad donna, Lina Souloukou, e la responsabile delle risorse umane, Arianna Sorrentino. Alla faccia della solidarietà femminile. Quali possano essere le conseguenze sportive ancora non si sa bene, anche se gli eventuali deferimenti potrebbero sempre ricadere nella fattispecie dell’ “illecito”, ma il contraccolpo mediatico e pubblico di questa storiaccia è comunque enorme. E la Procura Sportiva non ha certo un ruolo marginale, anzi, non essendo stata ancora sporta querela o coinvolta la magistratura ordinaria, al momento è l’unica autorità giudiziaria presente sul campo.

Per non dire che prima o poi sempre lo stesso ufficio potrebbe essere coinvolto o sfiorato dai contraccolpi dell’inchiesta sul dossieraggio. Che ha riguardato il presidente della Figc Gabriele Gravina sui diritti tv quando era numero 1 della Serie C e ora indagato dalla Procura di Roma, e da spifferi provenienti da Perugia secondo cui emergono anche spulciamenti assortiti nelle banche dati su vicende della Juventus: il famoso caso Suarez, con l’esame di italiano per ottenere la cittadinanza, la storia della SuperLega, un’occhiata ai conti privati di Andrea Agnelli, l’addio di Cristiano Ronaldo alla Juve (quando si parlava di documenti e accordi segreti fra le parti). Avendo comunque lo stesso Gravina, presidente della Federcalcio, insediato il superpoliziotto Chiné su quella poltrona e avendocelo pure riconfermato dopo tutte le bufere dello scorso anno, è chiaro che non possa occuparsi di eventuali pratiche che lo riguardino. E in tal caso, almeno da questo, il solerte inquisitore del pallone - faccio tutto io - sarebbe sollevato. Anche perché sarebbe non poco imbarazzante.