Gli anti-scelta in consultori: la norma è legge. Arrestati 2 italiani al Cairo. L'America vieta Tik Tok e da 95 miliardi a Israle, Ucraina e Taiwan. I fatti da conoscere

L'America approva il piano di 95 miliardi di aiuti a Ucraina, Israele e Taiwana
Il Senato americano ha approvato un pacchetto da 95 miliardi di dollari, a lungo ritardato, con ampio sostegno bipartisan, per inviare aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan. Il voto finale è stato 79-18. Quindici repubblicani hanno votato contro il disegno di legge insieme a tre democratici. Quarantotto democratici e 31 repubblicani hanno votato a favore del disegno di legge. Oggi la firma del presidente Joe Biden per trasformare il pacchetto in legge. La sua approvazione rappresenta una vittoria significativa per il presidente degli Stati Uniti. Poco prima del passaggio finale, il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer ha iniziato il suo breve intervento con «finalmente, finalmente, finalmente. Stasera, possa Vladimir Putin rimpiangere il giorno in cui ha messo in dubbio la determinazione americana», ha detto. Il pacchetto unisce quattro progetti di legge che la Camera ha votato separatamente sabato, fornendo quasi 61 miliardi di dollari in aiuti per l'Ucraina, oltre 26 miliardi di dollari per Israele e più di 8 miliardi di dollari per l'Indo-Pacifico. I primi tre progetti di legge sono molto simili al pacchetto approvato dal Senato all'inizio di quest'anno, che il presidente della Camera Mike Johnson aveva originariamente rifiutato di portare alla Camera. 

 

Amnesty: arrestati 2 italiani al Cairo alla marcia per Gaza
Due persone con doppia cittadinanza italiana ed egiziana, Lina Aly e Mohammed Farag, sono state arrestate al Cairo mentre manifestavano per Gaza. Lo scrive il portavoce di Amnesty International Italia in un post su X: "Numerose persone arrestate oggi dalle forze di sicurezza egiziane mentre al Cairo di fronte alla sede di @unwomenarabic manifestavano solidarietà alle donne di Gaza e del Sudan. Tra le persone arrestate due, Lina Aly e Mohammed Farag, hanno doppia cittadinanza, anche italiana». Oltre a Mohammed Farag (giornalista egiziano sposato con una cittadina italiana) e Lina Aly, sono state fermate, riferiscono attivisti sui social, una decina di attiviste per i diritti umani note in Egitto e all'estero: Lubna Darwish, Mahienour Al-Masry Rasha Azab, Ragia Omran, Farida Al-Hafni, Asmaa Naim, Mai Al-Mahdi, Iman Aouf, Yousra Al-Kalisli, Hadeer Al-Mahdawi, Arwa Marei, Israa Youssef, Youssef Shaaban, quasi tutte donne. Tra loro, diverse giornaliste, avvocati e leader di ong e società civile. La protesta era stata organizzata in solidarietà con le donne di Gaza e del Sudan, spesso le più penalizzate nelle aree di conflitto, e si stava svolgendo in forma pacifica. «La nostra collega Lubna Darwish, direttrice del programma per i diritti delle donne presso l'Iniziativa egiziana per i diritti umani (Eipr) - ha scritto su X il direttore dell'organizzazione Hossam Baghat - è tra le persone detenute oggi dal presidio femminista di fronte a UN Women in solidarietà con la Palestina e il Sudan. I contatti con Lubna sono stati interrotti e il suo ultimo messaggio era che i detenuti erano a bordo di un microbus della sicurezza». Mada Masr, giornale di opposizione bandito in Egitto ha poi precisato in un altro post che la polizia ha negato di conoscere l'ubicazione degli arrestati mentre il presidente dell'Ordine degli avvocati di Maadi, il quartiere in cui sono avvenuti protesta a arresti, ha riferito della presenza degli arrestati, senza fornire dettagli sul numero o i nomi degli arrestati. «È una retata fra le donne che difendono i diritti umani più note in Egitto e questo ci dimostra quello che accade quando scende in piazza la società civile, anche in difesa di cause che ufficialmente il governo egiziano dice di apprezzare», ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International. 

 

Meloni per astensione su Patto, mani libere a europee
Astensione sul voto per il nuovo Patto di Stabilità. La linea del governo passa in maggioranza e passa ovviamente anche a Strasburgo. «Questioni di politica interna», derubricano al Parlamento europeo la posizione dei partiti italiani. Una posizione a dir poco critica, che ha visto la maggioranza di governo, così come il Pd, astenersi su un accordo rivendicato da Paolo Gentiloni come «un buon compromesso» e approvato dal ministro dell'Economia Giancarlo Giancarlo Giorgetti che finisce nel mirino dell'opposizione. Ma a sei settimane dalle Europee nessuno, tantomeno Giorgia Meloni, ha voluto prendersi il rischio di votare un Patto difficilmente vendibile in campagna elettorale. Mani libere quindi fino a giugno per una campagna elettorale che può richiedere posizionamenti diversi fino agli ultimi giorni. Per questo nella maggioranza ha prevalso la strategia dell'astensione. Una strategia della quale i diretti interessati hanno informato, con cospicuo anticipo, sia il titolare del Mef sia i presidenti dei gruppi Socialisti Ue e del Ppe, dal quale Pd e FI hanno votato in dissenso. All'Eurocamera nessuno è parso sorpreso del voto dei partiti italiani. «Sappiamo che c'erano opinioni diverse, erano state comunicate in riunione e non c'è alcun problema», hanno spiegato fonti di S&d. Meno asettica, forse, è stata la reazione di Manfred Weber. Ma, anche in questo caso, si è scelto di non sollevare alcuna polemica. Del resto il Patto di Stabilità è tradizionalmente una questione tra Stati, più che tra gruppi all'Eurocamera. E, su questo Patto, c'è un timbro franco-tedesco che, fin dall'intesa dello scorso dicembre, ha portato la premier Giorgia Meloni a muoversi con la massima prudenza. Lo stesso Giorgetti, peraltro, aveva sempre parlato di un «compromesso» che l'Italia ha accettato, non certo gradito al 100%, e di fatto aveva annunciato l'astensione dei partiti della maggioranza in audizione in Parlamento lunedì sera. L'astensione non è una sorpresa, dunque, e nemmeno - ci tengono a sottolineare anche nella Lega - una sconfessione dell'azione del ministro. Anzi, i salviniani assicurano che se al Mef non ci fosse stato un leghista il voto sarebbe stato contrario. La scelta dell'astensione è stata peraltro concertata tra gli alleati di governo, come la via più «ordinata», spiega un ministro, per manifestare una freddezza nei confronti delle nuove regole. E vedere magari, come dice in chiaro il capogruppo di Fdi Tommaso Foti, se è possibile "migliorarle" più avanti. Con un'appendice: non si potevano votare un Patto sul quale, nonostante il commissario competente sia Paolo Gentiloni, i Dem si sono astenuti. La stella polare che ha mosso i partiti è stata quindi quella del 9 giugno. E nella maggioranza c'è chi guarda già a cambiare nuovamente le regole della governance economica. Dopo il voto. Quando saranno definiti i nuovi equilibri a Bruxelles che, negli auspici dell'esecutivo, saranno quantomeno un po' più spostati a destra. Ma che il Patto voluto da Parigi e Berlino si faccia più morbido, al momento, è un'utopia. Anche perché la nuova maggioranza, sul fronte economico, rischia di essere più severa con i Paesi ad alto debito. In Ecr i polacchi del Pis e perfino Vox hanno votato a favore. La delegazione olandese non ha votato a favore ma solo perché ritiene le nuove regole troppo lasche. La spaccatura di Ecr sul Patto, inoltre, rischia di irrigidire il clima in un partito che fatica a trovare la convergenza sulla possibilità di mettere in campo lo Spitzenkandidat e sul profilo da candidare. In serata a Strasburgo si è tenuta una riunione che potrebbe risultare decisiva. Mateusz Morawiecki spinge per un suo uomo e vuole tra l'altro Viktor Orban tra i Conservatori. Fdi, che esprime la presidente del partito Giorgia Meloni, non vuole subire alcuna scelta. E sul destino di Orban non vuole alcuna decisione fino a che non si sarà risolto il sudoku dei top jobs europei. 

 

Aborto, volontari anti-scelta in consultori: la norma è legge
È legge la norma che prevede la presenza di associazioni antiabortiste nei consultori ai quali si rivolgono le donne che intendono abortire. Le Regioni potranno avvalersi di queste associazioni "pro life", come di fatto è già accaduto in alcune realtà a guida centrodestra (in Piemonte e nel Lazio, ad esempio) in forza di alcune delibere. Questa possibilità viene ora rafforzata da una legge nazionale approvata dai due rami del Parlamento e pronta per la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. La norma è infatti contenuta del decreto per l'attuazione del Pnrr che l'aula del Senato, dopo il via libera della Camera di pochi giorni fa, ha approvato oggi pomeriggio in via definitiva. E che passa ora al Quirinale per la firma del presidente della Repubblica chiamato a promulgarla per la pubblicazione in Gazzetta che ne sancirà l'entrata in vigore A inserire nel decreto sul Piano di ripresa e resilienza il tema delle norme sull'interruzione volontaria di gravidanza, regolata in Italia dalla legge 194 del 1978, è stato un emendamento del deputato di Fratelli d'Italia Lorenzo Malagola. Approvato in commissione Bilancio alla Camera è finito, nonostante i tentativi di emendamenti soppressivi da parte dell'opposizione, nella legge licenziata da Montecitorio. E da lì nella versione definitiva approvata dall'aula di Palazzo Madama. Secondo l'emendamento le Regioni nell'organizzare i servizi dei consultori previsti dalla legge 194 - a cui le donne si rivolgono per poter ottenere il certificato medico con il quale accedere all'interruzione volontaria di gravidanza in ospedale - possono "avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità".

 

Schlein: "Liste senza Cencelli, serve unità contro la destra"
«Noi abbiamo approvato in Direzione delle liste meravigliose perché sono aperte a personalità della società civile e nel contempo tengono insieme le migliori energie del partito. È la prima volta che si fanno le liste con un metodo nuovo che archivia il manuale Cencelli. E per tenere il partito unito le abbiamo fatte insieme alla minoranza». Così a Repubblica la segretaria del Pd Elly Schlein. «Ho ascoltato il dibattito sulla mia candidatura - dice ancora - ho ascoltato quello sulla proposta del simbolo. E mi è sembrato che il modo migliore per rafforzare questa squadra e spingere il partito più in alto fosse quello di correre anche io, mentre l'altra proposta mi è parsa divisiva e l'ho accantonata. Prodi? Lo ascolto sempre. Ciò non vuol dire che io debba essere sempre d'accordo con lui». In Basilicata non sarebbe stato meglio allargare a Calenda? «Il Pd non ha mai messo veti. Il punto è che non possiamo essere soltanto noi a sentire la responsabilità di costruire questa alternativa. E a chi, come Renzi o Calenda, oggi ci attacca vorrei dire: lo so che è faticoso costruire un'alternativa alla destra, ma non è che la soluzione è andare direttamente con la destra». «Ai 5 Stelle vorrei far notare che il loro risultato dimostra che il problema per il loro elettorato non è la presenza di altri nella coalizione. A tutti chiedo di smetterla con i veti incrociati perché continuo a pensare che uniti si possa vincere». «Già adesso questa destra è estremamente dannosa - dice ancora Schlein - Il governo taglia la sanità. È dannosa per quei 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri a cui non dà il salario minimo». La vicenda Scurati «è gravissima. La Rai così non è più un servizio pubblico ma si trasforma in un megafono del governo. Hanno già cominciato la campagna ungherese». Sul Patto di Stabilità «abbiamo deciso di astenerci perché riteniamo che il testo negoziato dal governo sia fortemente peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della commissione e di Gentiloni».

 

 

In Usa approvata la legge che potrebbe vietare Tik Tok 
Il Senato degli Stati Uniti ha approvato una legge che potrebbe vietare l'utilizzo di Tik Tok. La misura, infatti, concede sei mesi all'azienda cinese ByteDance per vendere la piattaforma che, altrimenti, sara' bandita. La misura e' contenuta nel pacchetto di aiuti esteri da 95 miliardi di dollari, inclusa l'assistenza militare a Ucraina, Israele e Taiwan, che ora ha approvato il Congresso e si dirige sulla scrivania del presidente Joe Biden. L'app che conta 170 milioni di utenti negli Usa, desta l'allarme degli Stati Uniti e altri funzionari occidentali sostenendo che consente a Pechino di raccogliere dati e spiare gli utenti. TikTok è da anni nel mirino delle autorità americane, secondo le quali la piattaforma permette a Pechino di curiosare sugli utenti negli Stati Uniti. Ma un divieto potrebbe innescare azioni legali. Il disegno di legge approvato dal Congresso conferisce al presidente degli Stati Uniti l'autorità di designare altre applicazioni come una minaccia alla sicurezza nazionale se controllate da un paese ritenuto ostile. Elon Musk, il miliardario proprietario di X, ex Twitter, venerdì si è espresso contro il divieto di TikTok, affermando che "farlo sarebbe contrario alla libertà di parola e di espressione".

 

 

Amnesty: "Siamo tornati indietro di 80 anni con i diritti umani"
«Il disprezzo dell'ordine mondiale e del diritto internazionale ci riportano indietro di 80 anni. Il 2023 è stato un anno terribile per i diritti umani». Lo ha detto Alba Bonetti, presidente di Amnesty International Italia, presentando a Roma, alla sede della Stampa estera a Palazzo Grazioli, il report annuale che fotografa la situazione dei diritti umani in 155 Stati al 31 dicembre 2023. All'evento erano presenti anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, Anneliese Baldaccini, direttrice dell'Ufficio Lobby e Policy di Amnesty International Italia, e Ilaria Masinara, direttrice delle campagne. Nel report si mettono in evidenza alcune delle situazioni più critiche nel panorama internazionale, a partire dal contesto mediorientale dove, dichiara Bonetti, a seguito dei «terribili attacchi di Hamas e altri gruppi armati il 7 ottobre, le autorità israeliane hanno risposto con incessanti attacchi aerei su aree civili popolate» arrivando a sfollare «con la forza quasi 1,9 milioni di palestinesi nel 2023 e limitando illegalmente l'accesso agli aiuti umanitari». Nel mirino anche gli Stati Uniti, che «hanno usato sfacciatamente il loro potere di veto paralizzando per mesi il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su una risoluzione indispensabile per il cessate il fuoco" mentre «continuano ad armare Israele». Responsabili anche Paesi europei «come il Regno Unito e la Germania" che hanno "adottato doppi standard protestando contro i crimini di guerra commessi da Russia e Hamas» ma hanno sostenuto «le azioni delle autorità israeliane e statunitensi in questo conflitto». La Russia, nelle parole di Amnesty, ha «palesemente infranto le regole della guerra» effettuando «attacchi indiscriminati su aree civili densamente popolate, nonché su infrastrutture per l'esportazione di energia e grano». Amnesty International chiede «misure urgenti per rinnovare le istituzioni internazionali a tutela dei diritti umani» e sostiene che il Consiglio di sicurezza dell'Onu vada «riformato in modo che i membri permanenti non possano usare strumentalmente il loro potere di veto».